lunedì 27 dicembre 2010

Il Messaggio del Natale nel pensiero di Toniolo

Per Giuseppe Toniolo non c'e' civilta' senza Cristo, senza Cristianesimo, senza Chiesa.
Il Natale riafferma questa verita'
L’"Emmanuele", Dio-con-noi, è venuto come Re di giustizia e di pace. Il suo Regno – lo sappiamo – non è di questo mondo, eppure è più importante di tutti i regni di questo mondo. E’ come il lievito dell’umanità: se mancasse, verrebbe meno la forza che manda avanti il vero sviluppo: la spinta a collaborare per il bene comune, al servizio disinteressato del prossimo, alla lotta pacifica per la giustizia(Papa Benedetto XVI.o nel discorso Urbi et Orbi di Natale 2010)
Il pensiero di Toniolo e' eminentemente in linea con il mistero del Natale e con il suo annuncio
 di Pace agli uomini di Buona volonta'.

martedì 30 novembre 2010

Il bene comune

AM


Bacau 30 sant'Andrea.
Il Protettore della Romania, Sant'Andrea, ci ricorda con certezza l'importanza di aver cura degli altri. Appena scoperto Gesu' come il Messia, non tace, ma corre dal fratello per renderlo partecipe della scoperta e della scelta. Ha cercato il bene comune.


Toniolo ci insegna i termini concreti della realizzazione e del concetto di bene comune.
La Chiesa nel Concilio Vaticano II ce l'ha indicato come in quella relata' di vita che rende possibile a tutti ed a ciascuno di raggiungere la propria perfezione.
E' bello vedere il rflesso del pensiero di fede di Toniolo nelle parole della Chiesa e oggi in quelle di un Vescovo che parla anche ai politici Mons. Forte.


"In primo luogo, l’impegno per l’etica pubblica e la morale sociale deve essere indissociabile dall’impegno etico sul piano personale: va rifiutata la logica della maschera, che coniughi “vizi privati e pubbliche virtù”. Questo comporta il riconoscimento del primato della coscienza nell’agire politico e il diritto di ciascun rappresentante del popolo all’obiezione di coscienza su questioni eticamente rilevanti, ma vuol dire anche che la credibilità del politico andrà misurata sulla sobrietà del suo stile di vita, sulla generosità e costanza nell’impegno, sulla fedeltà effettiva ai valori proclamati (ad esempio a proposito dell’istituto familiare).
In secondo luogo, nel rapporto con i cittadini il politico dovrà seguire la massima formulata così da don Lorenzo Milani e dai ragazzi della sua scuola di Barbiana: “Appartenere alla massa e possedere la parola”. Il politico dovrà essere vicino alla gente, ascoltarne i problemi, farsi voce delle istanze di giustizia di chi non ha voce e sostenerle. I politici non siano al servizio del padrone di turno, ma del popolo. Nell’impegno in vista del “bene comune” i poveri, i senza parola, i socialmente deboli siano considerati come riferimenti cui è dovuto ascolto e rispetto: lo “stato sociale”, l’istruzione e la tutela della salute per tutti, non sono una conquista opinabile, ma valori irrinunciabili, da tutelare e migliorare liberandoli da sprechi e assistenzialismi che non servono ai poveri.
 In terzo luogo, la dialettica politica andrà sempre subordinata alla ricerca delle convergenze possibili per lavorare insieme al servizio del “bene comune”: corresponsabilità, dialogo e partecipazione vanno anteposti a contrapposizioni preconcette o a logiche ispirate a interessi personali o di gruppo. Il “bene comune” va sempre preferito al proprio guadagno o a quello della propria parte politica.
 In quarto luogo, nel servizio al “bene comune” occorrerà saper accettare la gradualità necessaria al conseguimento delle mete: la logica populista del “tutto e subito” ha spesso motivato promesse non mantenute, quando non la violenza e l’insuccesso di cause anche giuste. Occorre puntare al fine con perseveranza e rigore, senza cedere a compromessi morali e ritardi ingiustificati e senza mai ricorrere a mezzi iniqui."( cfr. Zenit 29 novembre)
Nel concetto che Toniolo riserva a "Democrazia", il bene comune ha una considerazione notevole, come appare nel lavoretto che ho inserito in questo Blog.(vedi: " Per una democrazia diretta").

mercoledì 17 novembre 2010

Toniolo Giuseppe Venerabile

Una grande figura di Italiano aperto alla mondialita'.
TONIOLO GIUSEPPE (Treviso 1845- Pisa 1918).

Perche' proprio GIUSEPPE TONIOLO?...

Sono i tempi moderni che ci richiedono un ripensamento, uno slancio verso il meglio della politica e dell'impegno sociale.
Questa grande figura di Uomo, di Scienziato, di Cattolico e di Santo ci puo' aiutare.

martedì 12 ottobre 2010

TONIOLO...perche'?

Perche' conoscere Giuseppe Toniolo oggi?...


A conferma della profondita’ del messaggio del Venerabile Giuseppe Toniolo si continua ad affermare in questo tempo da parte del Magistero della Chiesa cio’ che costituiva il cuore dell’idea di Giuseppe Toniolo:
Dio, Cristo Gesu’, la sua Chiesa, l’etica a fondamento dell’ordine sociale organizzato dall’uomo.

Alcune testimonianze.

Nel discorso che il Santo Padre ha tenuto il 17 settembre alla Westminster Hall, ha detto: «Se i principi morali che sostengono il processo democratico non si fondano, a loro volta, su nient'altro di più solido che sul consenso sociale, allora la fragilità del processo si mostra in tutta la sua evidenza. Qui si trova la reale sfida per la democrazia». E poco oltre: «La questione centrale in gioco, dunque, è la seguente: dove può essere trovato il fondamento etico per le scelte politiche».
In queste parole del S. Padre che ho sopra citato, c’e’ l’invito a convincerci che un ordinamento giuridico che si sradichi completamente dall'ordinamento etico non può non divenire mero esercizio di potere [quod principi placuit legis vigorem habet] ed offrire il fianco all'ingiustizia mascherata di legalità. Ed ugualmente, l'esclusione di ogni riferimento a Dio pone l'uomo nella condizione di chi soffre il mal di mare anche in terra ferma. L'adorazione di Dio ...è il principale scudo della dignità dell'uomo... è il rapporto con Dio la chiave di volta di tutto l'arco dell'esistenza; e quando questo rapporto viene negato o comunque ignorato, è l'intera esistenza umana a disgregarsi...
La riflessione che la teologia cristiana dai Padri in poi ha compiuto sulle Dieci Parole, ha compreso sempre più profondamente che esse esprimevano una verità circa il bene della persona, che anche la ragione poteva conoscere. Esprimevano esigenze inscritte nella natura della persona umana.
Da questa comprensione, la modernità concluse alla fine che queste esigenze non avevano bisogno per giustificarsi di nessun riferimento e fondamento trascendente. Esse valgono "anche se Dio non ci fosse".
Questa espulsione della giustificazione teologica ha avuto come oggetto una vera e propria devastazione nella comprensione etica dell'uomo. Si è spezzata la connessione fra l'originaria rivelazione che Dio fa di se stesso e l'inclinazione naturale a fare il bene ed evitare il male.

BOLOGNA, sabato, 9 ottobre 2010 (ZENIT.org).
- Conferenza dal titolo “Le dieci parole dell’alleanza” tenuta il 7 ottobre dal Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, presso la “Sala della Comunità” della Parrocchia S. Maria della Misericordia a Bologna)
......
In una meditazione rivolta ai Padri Sinodali per il Sinodo della Chiesa di Oriente, Benedetto XVI ha paragonato, lunedì 11 ottobre 2010, la spaventosa lotta della “donna vestita di sole” contro l'enorme drago rosso come il fuoco narrata dall'Apocalisse alla lotta che i credenti combattono oggi contro le ideologie e i poteri, inclusi i “capitali anonimi che schiavizzano l'uomo”.
Il Papa Benedetto XVI ha detto:
“Vacillano le fondamenta esteriori perché vacillano le fondamenta interiori, le fondamenta morali e religiose, la fede dalla quale segue il retto modo di vivere. E sappiamo che la fede è il fondamento, e, in definitiva, le fondamenta della terra non possono vacillare se rimane ferma la fede, la vera saggezza”.

CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 11 ottobre 2010 (ZENIT.org).

lunedì 9 agosto 2010

Foto-documenti in riferimento alla vita di Giuseppe Toniolo

Oggi.
I luoghi di Toniolo:
Treviso, Palazzo dei Trecento e della Signoria.
La chiesa di S. Andrea e il battistero.
Rivale S. Andrea
La casa di Toniolo.
Il paese di Pieve di Soligo. Paese della moglie.
La sua tomba nella chiesa arcipretale di Pieve di Soligo.


Treviso, Palazzo dei Trecento e della Signoria

Rivale S. Andrea



Il battistero ove ricevette il battesimo.




La casa di Toniolo a Treviso.



Il paese di Pieve di Soligo. Paese della moglie.






La sua tomba nella chiesa arcipretale di Pieve di Soligo.



( da F.Vistalli, GIUSEPPE TONIOLO, ed.Comitato G.T.,Roma, 1954)


La casa natale e la citta' di origine.
1- Treviso-Rivale S. Andrea. Casa natale.
2- Venezia. Collegio S. Caterina, ove ebbe i suoi primi anni di scuola (interno).
3-Pieve di Soligo (TV). Casa abitata da G. Toniolo.
4- Pisa. Casa abitata con la sua famiglia.
5- Pisa. Lo studio di G. Toniolo.




Il prof. Giuseppe Toniolo e la sig.ra Maria Schiratti. Anno 1878.




Il loro matrimonio fu celebrato con vero spirito cristiano. Benedetti dal sacerdote Sebastiano de Zorzi, Arciprete di Pieve di Soligo, i due sposi novelli accorsero a Roma per ricevere su di loro la benedizione apostolica di Papa Leone XIII, inaugurando una vita coniugale ricca e felice.

Il Papa Leone XIII

Giuseppe Toniolo ebbe da parte di Leone XIII affetto e fiducia. Toniolo partecipo' in pieno alle aspirazioni apostoliche del Pontefice dalle grandi direttive scientifiche e sociali, cercando le linee di armonia tra scienza e fede, il conseguimento della giustizia sociale nel mondo e l'intesa fraterna tra le classi ed i popoli.





Toniolo padre dell'Universita' Cattolica.
Da L'Avvenire, 26 novembre 2010
(Scrive Maria Bocci):


Nell’agosto del ’18 l’editrice Vita e Pensiero e la Società italiana per gli studi filosofici e psicologici, attraverso Gemelli e Armida Barelli, presentavano a Toniolo, già molto malato, un progetto per la costituzione di un istituto superiore.

L’incontro, ricordato dai protagonisti come un momento intenso ed illuminante in cui Toniolo aveva passato il testimone al futuro rettore della Cattolica, era avvenuto a Varallo Sesia, dove il maestro pisano era ospitato da un industriale tessile, il conte Ernesto Lombardo. Toniolo, che da tempo seguiva il percorso scientifico di Gemelli, lo aveva appunto sollecitato a realizzare un’istituzione cattolica che servisse a promuovere il progresso degli studi. Come Gemelli, Toniolo era convinto che la libertà d’insegnamento dovesse servire non solo a garantire il diritto delle famiglie cristiane ad impartire ai figli un’educazione non contraddittoria con la fede, ma anche e soprattutto a un confronto fecondo tra mondo cattolico e cultura moderna.

La mancanza di vera libertà nell’insegnamento superiore – una mancanza che, sino ad allora, aveva intriso la formazione universitaria di razionalismo e di materialismo – aveva inaridito l’educazione nazionale. Al tempo stesso aveva contribuito ad indebolire l’efficacia della proposta educativa cattolica ed aveva rallentato la formazione scientifica nelle file del cattolicesimo italiano. Subito dopo il conflitto veniva dunque creato, su proposta di Filippo Meda, l’Istituto Giuseppe Toniolo di studi superiori, quale «organismo intermedio» che preparasse l’avvento dell’Università Cattolica, onde evitare di «suscitare i sospetti e le opposizioni dei nemici della Religione».

Come è noto, la via ipotizzata da Meda si rivelava vincente. Il 6 febbraio 1920, con atto pubblico redatto dal notaio Carlo Nogara, era fondato l’Istituto Toniolo ed era inoltrata al Ministero della Pubblica Istruzione la domanda perché fosse eretto in ente morale. La domanda era accolta dal regio decreto del 24 giugno successivo, controfirmato da Benedetto Croce, ministro della Pubblica Istruzione nell’ultimo governo Giolitti. Tra gli scopi del Toniolo, come si legge nello statuto, vi era quello di «fondare corsi di insegnamento superiore per addestrare i giovani nelle discipline filosofiche, giuridiche e sociali». Il cardinale Ferrari, in una lettera a Gemelli, annotava che l’organismo veniva creato per promuovere l’Università Cattolica.

giovedì 15 luglio 2010

Toniolo avrebbe qualcosa da dire oggi

Il Card. Bagnasco: serve una nuova generazione di politici cattolici
In Italia esiste “un problema di coerenza personale”
ROMA, mercoledì, 14 luglio 2010 (ZENIT.org).



- Per uscire dalla situazione di crisi culturale che attanaglia l'Italia occorre un rinnovato senso di responsabilità e una nuova generazione di politici cattolici. Ad affermarlo è il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), il Cardinale Angelo Bagnasco.

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Ecco alcuni punti salienti del pensiero del porporato che ci aiutano a capire l`urgenza di risvegliare gli insegnamenti di un grande sociologo quale fu il venerabile Giuseppe Toniolo.


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OCCORRE

'una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni'”.

CREDO

“Credo – ha evidenziato – che sempre più siano necessari fedeli laici capaci di imparare a vivere il mistero di Dio, esercitandosi ai beni fondamentali della libertà, della verità, della coscienza. Cresce l'urgenza di uomini e donne capaci, con l'aiuto dello Spirito, di incarnare questi ideali e di tradurli nella storia non cercando la via meno costosa della convenienza di parte comunque argomentata, ma la via più vera, che dispiega meglio il progetto di Dio sull'umanità, e perciò capaci di suscitare nel tempo l'ammirazione degli altri, anche di chi è mosso da logiche diverse'”.



“Credo che il criterio dell'equità economica sia quello da seguire – ha poi suggerito –, dovendo ciascuno dare in rapporto alle proprie capacità. Sta poi a chi ha la responsabilità politica affrontare in concreto la situazione, declinando l'equità economica dentro a una cornice di libertà politica e di coesione sociale. Solo così i tre valori in gioco - la libertà politica, la giustizia economica, la coesione sociale - si salvaguardano insieme”.

COOPERAZIONE

“Proprio riandando indietro nel tempo, si scopre che quando a prevalere sono state logiche di campanile e ci si è contrapposti in nome del proprio 'particolare' si è registrata una battuta d'arresto”.
“Al contrario, quando si è innescato il meccanismo virtuoso della cooperazione, allora le forze culturali, sociali, economiche e spirituali, si sono sommate e non annullate. Penso che la crisi in atto debba dunque spingere l'Italia a ritrovare se stessa”.


PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA'

“Un'intuizione ben presente nella dottrina sociale della Chiesa, che sin dai tempi di Pio XI chiama in causa il principio di sussidiarietà - poi introdotto a Maastricht - per sottolineare che quel che può essere fatto dalle realtà intermedie non deve essere avocato a sé dall'istanza centrale”.
“Infatti più si è vicini alla realtà, più la si può accompagnare con efficienza e oculatezza – ha aggiunto –. Ciò posto, il principio suddetto va coniugato con quello di solidarietà per evitare che chi sta indietro resti ancora più arretrato”.
“Certamente è la speranza cristiana che fa da sfondo, e ancor prima da movente, a questa rinnovata stagione di impegno dei cattolici italiani dentro la società di oggi”.
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Ed ecco l`articolo intero comparso su Zenit.org 14 luglio 2010



In una intervista a “L'Osservatore Romano” il porporato è tornato su quanto già auspicato da Benedetto XVI nel 2008 durante il suo viaggio a Cagliari e poi ribadito dal suo Segretario di Stato, il Cardinale Tarcisio Bertone.
“L'affezione per la cosa pubblica – ha fatto notare il porporato – sta scemando e sempre più rarefatto è il consenso intorno al bene comune, privilegiando ciascuno beni di piccolo cabotaggio e senza prospettiva alcuna”.
“Per questa ragione anch'io ho fatto riferimento a un 'sogno' per evocare una direzione di marcia verso cui camminare”, ha aggiunto richiamando un messaggio lanciato in occasione della prolusione per il Consiglio episcopale permanente del gennaio scorso.
“Nella prolusione – ha continuato – mi riferivo appunto a 'una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni'”.
“Penso che attorno a questo tema nevralgico della nostra società, che chiama in causa la testimonianza della Chiesa, occorra il concorso attivo di tutti”, ha quindi sottolineato aggiungendo che “come Vescovi italiani ci impegneremo a una specifica riflessione in merito”.
Rispondendo poi alla domanda se esista sui temi etici in Italia un problema di rappresentanza politica delle posizioni cattoliche, il Presidente della CEI ha commentato che “più che un problema di rappresentanza politica esiste un problema di coerenza personale”.
“Credo – ha evidenziato – che sempre più siano necessari fedeli laici capaci di imparare a vivere il mistero di Dio, esercitandosi ai beni fondamentali della libertà, della verità, della coscienza. Cresce l'urgenza di uomini e donne capaci, con l'aiuto dello Spirito, di incarnare questi ideali e di tradurli nella storia non cercando la via meno costosa della convenienza di parte comunque argomentata, ma la via più vera, che dispiega meglio il progetto di Dio sull'umanità, e perciò capaci di suscitare nel tempo l'ammirazione degli altri, anche di chi è mosso da logiche diverse'”.
In merito, invece, alla crisi economica il Presidente della CEI ha detto che “c'è ancora molta disoccupazione” e di non riuscire a scorgere “concreti e sicuri segnali di inversione di tendenza, anche in grandi realtà industriali della mia Genova. Serpeggiano tra la gente preoccupazioni serie e pungenti”.
“Non mi riferisco ovviamente a un discorso di macroeconomia per il quale non ho le competenze – ha precisato –. Semplicemente constato che se gli strateghi possono rassicurare sul medio periodo, ritenendo che la strada giusta sia stata imboccata, come Vescovo vedo molta gente senza lavoro e sono turbato da tanta sofferenza e insicurezza su come arrivare alla fine del mese”.
“Un certo assestamento c'è stato perché le famiglie si sono adattate, utilizzando meglio le risorse ed evitando gli sprechi. Però c'è una fascia che aveva ben poco da risparmiare e che obiettivamente è in affanno.”
“Credo che il criterio dell'equità economica sia quello da seguire – ha poi suggerito –, dovendo ciascuno dare in rapporto alle proprie capacità. Sta poi a chi ha la responsabilità politica affrontare in concreto la situazione, declinando l'equità economica dentro a una cornice di libertà politica e di coesione sociale. Solo così i tre valori in gioco - la libertà politica, la giustizia economica, la coesione sociale - si salvaguardano insieme”.
Affrontando poi la questione dello smarrimento del senso di coesione nazionale, il Cardinale Bagnasco ha osservato che “proprio riandando indietro nel tempo, si scopre che quando a prevalere sono state logiche di campanile e ci si è contrapposti in nome del proprio 'particolare' si è registrata una battuta d'arresto”.
“Al contrario – ha osservato –, quando si è innescato il meccanismo virtuoso della cooperazione, allora le forze culturali, sociali, economiche e spirituali, si sono sommate e non annullate. Penso che la crisi in atto debba dunque spingere l'Italia a ritrovare se stessa”.

Per questo ha espresso apprezzamento per lo sforzo di quanti, come il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “invitano continuamente a ritrovare la coesione e la convergenza, al di là delle legittime differenze”.
Nel corso dell'intervista, il porporato ha quindi toccato anche il tema del federalismo, affermando che non si tratta di “una ricetta magica” quanto di “un'intuizione ben presente nella dottrina sociale della Chiesa, che sin dai tempi di Pio XI chiama in causa il principio di sussidiarietà - poi introdotto a Maastricht - per sottolineare che quel che può essere fatto dalle realtà intermedie non deve essere avocato a sé dall'istanza centrale”.
“Infatti più si è vicini alla realtà, più la si può accompagnare con efficienza e oculatezza – ha aggiunto –. Ciò posto, il principio suddetto va coniugato con quello di solidarietà per evitare che chi sta indietro resti ancora più arretrato”.
Con uno sguardo, infine, alla Settimana sociale dei cattolici italiani che si terrà dal 14 al 17 ottobre a Reggio Calabria, il Cardinale ha parlato di “una serie di questioni non più rinviabili”, come “creare impresa, educare, includere nuove presenze nel nostro Paese, introdurre i giovani nel mondo del lavoro e della ricerca, compiere la transizione istituzionale”, che oggi definiscono in modo puntuale il volto del bene comune, che solo garantisce la tenuta unitaria dell'Italia e la ripresa economica”.
“Certamente è la speranza cristiana che fa da sfondo, e ancor prima da movente, a questa rinnovata stagione di impegno dei cattolici italiani dentro la società di oggi”, ha quindi concluso.

domenica 27 giugno 2010

Democrazia oggi e Toniolo

Forse la crisi attuale in seno allo stato e alla società è dovuta al fatto di aver voluto attuare una democrazia fatua: una pseudodemocrazia massificante in senso liberale (atomismo e predominio di consorterie partitiche), o massificante in senso socialista (lo stato anteriore alla società ridotta ad una massa spersonalizzata: a un collettivo). Ma la crisi attuale forse è dovuta anche al fatto che la democrazia si è fatta meno autentica e più viziata, perché troppo politica, poco sociale, ancor meno civile e per nulla cristiana.
Un motivo di piu' per approfondire il concetto di democrazia di un sociologo cristiano quale Giuseppe Toniolo servo di Dio.

giovedì 10 giugno 2010

I giovani e Toniolo

Nulla meglio dell'amore ai giovani nobilita le fatiche educative. Toniolo amava i giovani da buon salesiano cooperatore . Le sue lettere indirizzate ai giovani sono una miniera ancor oggi. Una miniera di spirtualita' e una ricchezza per la direzione spirtuale di tanti giovani. Chissa' se qualcuno non le voglia rendere pubbliche stampandone stralci in un volume di spiritualita'giovanile...

domenica 9 maggio 2010

Toniolo Giuseppe. Il Pensiero e la Vita.



"Entro' nella vita senza chiasso e ne usci' in punta di piedi...,lasciando su ogni tavolo un tesoro ed in ogni cuore una speranza". (G.Baronci)





Per una democrazia diretta

L'ideale evangelico-sociale di Giuseppe Toniolo.
Sergio Dall'Antonia SDB

Riflessioni e studi su una figura di un Laico primo vero iniziatore della professione di esperto in Sociologia come italiano e cattolico credente, punto di partenza per le Settimane sociali e del Movimento dei Cattolici come Laici democratici, impegnati nella costruzione di un sano mondo politico, ricco di valori cristiani e quindi di frutti duraturi per la societa'.

INDICE

Introduzione- Premessa
Capitolo Primo1. La vita:
La giovinezza
Nel mondo del lavoro e del sapere
L'impegno politico
L'uomo d'azione cattolica sociale
L'addio
2. L'occasione alla dottrina di Toniolo: Socialismo e liberalismo
La scoperta di valori
Capitolo Secondo
L'ideale evangelico sociale di G. Toniolo La democrazia frutto del cristianesimo
1. Il concetto di democrazia:Definizioni
Evangelicità
2. La democrazia nella società:Nell'economia
Tra le classi e lo stato
La democrazia politica
Capitolo TerzoLa democrazia politica come sociocrazia
1. Sociocrazia
2. Classi
3. Corporazioni . . . .
4. Sintesi

Conclusione
1. La società di civiltà .
2. La democrazia di Toniolo



Premessa
Giuseppe Toniolo e' il primo grande sociologo italiano. A lui, fervente cattolico, si devono molti concetti della Rerum Novarum di Leone XIII. Il suo pensiero sta alla base dell' idea di democrazia assunto da De Gasperi e Don Sturzo. Un laico, sposo modello, eccellente padre di famiglia, cattolico e vero uomo di fede. Si dimostro’ valente educatore e amico dei giovani che diresse con cura nella vita politica e nell' impegno sociale tra la fine del secolo XIX e l' inizio del secolo XX. Figura intramontabile per il suo pensiero e per la santita' della sua vita.
Consapevole di non poter fare molte pratiche di pieta', volle iscriversi ai Cooperatori salesiani.
Le cose andarono cosi'....
"Egli aveva infatti desiderato di entrare nel terz'Ordine carmelitano, ma, avendo provato per un mese a recitare l'ufficio della Madonna, come sarebbe prescritto, non vi riuscì mai per la ristrettezza del suo tempo, ed allora desistette dal proposito, consolandosene al pensiero di essere invece cooperatore Salesiano; «ciò abbraccia» diceva, «tutti i terz'Ordini e tutte le indulgenze».
Era entusiasta dei Salesiani, e si capisce. Un giorno s'era imbattuto con Don Bosco all’Arcivescovado di Pisa e il sostenitore dei diritti degli umili e l'educatore dei figli del popolo s'erano subito intesi. Non si può pensare senza fremere di commozione all’incontro di questi due uomini di Dio, chiamati per vie diverse a farlo regnare nella società, di questi due geni divinatori dei bisogni moderni e dei nuovi sentieri dell'apostolato, di questi due italiani, che, lavorando per Gesù Cristo e per il suo trionfo, procurarono il bene d'Italia più di tanti uomini politici. All'udire che insegnava economia politica, Don Bosco gli aveva detto celiando: «Bravo, bravo, venga qui e m'insegni un po' d'economia, ne ho tanto bisogno!». L'animo di Toniolo era in festa per quell’incontro, ed egli incitò il sant'Uomo a mandare i Salesiani a Pisa.
«Ora», rispose Don Bosco, «ho la Patagonia, che mi chiede aiuti speciali e missionari».
«Creda», insistette Toniolo, «che Pisa è proprio una vera Patagonia».
Don Bosco poco dopo mandava i Salesiani a Pisa. Toniolo esultante si iscrisse subito tra i cooperatori, e aperse la sua casa ai primi visitatori, tra i quali un giorno poté ospitare anche il santo successore di Don Bosco: Don Rua."(Elena Da Persico, La vita di Giuseppe Toniolo, p. 54).
Dopo il Sinodo sull'Africa un Vescovo africano disse cosi':
“Le nostre culture sono veramente dotate di grandi valori come la pace, la giustizia e la solidarietà, che rischiamo di perdere a causa della globalizzazione. Allora che cosa si può fare? Innanzitutto occorre mettersi alla scuola del Vangelo, affinché il Vangelo possa illuminare ancora le nostre culture, così che noi possiamo trarne tutto ciò che c'è di buono ed effettivamente mettere tutto ciò che c'è di buono nelle nostre culture al servizio della comunità, e direi anche al servizio della Chiesa”.
Questa testimonianza di un Vescovo dell’Africa ci ricorda il messaggio solidamente affermato dal Servo di Dio Giuseppe Toniolo sociologo italiano del secolo XIX e cooperatore salesiano.
La sua dottrina e la sua figura vanno finalmente poste in rilievo nel nostro tempo. E’ giunto il momento di conoscere a fondo il suo insegnamento per trarne motivi di approfondimento nella lotta contro il secolarismo il relativismo, la globalizzazione insensata e il consumismo ateo, realtà che distruggono la famiglia, i valori cristiani e la società umana intera.


Ripensare a un 'motivo' del passato può essere interpretato come romanticismo; può essere tuttavia un atto di prudenza: come di chi prende slancio, e quindi arretra, per procedere più lesto, più spedito e sicuro in avanti. È bene fermarsi a riflettere talora, per poter poi ricominciare con certezza e fiducia un cammino che si è fatto difficoltoso.
È un ripensamento, un vero passo all'indietro, quello di rivedere da quali ideali è nata la democrazia che forma la gloria dell'impegno politico di questo secolo; ma un passo all'indietro che va fatto.
Se oggi la democrazia è malata, gli entusiasmi democratici del passato possono aiutarci a superare con originalità tutta nostra il momento difficile attuale.
Si vuole una democrazia più umana, più salutare, che non sia appannaggio di pochi o simbolo, vuoto di contenuto, falsamente sbandierato da alcuni. È utile perciò riandare lì donde la democrazia contemporanea prende la sua fonte ideale e programmatica migliore: al pensiero cristiano di Giuseppe Toniolo. Questo laico cattolico ci ha insegnato che il Vangelo, vissuto autenticamente, promuove la verace democrazia che non conosce tramonto.(*D.S.)



CAPITOLO PRIMO


GIUSEPPE TONIOLO

«Entrò nella vita senza chiasso e ne uscì in punta di piedi..., lasciando su ogni tavolo un tesoro e in ogni cuore
una speranza». (G. Baronci)


La vita:
1. La giovinezza.
2. Nel mondo del lavoro e del sapere.
3. L'impegno politico.
4. L'uomo d'azione cattolica sociale.
5. L'addio.

L'occasione alla dottrina di Toniolo.
1. Socialismo e liberalismo.
2. La scoperta di valori.


1. La giovinezza

Il 7 marzo1845 in Rivale S. Andrea nasceva a Treviso uno dei massimi maestri del pensiero sociale cattolico: G. Tomolo. Il parroco, don Giovanni Molini, battezzava il piccolo Giuseppe nella chiesa parrocchiale di S. Andrea il 16 marzo. La signora Isabella della famiglia Alessandri di Venezia gli fu madre ed il signor Toniolo ingegner Antonio, originario di Schio in provincia di Vicenza, il padre.
La mamma influì sul figlio nella pratica religiosa; il padre, fervente di schietta italianità, gli diede, con l'amore della patria, il senso del dovere e l'affezione al lavoro indefesso e sacrificato.
Giuseppe era il primo di quattro figli di quella famiglia della media borghesia veneta dai solidi principi religiosi. Le condizioni finanziarie non buone, il continuo andar randagio del padre per motivi di lavoro ed il necessario traslocarsi dei famigliari, indussero i genitori a mettere il piccolo nel collegio Santa Caterina - poi Foscarini - di Venezia. Era l'ottobre 1854.
Dopo una preoccupante crisi di salute, il fisico gracile di Giuseppe si adattò a quell'istituto ove «tutte le premure erano riservate alla assistenza morale e religiosa e all'istruzione, ma quanto al resto non si andava tanto per il sottile» (1).
Lo spirito e la mentalità di quell'ambiente animò il Toniolo ad una sintesi e ad un equilibrio che lo caratterizzò sempre: lo sforzo di riannodare la scienza alla vita e quindi la religione alla vita.

2. Nel mondo del lavoro e del sapere

Toniolo raggiunse la laurea in diritto civile e canonico il 21 giugno 1867. Avviatosi alla professione presso un legale, fu invitato dal prof. Luigi Bellavite e dal prof. Angelo Messedaglia (2) a continuare lo studio e ad intraprendere la libera docenza in economia politica. Il padre acconsentì.
Nell'autunno 1867 egli aveva però bisogno di riposo. Fu invitato a Pieve di Soligo dalla famiglia Schiratti (3).
Pieve di Soligo ridente tra i colli del Piave, ai piedi delle colline, attraversata del fiume Soligo, giaceva tra il verde dei prati e dei boschi, piccolo paese. Lì amò ritirarsi più volte Toniolo: ad ogni estate dopo il 1912.
È lì oggi la sua tomba, in marmo rosso, nella romanica chiesa parrocchiale.
Inaspettatamente gli morì il padre, 30 dicembre 1867. La fami­glia gravava ormai sulle sue spalle.
Nella primavera del 1873, incitato da Messedaglia, Lampertico e L. Luzzatti (4) partecipò al concorso per la libera docenza in economia politica. Il 30 agosto fu emanato il decreto regio di nomina «alla privata docenza» nell'Università. Il 23 dicembre 1873 tenne la prolusione al corso di libera docenza sul tema: «Dell'elemento etico quale fattore intrinseco delle leggi economiche». Le sue lezioni furono un successo crescente.
Il 4 settembre 1878 G. Toniolo e Maria Schiratti si univano in matrimonio a Pieve di Soligo.
Da Padova passò ad insegnare all'Università di Modena e poi di Pisa. Il 17 marzo 1882 era infatti promosso professore ordinario in quella università. Ivi insegnò economia sociale fino al 1918 con uno spirito di studioso apostolo.

3. L'impegno politico
Il sentimento patrio assorbito dal padre e dall'ambiente studen­tesco veneziano e il suo impegno scientifico si tradussero in lui in quell'interesse politico che onorò la sua figura di cristiano.
Toniolo attuò il suo dovere civico come frutto della sua fede, del suo studio e del suo amore agli insegnamenti sociali della Chiesa.È in questo contesto che si deve far risalire un duplice impegno di Toniolo: quello di ideologo della democrazia cristiana in Italia e quello di uomo d'azione cattolica. Furono due impegni intrecciati nell'unica realtà personale di un cittadino credente. Due realizzazioni di una cellula vivente nella «città dell'uomo» che è inserita nel piano storico provvidenziale di civiltà; due attività concrete di uno stu¬dioso cristiano personalmente votato all'opera scientifica, che non¬dimeno fecero di lui l'incarnazione dell'uomo «politico».
L'idea «democrazia», già rivendicata dai cattolici al congresso di Malines del 1891 come patrimonio evangelico, creò tra i cattolici fuori d'Italia una sistemazione ideologico - sociale che, denominata nel 1893 «democrazia cristiana», entusiasmò Toniolo. Egli si votò a quell'idea ancor più perché essa gli appariva come una irradiazione delle idee della Rerum Novarum ed una vittoria sul concetto di de¬mocrazia liberale e democrazia socialista.
In Italia sorse una tempesta di polemiche. Toniolo lavorava a togliere equivoci. Vi era necessità di una chiarificazione; e questa venne, prima attraverso una conferenza tenuta a Roma da Toniolo; poi attraverso la pubblicazione della stessa conferenza nella Rivista internazionale di scienze sociali del 1897 (5). La polemica si faceva aspra.
A chi era ostile al nome, Toniolo rispondeva che democrazia e cristianesimo sono due fatti distinti, ma che, per il cattolico, la democrazia si esprime storicamente nell'essere vissuta cristianamente: per questo si può dire cristiana. La sua idea non identificava democra¬zia ad un governo, né ad azione cattolica, sia pure sociale cristiana; né ad azione economica o civile, o politica, ma all'ordine sociale ideale di civiltà attuato storicamente secondo i dettami del Vangelo.
Dimostrava che storicamente e idealmente la vera democrazia non fu e non può essere che cristiana, evangelica, anche se oggettivamente il concetto di democrazia come sistemazione ideologico-sociale si distingua dal cristianesimo e dal Vangelo. Era convinto perciò che la sua attuazione è vivere il cristianesimo nella società umana e che la sua sistemazione in ideologia è volgarizzazione di una dottrina evangelica.
Tutto ciò non era dunque una semplice regola del vivere sociale; né una questione dottrinale di economia sociale di secondaria impor¬tanza: le sue applicazioni infatti toccavano tutto l'assetto socialeper ricondurlo ad essere ordine sociale storicamente cristiano: sia pure attraverso una lenta maturazione che sapesse attendere i tempi provvidenziali.
Il termine e la sostanza ideologica di quelli che propugnavano la democrazia cristiana con araldo G. Toniolo si impose. Toniolo e i democratici cristiani tuttavia, data la necessaria astensione politica dei cattolici (6), pur organizzandosi, dovettero limitarsi nell'azione: si accontentarono di una efficace opera extra-parlamentare, di pro¬muovere questa nuova ideologia nel paese, e di educare ed organizzare il popolo per la propria redenzione economica ed il rinnovamento di tutta la vita pubblica moderna. Nell'astensione, - come si disse nel programma democratico cristiano steso a Torino nel 1899 - ci si preparava all'avvento di quella democrazia cristiana internazionale che, in forza dell'attuazione di urgenti progressi sociali, era preconizzata come la gloria del secolo ventesimo.
Nel 1901 usciva l'enciclica «Graves de communi re» che Toniolo accettava di cuore anche per la questione del nome che essa proponeva: «azione popolare cristiana». Dimostrava così di voler estendere il nome di democrazia anche al movimento che la propugnava e di legare tale movimento al Magistero, pur nell'autonomia delle competenze rispettive.
La sensibilità di Toniolo era condivisa da D. Romolo Murri. Ma la identità di pensiero iniziale vide presto una diversità di atteggiamenti e di metodi. Nel 1900 la divergenza apparve, in seno agli stessi democratici cattolici, così accentuata da causare nel movimento democratico una scissione ed infine una diversità di idee. Questo fu evidente nel discorso di D. Romolo Murri a S. Marino il 24 agosto 1902: i democratici sembravano accostarsi al modernismo (7).
Toniolo era amareggiato: la crisi del 1898 e le lente ascensioni dell'idea democratica fino al 1902, periodo che vide persecuzioni civili contro i democratici, diatribe tra i cattolici chiarite dall'encicli¬ca del 1901 e da un discorso del Pontefice ai Cardinali il 24 dicembre 1902 favorevole all'idea democratica dei cattolici si erano risolte in una scissione tra gli stessi democratici. Nel 1903 Toniolo si espresse in nette chiarificazioni. Ma intanto il Murri fondava la Lega democratica nazionale, 1905: era una federazione che si ispirava a quella autonomia temuta da Toniolo come separatismo secolarista. Infatti consisteva in una chiara posizione di indipendenza dalle direttive delPontefice nell'azione politico-sociale. Toniolo al contrario coordinava tale azione politico-sociale ad una guida, pur nell'autonomia di competenze.
In quell'ambiente carico di ostilità ed in cui i fatti e le azioni si giudicavano spesso secondo preconcetti, egli poneva se stesso come conciliatore. Egli stesso aveva perso fiducia presso gli ambienti vaticani per quel suo riformismo sociale che propugnava con tanto fer¬vore. Ma Toniolo continuava, tra conservatori e patrocinatori della causa popolare, a rimanere il difensore dei giovani ingiustamente o almeno troppo severamente accusati. Egli aveva fede nel popolo e fede grande nei giovani. E l'avvenire gli diede ragione.


4. L'uomo d'azione cattolica sociale

L'avvocato G. Battista Paganuzzi, che dirigeva l'Opera dei Con¬gressi, pur annettendo la dovuta importanza alle questioni sociali, non volle assegnar loro quell'autonomia e quell'importanza politica, che esse avevano, indipendentemente dalla questione papale.
Ma questo fatto segnò una svolta nell'intransigentismo cattolico. La sua posizione divenne totalmente insostenibile con il sorgere del movimento sempre più forte dei giovani democratici cattolici, sostenuto da Toniolo. Con la comparsa di questa nuova idea il vecchio intransigentismo si spense e, con lui, l'Opera dei Congressi, 28 luglio 1904. L'Azione cattolica, per volontà del Pontefice Pio X prese un nuo¬vo indirizzo. Interessi strettamente politici erano infatti sostituiti da interessi economici, amministrativi e civili-politici: ci si interessava della nuova realtà sociale e politica attuatasi in Italia, per renderla permeabile alle esigenze di una umanità chiamata ad essere cristiana.
Dopo lo scioglimento dell'Opera dei Congressi era il tempo della ricostruzione della compagine delle forze cattoliche: rieducare, riunire. Il compito era di Toniolo, che aveva riacquistato fiducia presso il Pontefice. Di fronte allo smarrimento generale e alla sfiducia diffusa, Toniolo operò pazientemente: sorse l'Unione dei cattolici, federazione che riannodò le forze cattoliche in Italia e fece da anello di congiunzione tra l'Opera dei Congressi e l'Azione Cattolica Italia¬na recente. Essa fu un fatto compiuto nel 1906. Risultò formata dall'Unione popolare, di cui Toniolo fu il primo presidente; dall'Unione economica; dall'Unione elettorale; e dalla Gioventù Cattolica Italiana.
Le prime iniziative promosse dall'Unione popolare furono quelle per la libertà dell'insegnamento e le settimane sociali: riunioni di studio e di dibattito sociale aperte a tutti i cattolici.
La prima settimana sociale fu tenuta a Pistoia nel 1907. Attirò le ire dei socialisti che giunsero a far prendere a sassate la coppia Toniolo. Ma una pioggia di fiori gettati dal popolo li ricopriva quella sera, mentre rincasavano incolumi.
Nel 1910 la missione di Toniolo nell'Azione Cattolica parve compiuta. Egli si ritirò al suo posto di studioso e animatore degli studi cattolici, lasciando ogni presidenza. Continuò tuttavia ad essere maestro all'azione cristiana per i giovani che lo raggiungevano nel recesso alpestre di Vezza d'Oglio. In quei convegni si faceva promo¬tore tra i giovani di ideali cristiani, distruggendo il pessimismo, trasformandoli in persone rinnovate, pronte all'azione e, ben presto, iniziatori di essa.
Tra quei giovani vi fu Alcide De Gasperi. (8)


5. L'addio

Nel 1918 la salute lo abbandonava.
Varallo, Torino, Pisa: le ultime tappe dell'ultimo viaggio.
Il 7 ottobre, a Pisa, Iddio si chinò a raccogliere lo spirito del suo servo fedele, quando tutti meno se l'aspettavano, pensando per il meglio. I suoi cari intonarono tra le lacrime: «Te Deum laudamus».
Era entrato nella vita «senza far chiasso e ne uscì in punta di piedi con lo stesso passo leggero e schivo col quale attraversava la folla dei suoi ammiratori, lasciando su ogni tavolo un tesoro ed in ogni cuore una speranza». (9)






L'OCCASIONE ALLA DOTTRINA DI TONIOLO
1. Socialismo e liberalismo

G. Toniolo ci dà un quadro della situazione culturale e di civiltà al tempo della sua maturità. (10)
La società era in crisi e, con essa, la stessa civiltà. In una visione piuttosto parziale della realtà, Toniolo identificava la causa prossima di ciò nelle grandi teorie socialiste: il socialismo di stato e il socialismo anarchico; uno assorbente la persona nello stato, l'altro dissolvente la società. In entrambi egli vedeva una duplice tendenza finalistica: quella ottimistica, che riprometteva il progresso infinito della civiltà e quella pessimistica, che, esagerando l'imperfezione umana, si augurava la sparizione di tutte le classi nella società collettivistica. Il socialismo si professava, in ogni caso, ateo e contrapponeva l'uomo collettivo all'uomo individuo.
L'interesse umano era rivolto al benessere materiale sensibile: il socialismo si professava materialista e positivista e utilitarista; rinunciava al cielo per godere la terra. La negazione di Dio era anzi la chiave di volta del socialismo. Il socialismo feceva dipendere il rinnovamento della società dalla forza coattiva dello stato o da quella violenta della rivoluzione popolare. Si ispirava alla scienza contemporanea scettica, razionalista, orientata alla laicizzazione di ogni istituzione, positivista ed utilitarista, deterministica e materialista. E la scienza, non potendo farsi maestra di civiltà, dato che ciò non le compete, diveniva la guida prescelta, ma falsa, che conduceva fuor di via l'ideologia socialista. Tutto ciò spiegava le caratteristiche non umane del sistema e le conseguenze che Toniolo constatava: la realtà sembrava ormai proclamare che presto o tardi il socialismo avrebbe fruttato «lacrime e sangue ai popoli». In ogni caso il socialismo incombeva sulla cultura moderna ed appariva a Toniolo come «una sicura vendetta» maturata attraverso i secoli, da quando una cultura europea di intonazione liberale secolarista aveva rigettato le idee religiose e scientifiche che avevano generato storicamente la civiltà cristiana. ( 11 ) II laicismo liberale aveva promosso la reazione socialista; entrambi avevano inceppato il cristianesimo storico; l'intera società e il suo vitale progresso di civiltà era entrato in crisi: e questo era il centro del problema.
L'uomo sembrava aver preso coscienza di sé negando Dio, Cristo, la Chiesa; sembrava voler costruire la sua città contro Dio, contro Cristo e la sua Chiesa. Si era convinti che la nuova civiltà non poteva esser che umana e solo umana: fatta dall'uomo e non alienata da lui.
Ma se l'uomo credeva in ciò di esser guida a se stesso, egli poneva la stessa civiltà in crisi e in forse. Toniolo denunciava ciò.
Egli sentiva riservato a se stesso il compito di proclamare che l'umanità, guidata dal movimento liberale e da quello socialista, sarebbe giunta ad una civiltà che non avrebbe avuto molto di umano; ed orientava tutta la sua opera di studioso e di uomo d'azione ad affermare che centro della storia e termine della civiltà è Cristo e che la Chiesa possiede la naturale funzione di guida dei popoli al vero umanesimo.
Il pensiero antireligioso e la realtà resa di fatto anticristiana -diceva Toniolo - confluirono come due forze travolgenti, portando la società nelle gravi crisi sociali. Si volle costruire la città dell'uomo al di fuori del disegno di Dio nella storia; e si finì col gettare la società in una grave situazione di crisi negativa che coinvolgeva tutti i valori sociali.
A questa situazione egli opponeva, quale rimedio, le sue convinzioni.
L'idea e il fatto cristiano, il valore e la realtà storica del cristianesimo, il pensiero e l'azione ispirata e animata da Cristo, saranno sempre le forze irresistibili che condurranno avanti la storia dell'uomo. Esse sono il segreto per la riuscita di ogni impegno sociale soccorritore e costruttore di civiltà.
L'ambiente umano-sociale redento, quello cioè che entra nel campo di azione redentrice del Vangelo, di Cristo Persona divina e del Cristo mistico (la Chiesa), è la risposta definitiva a chi cerca il segreto per raggiungere l'autentica civiltà.
Da queste convinzioni Toniolo traeva argomento per proporre la sua dottrina sociale e il suo ideale per una società politica più giusta.


2. La scoperta di valori

Tutto il suo sistema sociale è costruito sulla base di una concezio¬ne comunitaria della città terrena.
In questa realtà comunitaria è possibile la solidarietà sociale che porta alla convivenza pacifica le classi; si attua un personalismo, che presuppone l'individuo, ma oltrepassa sia l'individualismo che il collettivismo. Tale realtà rende possibile un pluralismo organico che, al di sopra dell'atomismo individualistico e del totalitarismo statolatrico, dà il massimo sviluppo alla solidarietà e causa l'associazionismo articolato aperto. È allora che la convivenza di persone e di classi è ottenuta non per coazione o artificio, ma attraverso l'attuazione della più ampia ed autentica libertà personale responsabile, che assicura vitalità all'ordine sociale.
Questo è l'ordine democratico, la cui unica spiegazione è riposta da Toniolo nel cristianesimo.
Il concetto di civiltà e la descrizione della via ad essa trova fonda¬mento in Toniolo nel concetto di cristianesimo operativo (che opera), ma soprattutto nella dinamica vitale del cristianesimo stesso.
La dinamica vitale del Cristianesimo nei confronti delle civiltà consiste nella promozione di una società cosmopolita che si va facendo comunità cristiana (chiesa).
Egli concepì l'idea di una associazione internazionale, i cui membri fossero le nazioni e il cui territorio fosse il globo: da essa sarebbe scaturita la vera civiltà. Tale raggruppamento doveva avvenire per gradi: prima fra le genti aderenti alla fede cristiana cattolica, poi tra l'umanità intera. Lo scopo doveva essere quello di prevenire i conflitti, regolare i rapporti economici, assicurare un
contemperato e armonico progresso di tutti, garantire la difesa delle moltitudini operose, realizzare la civiltà progressiva.
Fondamento stabile di tale società democratica cosmopolita era, per Toniolo, il cristianesimo; esso è il promotore dello stesso incivilimento attraverso l'azione operativa dei suoi membri.
Il cristianesimo che sta alla base del pensiero di Toniolo è l'incarnazione storica del divino e l'attuazione di convergenza dinamica di ogni realtà al divino personale; è il cristianesimo storico che esige fedeltà ad una realtà permanente, dinamica, coestensiva alla storia e pur tuttavia al di là della storia: Cristo.
Il cristianesimo, che egli concepisce, non porta con sé l'impegno per il ritorno a forme superate di vita sociale, ma esige fedeltà a quel¬a realtà dinamica, sacramentale, che vive nella Chiesa e genera espressioni di vita sociale autenticamente civile: Cristo.
Il cristianesimo che lui pone alla base del suo pensiero sodale-politico è permanente relazione vitale a Cristo ed una trasmissione vitale di Cristo; da ciò una benefica influenza sociale nell'umanità.
Per questo la vera ricchezza della società è vista da lui nella Chiesa, sono i cristiani che vivono e trasmettono la vita di Cristo, vivendo a Lui uniti.
Toniolo non poteva tacere la sua scoperta: era la scoperta di un Valore capace di riflettersi in novità di vita sociale.






NOTE

(1)FRANCESCO VISTALLI, Giuseppe Toniolo, Roma, Comitato G.T., 1954, p. 26.
(2)L. Bellavite, giurista (1821-1825); A. Messedaglia, professore di economia politica, deputato (1820-1901).
(3)Il cav. Antonio Schiratti di Valdobbiadene (TV) sposò Emilia Arrigoni. Aprì un laboratorio farmaceutico a Pieve di Soligo. Fu sindaco di Pieve per quarant'anni. I suoi figli furono: Renato, Tommaso, Gaetano, Maria (che sposò G. Toniolo), Pia (morta nel 1875, prima fidanzata di Toniolo), Rosa.
(4)F. Lampertico, economista e giurista (1833-1906); L. Luzzatti, economista e uomo politico (1841-1927).
(5)La Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie era sorta per interessamento di Toniolo (1893). Essa era orientata alla formazione e informazione pubblica per un autentico impegno sociale.
(6)MAURICE VAUSSARD, Histoire de la àémocratie chrétienne, Paris, Ed. Seuil [1956], pp. 201-241. Nel 1899 Don Sturzo collaborava già ad un programma democratico-politico concreto, p. 227.
(7)Rivière, in «Le modernisme dans l'Église, Paris, 1929», sostiene che non esiste modernismo politico, se non per un attacco tendenzioso degli avversari al sorgere della democrazia cristiana. Vi furono tuttavia in alcuni (vedi Murri) accostamenti al modernismo: a tal punto da fare il cristianesimo un messianismo sociale; il cristianesimo sarebbe cioè una specie di strumento di una storica democrazia e del progresso sociale. La volontà di totale autonomia politica di fronte alla gerarchia apparve inoltre separatismo secolarista.
Murri in particolare identificava la vita religiosa e morale dell'umanità con il progresso democratico e civile, identificando cattolicesimo e democrazia: non facendo piuttosto scaturire l'una dall'altro (Toniolo).
(8)GUIDO ANICHINI, Giuseppe Toniolo, Bari, Edizioni Paoline, [1955], p. 12.
(9)GIUSEPPE BARONCI, Giuseppe Toniolo nel primo centenario della sua nascita
(7 marzo 1845), Roma, Magi-Spinetti Editore, 1945, p. 8.
(10)GIUSEPPE TONIOLO, Indirizzi e concetti sociali all'esordire del sec. XX: O.O., Serie III, vol.3, p. 242.
(11)G. TONIOLO, Cenni sulle crisi sociali..., Roma, T.UC.E., 1902, pp. 105-106.
(12)SORRENTINO DOMENICO, Giuseppe Toniolo, una Chiesa nella Storia, coll. Dimensioni dello Spirito, Ed. Paoline, 1987, 293 p.





CAPITOLO SECONDO

L'IDEALE EVANGELICO SOCIALE DI G. TONIOLO LA DEMOCRAZIA FRUTTO DEL CRISTIANESIMO
«Quel fascio di luce luminosa si era tramutato in calore di vita sociale» (1).


Il concetto di democrazia:
1. Definizioni.
2. Evangelicità.

La democrazia nella società:
— nell'economia;
— tra le classi e lo stato;
— la democrazia politica.



Toniolo classifica la società veramente umana e veramente feconda di civiltà come società cristiana. Delineata quindi la società cristiana, indica nelle sue caratteristiche essenziali di democraticità ciò che ne forma l'essenza di «società di civiltà» (2). La società di civiltà è vista da Toniolo come frutto del cristianesimo, ma altresì come prodotto di un antecedente frutto del cristianesimo: l'ordine sociale democrati¬co, la democrazia.
Il concetto di democrazia e i suoi aspetti sono mutuati da Toniolo dalla realtà secolare; ma democrazia e suoi aspetti sono per lui emi¬nentemente quel valore di carità e servizio che trova il suo modello in Cristo e che la Chiesa, veramente fedele al suo Fondatore, costante¬mente incarna in sé. Il valore democrazia è dunque per Toniolo realiz¬zazione, nelle relazioni sociali, dello spirito che anima il cristia¬nesimo.
È dunque dallo studio del cristianesimo storico che lui può trarre le linee di valore autentico per delineare una democrazia secolare vali¬da. Ma non ne potrà risultare se non una democrazia che si dica e sia cristiana.


1. Il concetto di democrazia

Due sono i concetti base che egli si fa sulla democrazia. Il primo concetto è filosofico, etico-sociale; il secondo è cristiano, evangelico. Egli asserisce che entrambi concordano, anzi coincidono.

a) «Ordinamento civile nel quale tutte le forze sociali, giuridiche ed economiche, nella pienezza del loro sviluppo gerarchico, coopera¬no proporzionalmente al bene comune, rifluendo nell'ultimo risultato a prevalente vantaggio delle classi inferiori» (3).
Egli deriva tale concetto dallo studio della persona umana che si integra, per raggiungere i suoi fini, nell'ordine sociale; lo deriva pure dalla certezza che l'ordine sociale è orientato allo sviluppo della per¬sona attraverso il raggiungimento del bene comune e che ciò è voluto da Dio.
Ne segue che per lui democrazia è essenzialmente una relazione sociale: il rapporto delle persone e delle forze sociali tra di loro; ne segue pure che la democrazia è impregnata di eticità, di giustizia, di doverosità religiosa e di carità; è anche un diritto (4).
Ne segue infine che essa si deve fare storia, concretamente, ordine sociale strutturato organicamente e gerarchicamente, rivolto alla tutela e all'aiuto reciproco dei suoi componenti: per il conseguimento del bene comune, secondo questa norma fondamentale: «Chi più può più deve, chi meno può più riceve» (5).
Questa democrazia è veramente a vantaggio dei ceti più numerosi che sono i più bisognosi. Lascia integra e presuppone la costituzione essenziale degli elementi e forze sociali nella loro varietà storica e culturale, nel loro sviluppo e graduale miglioramento, realizzando la vera libertà. Esigendo come legge comune quella del dovere, attua l'eguaglianza. Componendo insieme le forze umane nella correspon¬sabilità per l'attuazione del fine, traduce in atto la fratellanza ed, in tutto, realizza la virtù cardine dell'ordine sociale: la giustizia e la ca¬rità (6).
Il concetto di democrazia per motivi storici era stato perso o svisato. Nonostante tale fermento storico pseudodemocratico, il cristia¬nesimo, presente nella società e talora confuso con essa, andava matu¬rando un concetto di autentica democrazia. Toniolo si ispirava a questo, riaffermando così il primo concetto e approfondendolo.
Alla prima definizione di democrazia corrisponde pienamente perciò una seconda.
b) «Ordinamento di forze sociali converso al bene comune, nel quale però legittimamente per virtù di giustizia e di carità tiene un po¬sto predominante il benessere delle classi inferiori». È il concetto «religioso» di democrazia (7).
È evidente che le due definizioni date coincidono! Dalla coinciden¬za di esse risulta valida una terza descrizione della democrazia. Essa pone in evidenza il contributo storico dato su tale argomento dal cristianesimo.
c) La democrazia è «una vera palingenesi (nuova nascita) o resur¬rezione sociale» promossa dal cristianesimo e animata da motivi eti¬ci e religiosi (8).
L'attuazione sostanziale del concetto di democrazia va attribuita al cristianesimo positivo presente nella storia e va rivendicata all'azio¬ne della Chiesa (9). La sua attuazione fa parte degli scopi che persegue il cristianesimo presente nella storia. È scopo del cristianesimo, infatti, perme¬are la realtà umana elevandola a perfezione insospettata. Ma il concet¬to scoperto e asserito da Toniolo è per lui il concetto di un valore sociale che è promotore di perfezione sociale, è quindi eminentemente un valore cristiano. Ne consegue pertanto che massimo promotore di democrazia è il cristia¬nesimo.
La democrazia di cui se ne e’ dato il concetto, deve però purificare se stessa, deve crescere e perfezionare se stessa secondo la legge della persona e del cristiano: quella del miglioramen¬to (10). Solo così essa, in una costante opera di aggiornamento, pro¬gredisce concretamente da valore di democrazia cristiana incarnato nelle relazioni sociali ad ordine sociale cristiano (11), a civiltà cristia¬na (12): tappe di una autentica democrazia.

La democrazia cristiana
Il vangelo pose il principio della elevazione del popolo quando Cristo si chinò a lavare i piedi ai suoi apostoli e disse loro di fare altrettanto. A causa di tale principio, apparve nella storia la possibilita’ di concretizzare la de¬mocrazia sociale-giuridica come conseguenza delle più profonde esigenze con¬crete del Vangelo e come fine doveroso da raggiungere (13). Lo spiri¬to di democrazia eminentemente evangelico, nato dall’esempio datoci da Cristo, promosse via via altri aspet¬ti della democrazia rendendola concreta ed integrale: economica, civile, politica. La forza del Vangelo espressa nella vita cristiana di fede operante nella carità attua infatti delle realtà umane eminentemente democratiche, favorendo successivamente la realizzazione di un organismo sociale, civile, economico e politico che è democrazia, che è valore etico, che è civiltà. Ci è lecito dunque parlare di una democrazia reale ed integrale come “democrazia cristiana”.
La “democrazia cristiana” non è partito politico, né ideologia, né sistemazione sociale; è invece vita, attuata nella comunità umana,
ispirantesi agli insegnamenti ed esempi di Gesù, vissuta nei due aspetti complementari di religione e di carità, di eticità e di giustizia, democrazia cristiana è allora identificabile con il duplice comandamento dell'amore, da dimostrarsi concretamente nel vivere sociale, nella citta’ terrena.
La democrazia cristiana è l'attuazione della redenzione nella vi-sociale, civile, economica, politica: è il cristianesimo che traspare in essa. Questa democrazia è una realtà che sta al di sopra di ogni fazione partito stato; essa e’ orientata a permeare – e lo dovra’- il mondo umano nella sua interezza..
La democrazia cristiana ha due fini principali.
Il primo fine essenziale, consiste nel realizzare l'ordine etico-socia¬le ispirato al cristianesimo; il secondo fine, di per se’ non essenziale, ma la cui non realizzazione spesso significa assenza di ogni forma di democrazia, è quello di servirsi dei mezzi che attuino l'ordine etico-sociale di cui sopra. Quest'ultimo consiste in «un ordinamento giuridico-politico a cui partecipino proporzionalmente tutte le classi, ed in cui abbia un posto suo proprio anche la classe
inferiore» (14).
Tutte le classi sociali a servizio del popolo: ecco, in sintesi, la democrazia cristiana. Tale democrazia si muove in linea al dovere etico-sociale che orienta, più che alla tutela e al soccorso, al rispetto e onore delle mol¬titudini; che è quanto dire: renderle libere e responsabili perche’ dotate di capacita’; il che significa «educarle a fare da sé: origine della loro legittima autonomia» (15).
Questa democrazia è vita di comunione con tutte le classi sociali, sia pure le più bisognose di elevazione; una comunione esemplarmente cristiana che non conduce ad abdicare alla propria posizione gerarchica nell'organismo sociale, ma che, mentre si traduce in doveroso servizio di giustizia e carità, diviene fonte di elevazione ad autentico prestigio sociale (16).
La democrazia cristiana ha peculiari esigenze.
Essa è rispettosa della gerarchia di strutturazione dell'ordine socia¬le, sia essa gerarchia dei fini e dei mezzi, gerarchia delle classi, gerarchia dei valori e del vivere questi valori.
Fa valutare ciò che è permanente espressione essenziale di demo¬crazia e ciò che ne è manifestazione integratrice, ma accidentale e talora temporanea, essendo ciò dovuto a particolari condizioni storiche.
È aperta e duttile. Gode di una grande capacità di adattamento. Non è legata ad alcun programma determinato, se non come la causa all'effetto; non è vincolata a tempi e luoghi, ma superiore ad essi e
sempre capace di concretarsi, pur rinnovata, in attuazioni autenticamen¬te consone alla persona umana, alla civiltà. Questo fa sì che essa non venga a rimpicciolirsi a programma di partito, né possa identificarsi con un evento storico che passa. I suoi orizzonti sono della stessa estensione dei fini della civiltà: essi oltrepassano il valore degli impe¬gni e «propositi accidentali della politica» (17). Essa perciò promuo¬verà l'azione: programmi concreti di carattere economico, sociale, civile e politico, ma li renderà sempre aperti a quel programma che tutti oltrepassa e che va sempre aggiornato: il programma di civiltà.
È dinamica ed evolutiva fino ad essere rivoluzionaria, non nella violenza, ma nella pace. La sua tattica è il ritorno alle origini per at¬tingere da esse ciò che la potrà spingere a realizzare un futuro migliore.
Creatrice di ordine e di pace, persegue con tenacia giustizia e carità; rimuove però dal suo modo di fare «ogni sospetto di provocare la lotta di classe» (18).
Educatrice, favorisce l'autonomia dei gruppi sociali e degli indivi¬dui, creando in essi la coscienza alla doverosità di autoelevazione.
Superando gli individualismi, apre alla solidarietà fra le classi. Favorisce la collaborazione aumentando la fiducia e la docilità «dei più» verso l'autorità e, in chi governa, l'interesse per «i più». Nell'azione sociale, civile e politica crea unità di indirizzo generale. Nello stesso tempo esige pluralità di azione e di associazione: una pluralità che si ispira all'unità organica, all'autonomia responsabile e coordinata, e che si concretizza nell'applicazione di ciò che è progresso all'indole, stato e diversità dei vari gruppi sociali.
È dotata di disponibilità e docilità alla chiesa gerarchica, pur nella propria laicità; essa infatti è laica nella sua storicizzazione (19). Una disponibilità e docilità tuttavia che va intesa in questo senso.
Permeata dallo spirito cattolico, dal senso della storia, ispirata alla pluralità nella organicità, la democrazia cristiana è necessariamente rispettosa delle tappe, anche politiche, che la storia, la società e il magistero della Chiesa autorevolmente insinuano o propongono (20).
Da quanto si è visto appare che la democrazia di Toniolo è prima di tutto concettuale, ma si va via via palesando come un Valore filosofico-etico-sociale-religioso.
Il concetto religioso della storia - oggetto di un piano divino - e il dato positivo storico dà poi a Toniolo il via per delineare le linee di
incarnazione di tale concetto-valore nelle contingenze difficili della storia aperte ad un promettente avvenire.
La democrazia che lui propone risulta cosi adatta a tutti i tempi e aperta a successive integrazioni nel futuro.
Esaminerò ora gli aspetti integranti della democrazia: la democra¬zia sociale aperta a quella economica, civile e politica.

2. La democrazia nella società

La democrazia storica è primariamente sociale. Ciò significa che la democrazia va concretata in istituti e forme democratiche che investa¬no prima di tutto il corpo organico della società: famiglia, associazioni e classi nel loro essere ed agire.
La democrazia sociale appare come l'applicazione concreta dei principi e degli ideali cristiani nonché delle conclusioni filosofiche eti¬co-sociali all'organismo sociale; e consiste nella realizzazione di un ordine sociale umanamente perfetto, mezzo sicuro di incivilimento e tappa della civiltà assoluta che ancora non si possiede.
Di questa democrazia sociale Toniolo indica le tappe program¬matiche. Esse sono: la democrazia economica, la democrazia civile e la democrazia politica.
La democrazia economica
L'economia va attuata nel contesto sociale in conformità alla soli¬darietà umana e secondo i fini che garantiscono la prosperità e la pace delle classi sociali.
L'economia fa parte dell'ordine sociale voluto da Dio. La sua dina¬mica sgorga dalla doverosità che ha per l'uomo l'assentire e cooperare liberamente all'autorevole piano di Dio. Essa è allora un dovere di religione, di giustizia verso di sé e verso gli altri, di carità: esige abnega¬zione e sacrificio.
La sua doverosità urge in proporzione delle rispettive attitudini degli individui e classi sociali, e «a misura del bisogno altrui» (21).
L'economia influisce decisamente sulla società perché regola diret¬tamente l'ordine sociale, civile e politico; è anzi «base della demo¬crazia» (22).
È finalizzata a farsi - per disegno provvidenziale - democrazia economica cristiana.
Derivando le sue leggi dall'utile in corrispondenza alla dignità, li¬bertà, eguaglianza morale, corresponsabilità, eticità della persona uma¬na, essa va concretata in una realtà che abbia tutte le qualità perché sia e si possa chiamare democrazia economica.
Basata sulla libertà, eguaglianza, fraternità degli uomini, sul lavoro e sulla sua eticità, di fatto non può essere se non cristiana. Per questo ed in quanto tale, nel suo ordine provvidenziale e finale essa deve realizzarsi in una democrazia economica perfettamente cristiana.
La democrazia economica si concreta in una modalità e tensione nuova degli elementi costitutivi l'ordine sociale. Questi ultimi sono: gli istituti sociali privati (libertà personale, famiglia, proprietà), gli istituti sociali-civili (le associazioni di classe gerarchizzate, le conso¬ciazioni locali, nazionali, internazionali), gli istituti sociali giuridici (lo Stato e la Chiesa).


QUANTO AGLI ISTITUTI SOCIALI PRIVATI
Circa la libertà, la democrazia economica deve rispecchiare le qualità dell'autentica libertà. Dato che la vera libertà è quella rispetto¬sa della dignità della persona, del bene delle moltitudini e della so¬lidarietà sociale, l'economia deve essere rispettosa della persona, del¬le necessità delle moltitudini e della solidarietà tra le classi. E ciò realizza vera democrazia.
Quanto alla famiglia, la democrazia economica ne favorisce, per quanto è possibile, l'allargamento della base patriarcale; ne custodisce le tradizioni; ne promuove la stabilità locale; ne moltiplica i redditi comuni; rinsalda in essa l'autorità paterna e materna e la solidarietà dei suoi membri; ne promuove ultimamente la continuità storica del patri¬monio.
Per quel che riguarda la proprietà, la democrazia economica fa in modo che la proprietà sia stimolo alla operosità produttiva, alla conservazione e incremento delle ricchezze, al vantaggio immediato del singolo e insieme di tutti nella solidarieta’: secondo giustizia ed in conformità alla natura dell'uomo.


CIRCA GLI ISTITUTI SOCIALI CIVILI
La democrazia economica si avvalora dell'associazionismo sindacale (23). Si esplica poi nei vari luoghi in «consociazioni locali». Queste ultime tengono conto del bene particolare e di quello generale intrecciandolo insieme. Raggruppano infatti industrie, attività economiche e classi economiche di quel luogo; inserite nelle circostanze locali, cioè, rispettose della natura del mondo esterno, sensibilizzano circa l'opportunità della produzione e rendono coscienti delle richieste di acquisto e consumo. Favoriscono l'attività economica locale con l'assidua clientela e la stabilità delle popolazioni industriose. Tali associazioni economiche locali sono avvantaggiate dalla difesa proveniente dall'autonomia locale. Tutto ciò rientra nell'utilità dell'intera comunità. Ne scaturisce un focolaio di produzione che si coordina e ripercuote nell'economia nazionale, garantendone stabilità.
La democrazia economica esige coordinamento e inserimento dell'economia all'istituto nazionale secondo una dinamica provvidenziale di redenzione economica universale. Si deve cioè realizzare un graduale trapasso e orientamento delle attività economiche nazionali al bene universale economico e politico. La democrazia economica si deve evolvere infatti nell'associazione economica internazionale, avvalendosi di una associazione internazionale che si deve aprire all'umanità intera per realizzare una economia unica e universale. Questa unità di collaborazione, promossa dallo spirito cristiano, rivelerà finalmente una democrazia economica mondiale cristiana.
Lo strumento di tale democrazia sarà un'organizzazione internazionale che prevenga i conflitti materiali tra le nazioni, regoli uniformemente i rapporti economici, favorisca il progresso di tutti, difenda dalla concorrenza le moltitudini
operose (24).


QUANTO AGLI ISTITUTI SOCIALI GIURIDICI
Circa lo Stato, rivendicando l'autonomia operativa delle persone (salva sempre la giustizia), dei gruppi ed enti morali, rivendicando ancora la responsabilità di essi nei confronti del fine ultimo e dei fini materiali connessi con quello, la democrazia economica reclama la cooperazione attiva dello stato per fini di miglioramento economico.
La democrazia economica infine è animata dall'interno dalla Chiesa, costruttrice di civiltà democratica attraverso il vangelo di Cristo da essa offerto e testimoniato vitalmente.
È così che la democrazia economica nell'ordine attivo - vita sociale economica - applica i principi cristiani alle circostanze storiche della produzione, ripartizione, consumo e scambio.Da quanto è stato detto appare che l'attività economica è vista da Toniolo come «parte della vita sociale» e «mezzo ai fini di civiltà». Essa attua in sé i principi astratti che riguardano l'ordine sociale aperto alla realtà futura voluta da Dio. L'economia non è cioe’ al di fuori della realtà sociale ne’ della redenzione dell'umanità intera. L'economia in entrambi i due contesti non può tuttavia attuarsi in pieno valore di civiltà se non include l'aspetto di democraticità suesposto.

La democrazia civile.

La democrazia civile – secondo Toniolo - consiste nell'ordinamento della società per classi. Un ordinamento non artificioso, ma corrispondente alla natura della società; garantito nella sua esistenza da autonomia giuridica; tale da realizzare un tutto organico e unitario.
Essa è così una società in cui le classi possono attuare la partecipa¬zione organica alla vita dello stato. Realizza cioè una società che go¬verna se stessa attraverso i gangli sociali e non attraverso il nume¬ro (25).
La democrazia civile così concepita, fa uscire la vita sociale dal¬l'equivoco di una democrazia falsa che oscilla tra oligarchia di parla¬mento e rivoluzione di piazza (26).
Tale democrazia civile tiene conto della dignità e valore della persona; dona il significato corrispondente alla collaborazione sociale, alla strutturazione sociale, al primato della società sullo stato.
La democrazia civile significa riconoscere la libertà personale, l'autonomia famigliare, l'autonomia locale; promuovere le associazioni economiche libere.. Democrazia civile vuol dire elevazione delle condizioni del lavoro; promozione dell'educazione etica, religiosa e civile dei popoli; coscienza di classe; partecipazione proporzionale alla vita pubblica, senza lotta o supremazia di classe su classe (27).
La democrazia civile è attuazione del concetto di servizio e di missione. Con essa si attua l'ordine sociale cristiano conforme ai valori di¬namici rivendicati da Cristo.
Quei valori sono elencabili.
— La vocazione solidale dell'uomo alla casa del Padre.

È proprio la qualifica di valore della persona umana e dei doni ricevuti da Dio che dichiara un doveroso impegno per tutti a tradurli in mininistero sociale che continui l'opera di giustizia e di carità di Dio (28).
È questa realtà che fa sì che la democrazia sociale si esplichi in ordinamento sociale-giuridico che, come un tutto ben ordinato e armonico, attui la vocazione, i doni e la dignità di ciascuno e realizzi in pieno ogni singola persona proprio nel darle l'occasione di rendersi utile a sé e agli altri, da sola o associata, nella propria classe o nel plesso organico di tutte le classi sociali: per il bene di tutti.
Al fondo di questa democrazia sta «la sorgente dell'onore» che è il dovere (29).
Le classi sociali e le persone sono così inserite in rapporti di re¬ciproco servizio che si fa, in chi è più dotato, più doveroso nei con fronti di chi lo è meno: in una tonalità di vita autenticamente cristiana.
La democrazia civile è concretizzazione dell'autentica libertà civile tra gli individui e tra le classi. Dall'universale dignità dell'uomo e dalla comune partecipazione ai beni connessi con tale dignità, quali il diritto al rispetto personale, l'espressione dell'autorità paterna e materna, la facoltà di educare i figli, l'esercizio di un lavoro, il diritto all’associazionismo, l'esercizio di carità..., scaturisce l'eguaglianza. La libertà morale e l'eguaglianza di dignità fondano l'esigenza di libertà civile per tutti, dei singoli e delle classi sociali.
La libertà civile è sostanza e causa della democrazia civile. Ciò vuol dire che l'esercizio del diritto proprio (libertà) nella promozione del diritto di tutti da parte del singolo e delle classi sociali (libertà civile) causa la democrazia civile; sicché la democrazia civile è la concretizzazione della autentica libertà umana tra gli individui e tra le classi per il bene comune.
La libertà civile si esplica nella città umana rispettando l'esercizio della libertà religiosa e di ogni norma di etica naturale, il che si riassume nella ricerca responsponsabile di un fine che è comune (30); si realizza nella partecipazione responsabile all'economia, all’amministrazione, alla politica e al diritto del pa¬ese (31). Ma è resa perfetta dall'attuazione delle norme etiche e delle esigenze della virtù della giustizia e della carità cristiana, che formano il tetto dell'ordine sociale democratico di civiltà (32).
La democrazia civile si manifesta allora nella sua interezza e pienezza solo nella concretizzazione della autentica libertà nella vita dello stato, tra gli individui e tra le classi, in una modalità cristiana.
Tutto ciò fa sì che colà sia vera democrazia civile, ove anche autorità e libertà siano in piena consonanza; quando

— La dignità della persona umana.
— La gratuità dei doni di Dio, i quali sono allo stesso tempo manifestazione dell'autorità paterna e regale di Dio.

È proprio la qualifica di valore della persona umana e dei doni ricevuti da Dio che dichiara un doveroso impegno per tutti a tradurli in mininistero sociale che continui l'opera di giustizia e di carità di Dio (28).
È questa realtà che fa sì che la democrazia sociale si esplichi in ordinamento sociale-giuridico che, come un tutto ben ordinato e armonico, attui la vocazione, i doni e la dignità di ciascuno e realizzi in pieno ogni singola persona proprio nel darle l'occasione di rendersi utile a sé e agli altri, da sola o associata, nella propria classe o nel plesso organico di tutte le classi sociali: per il bene di tutti.
Al fondo di questa democrazia sta «la sorgente dell'onore» che è il dovere (29).
Le classi sociali e le persone sono così inserite in rapporti di re¬ciproco servizio che si fa, in chi è più dotato, più doveroso nei con fronti di chi lo è meno: in una tonalità di vita autenticamente cristiana.
La democrazia civile è concretizzazione dell'autentica libertà civile tra gli individui e tra le classi. Dall'universale dignità dell'uomo e dalla comune partecipazione ai beni connessi con tale dignità, quali il diritto al rispetto personale, l'espressione dell'autorità paterna e materna, la facoltà di educare i figli, l'esercizio di un lavoro, il diritto all’associazionismo, l'esercizio di carità..., scaturisce l'eguaglianza. La libertà morale e l'eguaglianza di dignità fondano l'esigenza di libertà civile per tutti, dei singoli e delle classi sociali.
La libertà civile è sostanza e causa della democrazia civile. Ciò vuol dire che l'esercizio del diritto proprio (libertà) nella promozione del diritto di tutti da parte del singolo e delle classi sociali (libertà civile) causa la democrazia civile; sicché la democrazia civile è la concretizzazione della autentica libertà umana tra gli individui e tra le classi per il bene comune.
La libertà civile si esplica nella città umana rispettando l'esercizio della libertà religiosa e di ogni norma di etica naturale, il che si riassume nella ricerca responsponsabile di un fine che è comune (30); si realizza nella partecipazione responsabile all'economia, all’amministrazione, alla politica e al diritto del paese (31). Ma è resa perfetta dall'attuazione delle norme etiche e delle esigenze della virtù della giustizia e della carità cristiana, che formano il tetto dell'ordine sociale democratico di civiltà (32).
La democrazia civile si manifesta allora nella sua interezza e pienezza solo nella concretizzazione della autentica libertà nella vita dello stato, tra gli individui e tra le classi, in una modalità cristiana.
Tutto ciò fa sì che colà sia vera democrazia civile, ove anche autorità e libertà siano in piena consonanza; quando
libertà e autorità cerchino in armonia il fine doveroso sociale: quando cioè le prestazioni personali e di classe e l'impostazione di leggi siano conformi all'ordine sociale voluto da Dio, all'ordine sociale quale deve essere, conformemente alla ragione ed alla fede.
La democrazia civile è allora partecipazione attiva della persona alla vita dello stato nella libertà garantita da un contesto sociale organico, gerarchico, qualificato in classi, nel quale la giustizia e la carità vadano insieme e siano fondate sulla ragione e illuminate dalla fede (33).
Se per Toniolo la democrazia civile mplica la partecipazione dei singoli e delle classi alla vita dello stato in tutte le sue manifestazioni, è da intendersi tuttavia «politica» in senso improprio (34); è da ritener¬si tuttavia come la base di ogni assetto di democrazia politica.


La democrazia politica o di governo.
La società è resa vitale dalla democrazia che si estende a tutti i campi. La democrazia si deve estendere allora anche al campo politico; esso è l'aspetto più appariscente della vita sociale e oggetto dell'azione dello spirito democratico.
I tempi di Toniolo non erano molto maturi perché si potesse parlare di democrazia politica in senso stretto (35). Toniolo si limiterà a prevedere la nascita di quella e a delimitarne i tratti essenziali, senza scendere ai dettagli (36).
Toniolo era convinto che il problema economico sociale rivendicasse una completa democrazia, che, promossa da principi di alto valore morale e civile, impregnata di valori cristiani, storicamente salisse ad espressioni economiche, sociali, civili e politiche. La democrazia politica è per Toniolo esigenza della persona umana, e pur tuttavia una tappa nella storia: dovrà estendersi in democrazia di civiltà. Essa deve riflettere la struttura intrinseca della società e la sua organicità; per questo Toniolo insiste sulla strutturazione socio-politica corporativa o sindacale. La democrazia politica deve rispettare l'indole di una nazione e le sue istituzioni e tradizioni storicamente valide; per questo ancora Toniolo ritiene non indispensabile la repubblica come governo democratico: la modalità di un governo con il tempo può variare, perché per lui la democrazia di governo è aperta a diversi tipi di costituzione politica, sebbene debba culminare in quella repubblicana.
La democrazia politica infine deve essere aperta e coordinata agli al¬tri organismi politici nazionali, allargandosi in democrazia politica internazionale (37).
Toniolo delinea le istanze di fondo della democrazia politica. Affinché la democrazia politica sia realmente tale, gli individui, la famiglia, le classi, gli enti collettivi giuridici e locali, l'organismo vitale della società, non devono essere soppiantati dallo stato, il quale esiste in funzione di quelli. I vari campi e competenze non devono esser usurpati, così quelli di Dio e della Chiesa; né vi devono essere interferenze nel campo del «vero e dell'onesto e delle finalità supreme dell'esistenza» (38).
Poste tali premesse, ecco i principi politico-programmatici, fulcro di una democrazia politica (39) che si possa dire attualizzatrice di democrazia cristiana.
1. La politica deve uniformarsi a questo assioma: «il cristianesimo è tutta la civiltà» (40).
2. La famiglia, gerarchizzata dall'autorità parentale, è il baluardo contro l'egualitarismo sociale e il sostegno all'autorità pubblica.
3. La dignità della donna e la difesa della sua eguaglianza sociale in conformità ai suoi compiti, fa parte della saldezza della società.
4. La proprietà individuale è necessaria, è conforme al fine della persona, è orientata al bene sociale; va attuata anche nelle forme comunitarie (41 ).
5. La stabilità del ceppo famigliare - favorendo la organicità e unità della struttura sociale - è necessaria contro l'instabilità, precarietà, accidentalità e sterilità della famiglia moderna.
6. La piccola industria ha autentica validità di fronte e accanto alla grande industria, come rimedio al proletariato.
7. I ceti superiori sono responsabili nei confronti di quelli inferiori.
8. L'amministrazione statale e il suo intervento nella vita del pae¬se va decentrata.
9. Il proletariato va riconosciuto in classe autonoma attraverso tre mezzi: il contratto collettivo di lavoro, le unioni (professionali) sindacali, la legislazione a tutela e sostegno dell’operaio.
10. Si deve promuovere l'allargamento della partecipazione delle
masse alla suprema e accentrata autorità di governo soprattutto con la fioritura delle più numerose e svariate autonomie amministrative professionali, civiche, rurali, provinciali, regionali (42).
11. Usufruire del suffragio universale (43).
Si deve limitare eventualmente l'onnipotenza legislativa del Parla¬mento mediante l'appello al voto diretto di tutta la popolazione debitatamente organizzata, cioè mediante il referendum popolare (44).
12. È necessario poi introdurre, come cosa di successivo perfezio-
namento degli organi politici, ulteriori modificazioni nella forma di
governo, per cui si mantenga più intima corrispondenza di intenti e
di azione tra la base e il vertice dello Stato (45).
L'aspetto corporativistico del governo (46) è una realtà da rag¬giungere, come quello del Parlamento. Questa esigenza si appoggia alla struttura dell'autentico ordine sociale, il quale è eminentemente democratico e quindi esige nella realtà politica un'azione fondata su una base solida e insieme ampiamente popolare; tale però che comporti nello stesso tempo l'attuazione di una corresponsabilità qualificata (47)-
13. Dato che il nerbo della democrazia consiste nella elevazione
delle classi lavoratrici, ne risulta che le unioni professionali ne saranno
la spina dorsale, il mezzo più efficace. Saranno la difesa della libertà e
scuola di solidarietà; la via più indicata per l'attuazione, nella vita
concreta, dello spirito democratico cristiano; la perfezione ed auten-
ticazione della democrazia politica.
A tali concetti si ispirava la democrazia politica di Toniolo, appena sbozzata. Ed è per logica consequenziale alle sue convinzioni che è assente dal campo di Toniolo lo studio di un partito politico. Fatto che Alcide De Gasperi tanto lamentava (48).
Mancando tuttavia le premesse di una società qualificata e di un cittadino in essa educato e formato ai valori sociali, civili, economici e politici di democrazia, il partito politico non era definibile. Se manca la dottrina civica e sociale, manca la capacità di esprimerla nel suo vertice: quello ideologico, partitico, politico. Se manca una democrazia sociale, manca la democrazia civile, economica, politica.
È la dottrina, espressione di democrazia, che Toniolo delinea e considera suo compito presentare. Egli la trae dalla storia, dalla ragione e dalla fede nel Cristianesimo, considerandone come fonte vitalizzante il Vangelo. Il partito seguirà con la maturazione e la formazione degli uomini, con la qualifica delle masse e con gli sviluppi della civilta’ negli eventi della storia.
Solo allora l’ impegno politico sara’ promotore di un partito propulsore dell'autentica e vera democrazia: quella di civiltà (49).
Filippo Crispolti diceva di Toniolo che, se fosse vissuto ancora, sarebbe stato «designato per primo alla candidatura nostra, come l'incarnazione
più intera e più splendida dei principi e dei caratteri ai quali s'informa il Partito Popolare» (50).




NOTE

(1) G. TONIOLO, Problemi e ammaestramenti sociali...: O.O., Serie I, voi. i, p. 76.
(2) G. TONIOLO, Democrazia Cristiana. Concetti e Indirizzi: O.O., Serie III,
voli. 2-3 (n. 11-12).
— Democrazia Cristiana. Istituti e forme. O.O., Serie IV, voll. 1-2 (n. 13-14).
(3) G. TONIOLO, La democrazia cristiana: O.O., Serie III, vol. 2, p. 26.
(4) G. TONIOLO, id., pp. 27-28.
(5) G. TONIOLO, La democrazia cristiana, op. cit.: l. cit., p. 29.
(6) G. TONIOLO, id., ivi.
(7) G. TONIOLO, id., p. 39.
(8) G. TONIOLO, id., p. 88.
(9) G. TONIOLO, La democrazia cristiana, op. cit.:l. cit., p. 90.

(10) G. TONIOLO, Lettera 184: O.O., Serie VI, voi. 2, p. 60.
(11) G. TONIOLO, La democrazia cristiana, op. cit.: l. cit., p. 72.
(12) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti sociali..., op. cit.: 1. cit., p. 9.
(13) G. TONIOLO, Lettera 184, op. cit.: 1. cit., p. 60.
(14) G. TONIOLO, La democrazia cristiana, op. cit.: l. cit., p. 92.
(15) G. TONIOLO, id., p. 67.
(16) G. TONIOLO, id., p. 171.
(17) G. TONIOLO, Lettera aperta al conte Grosoli: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 394.
(18) G.TONIOLO, Per l'integrazione dell'Opera dei Congressi: O.O., Serie IV,
voi. 3, p. 223.
(19) G. TONIOLO, Lettera aperta al conte Grosoli, op. cit.: l. cit., p. 395.
(20) G. TONIOLO, Per l'integrazione dell'Opera dei Congressi, op. cit.: I. cit., pp. 225-226.
(21) G. TONIOLO, L'Unione cattolica per gli studi sociali in Italia: O.O., Serie IV, voi. 3, p. 93.

(22) G. TONIOLO, Le riforme agricolo sociali: O.O., Serie IV, vol. 1, p. 417.
(23) G. TONIOLO, L'Unione cattolica per gli studi..., op. cit.: l. cit., pp. 92, 99, 100.
(24) G. TONIOLO, L'Unione cattolica per gli studi..., op. cit.:l. cit., p. 104.

(25) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti sociali all'esordire del sec. XX: O.O., Serie III, vol. 3, pp. 131, 132, 137, 182, 185.
(26) G. TONIOLO, id., p. 186. Toniolo vedeva nell'estensione alla massa dei cittadini della qualifica elettorale un pericolo: la perdita di valore e significato del voto. Con¬cezione dura al senso democratico attuale; significativa tuttavia a denunciare un fatto: la massa non educata e non resa pienamente responsabile di sé, è massificata, ato¬mizzata e le sue decisioni sono spesso fatte con la testa degli altri. Per questo egli insiste sul valore democratico di una società che agisca attraverso gruppi sociali qualificati: le classi sociali; per questo egli pone alla base della democrazia politica la democrazia civile: l'organizzazione della società in classi aperte e solidali. Cfr. G.TONIOLO, Indirizzi e concetti..., op. cit.: l. cit., pp. 183 nota 1, pp. 182, 185.
Forse la crisi attuale in seno allo stato e alla società è dovuta al fatto di aver voluto attuare una democrazia fatua: una pseudodemocrazia massificante in senso liberale (atomismo e predominio di consorterie partitiche), o massificante in senso socialista (lo stato anteriore alla società ridotta ad una massa spersonalizzata: a un collettivo). Ma la crisi attuale forse è dovuta anche al fatto che la democrazia si è fatta meno autentica e più viziata, perché troppo politica, poco sociale, ancor meno civile e per nulla cristiana.
(27) G. TONIOLO, Le unioni rurali...: O.O., Serie IV, voi. 2, p. 97.
(28) G. TONIOLO, La democrazia cristiana, op. cit.: 1. cit., p. 37.
(29) G. TONIOLO, id., p. 62.
(30) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti sociali..., op. cit.: 1. cit., pp. 112-114, pp. 12^,
125, 127, 129, 130.
(31) G. TONIOLO, id., pp. 112-114.
(32) G. TONIOLO, La funzione della giustizia e della carità nell'odierna crisi sociale:
O.O., Serie IV, voi. 3, pp. 359-367.
(33) G. TONIOLO, id., p. 365.
(34) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti sociali..., op. cit.: 1. cit., p. 126.
(35) G. TONIOLO, Il programma della Rivista internazionale di scienze sociali e
discipline ausiliarie: O.O., Serie IV, voi. 3, p. 140.
(36) G. TONIOLO, La democrazia cristiana, op. cit.: 1. cit., pp. 130-131.
— Federico Le Play: O.O., Serie I, voi. 4, pp. 504-512.
(37) Questi concetti Toniolo li desume dall'analisi storica del comune fiorentino.
Cfr.: G. TONIOLO, Storia dell'economia sociale in Toscana nel Medio Evo, v. 1: O.O.,
Serie I, voi. 2, pp. 324-325. Vedi pure:
G. TONIOLO, L'Unione cattolica per gli sludi soc..., op. cit.: 1. cit., pp. 103, 104. R. ANGELI, La dottrina sociale di G. Toniolo, Pinerolo, Alzani, 1956, p. 101.
(38) G. TONIOLO, Atteggiamenti e doveri dei cattolici nell'ora presente: O.O., Serie IV, voi. 3, pp. 442.
(39) G. TONIOLO, F. Le Play. Cenni commemorativi: O.O., Serie I, voi. 4, pp. 504-512.

(40) G. TONIOLO, id., p. 504.
(41) Toniolo afferma cioè la liceità e opportunità delle nazionalizzazioni in vista del
bene comune.
(42) G. TONIOLO, La democrazia cristiana, op. cit.: 1. cit., p. 59.
(43) G. TONIOLO, La democrazia cristiana, op. cit.: 1. cit., p. 130.
Su questo punto Toniolo modificò le sue opinioni. Ostile prima al voto come suf¬fragio universale dato dalle masse, lo accettò poi. Lottò tuttavia strenuamente contro la sua riduzione a pura espressione numerica, volendone una sua qualifica più sociale che ideologica o partitica: era l'unica soluzione per evitare una pseudodemocrazia dema¬gógicamente orientata e manipolata da partiti senza volti. Cfr.:
— Lettera aperta a A. Gastaldis. 1881: O.O., Serie IV, voi. 2, p. 51: vede con sospetto il suffragio universale.
— Dell'importanza degli studi..., 1886: O.O., Serie IV, voi. 3, p. 381: disapprova il suffragio universale
— Il programma sociale della democrazia cristiana, 1889: O.O., Serie III, voi. 2, p. 262: vuole l'allargamento.
— Problemi discussioni proposte..., 1904: O.O., Serie IV, voi. 2, pp. 212, 216. Accet¬ta il suffragio universale, ma ne esige la qualifica corporativa (sindacale).

(44) G. TONIOLO, La democrazia cristiana, op. cit.: 1. cit., p. 130.
(45) G. TONIOLO, id., p. 131.
(46) Nel linguaggio di Toniolo corporazione significa unione professionale libera,
anche se imponibile per necessità di fronte all'abulia degli individui: è infatti necessaria.
Il termine «sindacato» per Toniolo era equivoco e di origine straniera; ma è quello
che più si addice oggi al concetto di corporazione di Toniolo.
C47) D. CAPONE, Il sistema corporativo di G. Toniolo, Dattiloscritto, Roma, U. Gregoriana, 1940, pp. 19-20.
(48) A. DE GASPERI, Prefazione: La Democrazia Cristiana: CO., Serie III, vol. 2, pp. VII-XIII.
(49) G. TONIOLO, Ragioni e intendimenti e criteri di un primo congresso per le scienze sociali in Italia: O.O., Serie IV, vol. 3, pp. 344"345> 349-
— Per la storia del movimento cooperativo: O.O., Serie IV, voi. 1, p. 487.
(50) F. CRISPOLTI, Giuseppe Toniolo: Corriere della sera, 24 nov. 1919, citato:
F. PERGOLESI, Giuseppe Toniolo, Vicenza, SAT, 1931, nota 1, p. 133.


CAPITOLO TERZO







LA DEMOCRAZIA POLITICA COME SOCIOCRAZIA
— sociocrazia;
— classi;
— corporazioni;
— sintesi.



1. La democrazia politica come sociocrazia

Toniolo non lesina le sue critiche al parlamentarismo che faccia il gioco delle classi dominanti legandosi al capitalismo(1); non risparmia nemmeno quel parlamentarismo che promuova, attraverso il gioco dei partiti sulla massa, un livellamento sociale senza nome e senza volto: una società senza qualifica di organismo sociale-civile-economico.
Toniolo era ostile al parlamentarismo che crea la politica delle masse, orientandole al bene dell'organismo sociale in senso unilaterale a beneficio di un collettivo spersonalizzante. Egli era contrario alle pressioni partitiche sul Parlamento, accompagnate da capziose pressio¬ni di piazza (2).
Per Toniolo non il capitale, né il parlamento, né lo stato, né il partito orienta la politica e fa una politica democratica fonte di progresso e di civiltà. Sono invece le classi sociali, che, in proporzione della loro funzionesociale e secondo lo spirito della solidarietà democratica, devono influire sull'esercizio delle funzioni politiche e sul loro orientamento. E ciò deve avvenire, perché la società concepita come organismo democratico avvalorato dal cristianesimo è la sola promotrice indispensabile dell'autentico progresso di civiltà. Ad essa dunque, a misura di lei e in conformità ad essa, e non ad altro, deve rifarsi continuamente e adattarsi incessantemente ogni azione politica e parlamentare, partitica e sindacale (3).
Per questo egli proponeva dei correttivi ad ogni politica di forza. Eccone un rapido elenco.
- Elezioni libere.
- Fuga da ogni forma di dittatura che affidi ad un uomo o ad una istituzione tutti i poteri.
- Composizione dei collegi elettorali in base all'ordinamento professionale delle classi sociali: da cui elezioni meno influenzabili e fa¬ziose e scelte preferenziali di veri rappresentanti di gruppo.
— Limitazione del potere parlamentare attraverso il referendum popolare.
Questa effettiva democrazia poggerebbe non tanto sulla potenza o sulla propaganda, quanto sui gangli sociali e valorizzerebbe non la ricchezza, ma la dignità umana espressa dal lavoro. Si giungerebbe finalmente ad un regime in cui una società tutta intera governa se stessa (4).
La democrazia politica in senso stretto si potrebbe definire per Toniolo come la participazione popolare al governo mediante quali¬ficati rappresentanti di classe eletti a suffragio universale.
Una democrazia non atomistica, ma una sociocrazia democratica (5).

Il concetto di democrazia politica intesa come sociocrazia va tutta¬via ben inteso.
Toniolo non era favorevole ad una compagine politica formata da partiti ispirati da ideologie senza scrupoli, che cioè permet¬tessero ad essi di agire con la pressione propagandistica sull'ignoranza delle moltitudini, per accentrarle attorno a se stessi in blocco partitico. Inoltre, se le moltitudini non erano qualificate, cioè educa¬te alla vita civile, il loro voto esprimeva solo un appoggio estrin¬seco, un punto forza, ma nel senso di forza bruta, non razionale: era una applicazione della legge del più forte e non della legge della ra¬gione.
Di qui la necessità di qualificare il cittadino, di renderlo atto ad esprimere un voto ed una scelta significativa: arricchire il cittadino di una educazione civile personale e dare alle sue scelte politiche una espressività di ambiente sociale (classe, corporazione) più che di partito.
L'allargamento del suffragio doveva perciò corrispondere all'accennata capacità. In seguito a ciò sarebbero sorti blocchi di partiti quali¬ficati e significativi; le rappresentanze politiche e amministrative sarebbero state, pur esse, qualificate e significative.
Non avrebbero avuto alla base - né i partiti, né le rappresentanze -una massa informe, agitata, manipolata, ignara, aizzata, senza cognizione di causa. L'appoggio politico e la scelta politica non sarebbe nata puramente dalla forza del numero non qualificato (6). Egli sosteneva infatti che, salvi i diritti e doveri legati alla dignita’ di ogni persona umana, nella democrazia (cristiana) è la qualifica sociale che dona influenza sociale; la missione che dà competenza; il servizio che impone diritti degni di rispetto. Non il numero (7).
Ecco il senso di quella definizione della democrazia politica di Toniolo come democrazia politica identificabile con sociocrazia democratica.
La democrazia, concepita come sociocrazia, presuppone l'accettazione della strutturazione della società in gruppi di interesse affini (classi) e la loro organizzazione professionale in associazioni giuridiche (le corporazioni).

2. Le associazioni di classe
Il valore personale, da un lato si manifesta e si sviluppa nella famiglia (organo e istituto sociale), dall'altro si perfeziona nelle classi sociali (gruppi affini per sede, per stato economico, per uffici, qualificabili come organi sociali) (8). In esse la ricchezza dell'ingegno, della virtù, dell'educazione, delle abitudini e della missione di ciascuno si consolida, avvalora e perpetua. Tali gruppi, qualora prendano coscienza di sé - qualora cioè scoprano e riscontrino nel proprio gruppo unità di fede religiosa, concordia di dedizione al dovere, sensibilità ai diritti reciproci, sentimento di carità che avvicina i componenti, desiderio di rispetto a tradizioni comuni, disponibilità al sacrificio costan¬te per il bene sociale - rendono consapevole la persona di uno speciale dovere morale da compiersi comunitariamente nella pluralità delle attività. A causa delle classi sociali consapevoli di sé, appare un orienta¬mento comune: la ricerca del bene di tutta la società, dell bene comune.
Le classi sociali sono giustificate perciò dalla legge provvidenziale di tendere ad un fine: la perfezione personale nella perfezione sociale.
Sono esigite dal dovere etico che ne scaturisce: tendere a quel fine in armonia con la natura autonoma e socievole della persona, conformemente alle doti che indicano la missione sociale dei singoli (9).
Le classi sociali sono così un fatto morale, sono esigenza della natura umana personale e sociale, sono pure un fatto necessario e storico (10).
Il cristianesimo è promozione della persona umana nella sua auto¬nomia e socievolezza e nella sua tensione al fine ultimo. Le classi sociali sono perciò un'istituzione cristiana per eccellenza (11).
Esse sono occasionate dalla diversità e gradualità di attitudini delle persone. Questa gradualità e diversità genera nella società di¬suguaglianze accidentali tra le persone e, di conseguenza, crea distin¬zioni e gerarchia di gruppi. Inoltre i molti e diversi compiti sociali specificamente diversi, pur convergendo al medesimo fine comune dell'intero consorzio umano, determinano classificazioni. Sorgono dun¬que le classi sociali, quali gruppi che riuniscono persone cointeressate da condizioni simili e scopi affini (12). Ma fin qui la classe è un «ceto di persone».
La classe non organizzata, priva di coscienza di sé, è detta da lui «ceto»; il nome «classe» si addice per Toniolo a quei gruppi sociali di cui sopra: che agiscono con coscienza di sé. Le classi in senso pieno sono quelle che «svolgono una autorevole rappresentanza comune, a beneficio di tutti i membri componenti, e particolarmente dei più deboli e numerosi fra essi» (13). In questo senso si possono intendere o concepire più che come organi, come istituti sociali: Toniolo lo fa.
Nelle classi sociali si rivelano e si accentuano i sentimenti di soli¬darietà sociale, di collaborazione generale, di senso del dovere; si scopre il valore proprio e la propria missione nella società.
In esse si esperimenta la vera democrazia. Nelle classi sociali infatti è evitato il dissolvimento nel collettivo e l'assorbimento poli¬tico; tra di esse - secondo lo spirito cristiano - vi è unità armoniosa, collegamento, scambio e reversibilità: passaggio da una all'altra (14)-
Le classi sociali, con la loro incidenza politica, sono atte a pro¬muovere le leggi più opportune per i vari campi dell'attività sociale. Escludono ogni privilegio e sono fautrici perciò di eguaglianza sociale nella pluralità (15).
La diversità e gerarchia delle classi non afferma diseguaglian¬za di base tra le classi: pur essendo la causa della loro origine, si contraddistingue come una diseguaglianza superficiale (16).
Le classi sociali si articolano con gli istituti pubblici detti corpora¬zioni o sindacati (associazioni rappresentative con valore socio-economico-politico); rinsaldano così la libertà e donano forza e valore ai più deboli (17). E ciò è democrazia cristiana (18).
Le classi sociali si dividono in «classi morali-civili» e in classi «economiche». Le prime sono impegnate a raggiungere i fini morali della società nell'ambito della religione, del diritto, della cultura, della politica. Le seconde sono orientate prevalentemente al raggiungimento dei fini economici materiali (19).
Le classi morali-civili emergono su quelle economiche «per la eccellenza e necessità indeclinabile dei loro uffici per la società e per lo Stato, rivestendosi del prestigio e dell'autorità di ceti dirigenti», ma ricevono stabilità e forza dalle seconde (20).
Entro questi gruppi fondamentali - classi morali e civili, classi economiche - si formano le singole classi. La spinta alla loro formazione nasce dalla coscienza personale della propria eccellenza unita ad un sentimento di capacità a fare il bene altrui e ad una sensibilità etica: «devo fare il bene altrui e ho il diritto di farlo in virtù di una legge morale superiore» (21).
La spinta al formarsi delle classi sociali viene anche da una ten¬denza: quella di voler ampliare e perpetuare la propria azione (ecco l'espansione sociale) (22).
La stabilità delle classi sociali è garantita dalla generazione, per cui i padri tendono a trasmettere le proprie funzioni sociali ai figli; dalla tradizione che collega le generazioni attraverso l'educazione, le consuetudini e le esperienze accumulate; dalla solidarietà sociale «che è convinzione di avere una distinta funzione nella società dal cui esercizio dipende il bene della classe coordinato al bene generale» (23); dalla coscienza di classe: «comunanza di ideali, doveri, diritti la quale sospinge e regge la operosità collettiva» (24); dal fatto economico che fornisce le condizioni materiali dell'esistenza; dalle virtù civili: lo spirito dell'ordine e dell'autorità, il senso del progresso e della libertà, la sollecitudine per gli interessi essenziali dell'umanità e la virtù di carità aperta alla società (25).
Lo spirito cristiano che anima le classi, in una democrazia cristiana, deve condurle ad evitare l'aspetto patologico.
È patologia delle classi sociali quella tendenza di incentrare in una sola classe le funzioni direttive, i diritti, i benefici economici; ciò è la negazione dell'assetto sociale, perché al di sotto della classe dominante organizzata e privilegiata, non si riconosce che moltitu¬dini (26).
È ancora patologico chiudere una classe all'altra, impedendo il reciproco passaggio dall'una all'altra; tramutare la reciproca emulazione in lotta di classe (27).
È fatale ritenere fulcro e leva della vita delle classi la ricchezza: questo conduce all'asservimento dei deboli, alla violenza e all'abuso delle leggi (28).
È erroneo fondare la gerarchia delle classi sulla nobiltà, sulla ric¬chezza o sulla cultura. La gerarchia sociale non è basata tanto sui diritti della ricchezza o su quelli della superiorità intellettuale, quanto su quelli inalienabili della persona umana (29). Ciò significa che nello scoprire la gerarchia e la posizione di preminenza delle classi si deve considerare la funzione svolta nel passato dalla classe e la capacità nel presente di porgere un valido servizio sociale (30). È allora il dovere di servizio che qualifica la posizione gerarchica delle classi, non altro: al di fuori è patologia.
L'ordinamento sociale per classi è necessario come sono necessari i suoi fini etici, giuridici, civili, politici ed economici. Le classi non possono scomparire dalla società, senza compromettere la società stes¬sa: la loro recisione o sparizione sarebbe un processo potologico contro natura (31).
Compreso il concetto di classe, è opportuno conoscere quello di corporazione. Questo ci permetterà una valutazione equilibrata della democrazia politica di Toniolo intesa come sociocrazia.


3. La corporazione
Concetto.
La corporazione nel suo concetto essenziale, separato quindi da ogni aspetto transitorio e patologico, è un' «associazione autonoma e permanente fra gli addetti ad uffici economici affini, allo scopo di rappresentare, proteggere e favorire gli interessi molteplici (materiali e morali) della propria classe coordinati a quelli delle altre classi gerarchiche della società» (32).

L'unione professionale.
Il sistema corporativo, inteso in senso lato, si esplica concretamente in una primissima forma elementare: l'unione professionale localestretta tra gruppi di componenti una determinata classe. Tale unione professionale non è unica dal punto di vista ideologico. In ogni circolo territoriale la classe può avere - conformemente alla libertà umana e alla libertà di coscienza - vari tipi di unioni professionali. L'unione professionale non può conglomerare coattivamente e pretendere di rappresentare anche persone di diverso programma politico, morale, religioso: si dà pluralismo di unioni professionali. «Questa libertà di erigere unioni professionali parallele, di diverso colorito e spirito, è decisiva» (33): l'unione professionale infatti è focolaio di convinzioni e non ha compito politico, ma sociale (34). Nell'organismo democratico cristiano queste unioni professionali dovrebbero essere confessionali; ma la confessionalità dell'unione professionale che si orienti all'ideolo¬gia democratico-cristiana dovrebbe esser, per Toniolo, un'accettazione palese e un pronunciamento pubblico per l'idea cristiana, per Cristo. In questo caso la parola «confessionalità» appariva a lui disadorna e inadatta, ma necessaria.
La confessionalità di tali corporazioni significava per lui identificarle con organismi di azione sociale palesemente cristiana; specificarle come «sodalizi» con «pratiche religiose» proposte e non esigite (35), orientati ad educare il popolo alla vita cristiana nella società: «una grande scuola pratica di educazione etico-religiosa» (36). Ciò significava pure coordinarle all'attività propria del clero (37), non a scapito della libertà d'azione (38), ma secondo uno scopo: animare l'azione (39) ed unire l'impegno di tutti, rispettando la competenza propria di ciascuno e subordinando tutti al fine religioso: a Cristo (40).
Toniolo riconosce che il loro essere religiosamente confessionali ripugna alla tendenza per la neutralità di tutte le istituzioni sociali (41); ma è certo che, salvaguardata l'autonomia di competenza, il contrario è un errore. Errore psicologico, perché ogni istituzione che non arriva al fondo dell'anima del popolo è morta (42); errore sociologico, perché le istituzioni durature e di valore sono solo quelle che servono ai fini spirituali e di civiltà, la cui base, anima e vertice è la religione (43); errore storico, perché le corporazioni neutre hanno condotto all'ateismo (44); errore pratico, perché le associazioni socialiste ispirate all'egualitarismo non sono certo a difesa della retta eguaglianza umana (45).
Se Toniolo dovette recedere circa l'attuazione di tali corporazioni, non ritirò mai l'idea della loro validità, pur con le debite accomodazioni (46), e ciò in vista di una loro necessaria funzione nella storia del progresso umano di civiltà (47).

La corporazione di classe.
L'unione professionale, connaturale ai soci più che alla classe, prepara le corporazioni vere e proprie: prepara le unioni professionali di classe.
Le forme tipiche sono due: quella semplice in cui la corporazione è costituita da soli proprietari (capitale) o da soli operai (lavoro), quella mista formata da padroni e lavoratori. Prevale praticamente il tipo di corporazione semplice.
La sua dote è l'unicità. Essa è più aperta dell'unione professionale, perché raduna i membri di una stessa professione, al di là delle convinzioni personali, in una associazione che cura gli interessi della professione considerata in se stessa.
Corporazione in senso stretto sono allora le unioni professionali nell'esercizio delle funzioni pubbliche, per cui si chiamano «corpi politici» (48) e sono organismi specifici con funzione di istituto sociale. Formano la rappresentanza qualificata di un settore di vita dello stato. Svolgono il compito politico mediante i delegati che li rappresentano (49).
La corporazione così intesa è l'associazione rappresentativa degli addetti ad una specifica professione ed è legata in solido al bene dell'in¬tera classe e dell'intera compagine sociale.
Tali corporazioni corrispondono alla seconda parte dello slogan a cui si ispirava Tomolo; «sindacato libero nella professione organizzata» (50).
Importanza.
Le corporazioni sono direttamente opposte all'individualismo ego¬istico e alla stratificazione massificante (51). Manifestano la legge organica della vocazione di ogni persona e di ogni ceto sociale per il bene comune; rendono pure palese la tendenza naturale della persona e della società ad integrarsi nello stato (52). Garantiscono la libertà, l'eguaglianza, la giustizia, la carità e la religiosità umana. Sono un baluardo della persona e della società. La libertà personale in esse è la¬sciata intangibile e integra. All'individuo non è negata libertà di movimento, possibilità di passare da una associazione all'altra, libertà d'azione. Tale libertà anzi è avvalorata dagli interessi dei consoci che condividono i medesimi intenti; è avvalorata anche dalla solidarietà interna e dalla personalità giuridica che l'associazione acquista all'esterno. Se vengono esigite mutue prestazioni e determinate osservanze che dirigono la libertà personale, si è tuttavia ricompensati di questa apparente coartazione dai vantaggi che derivano da una ordinata convivenza civile, come la più facile prosecuzione del risultato finale.
L'associazione professionale animata dal cristianesimo conserva poi l'egualianza della persona. Se l'associazionismo cristiano impone delle specificazioni che pongono una certa distinzione tra i gruppi e tra le persone, cionondimeno non viene sminuita l'eguaglianza personale; ma stimolata la persona al progresso (53). Il sistema corporativo non elimina, ma promuove l'eguaglianza e la sviluppa. L'associazionismo professionale infatti, se esige autonomia, la vincola tuttavia, poiché presuppone la libertà altrui e la possibilità di intervento dello Stato contro ogni abuso (54).
La giustizia e la carità sono rispettate. Le corporazioni infatti sono applicazione del cristianesimo che è promozione di tutti. Ora la mora¬le cristiana esige l'attuazione della giustizia e carità verso tutti; e se questo «verso tutti» non è realizzato nella società, le corporazioni, avvalendosi del diritto naturale di associazione, lo rendono attuale, Esse fanno così opera di giustizia e di carità cristiana nella tranquillità di un ordine gerarchico operoso, ossia nella pace (55).

Funzione.
Se la classe è un prodotto essenzialmente morale, economico, storico della società, la corporazione è il riconoscimento giuridico-civile della prima (56). Corrisponde alla necessità di una struttura ordinata, organica della società in vista di veraci progressi sociali in favore delle classi meno progredite, quindi in vista di una società più democratica. La corporazione assume il ruolo di istituzione in cui le moltitudini possono prendere dignitosa coscienza di classe, sentire la comunanza di interessi, la validità dei diritti privati, la solidarietà fra tutti e il sostegno di una rappresentanza collettiva permanente (57).
Secondo Toniolo la corporazione dovrà assumere l'aspetto di una istituzione sodale-politica obbligatoria (58) - l'obbligo non toglie nulla alla libertà e dignità umana, ma la avvalora perché è una obbligatorietà che riguarda il dovere di tutelare la propria dignità umana e li¬bertà (59) - e sarà il cemento di una società fondata su Cristo (60).
Ma perché ciò avvenga è necessario, ritiene Toniolo, che le associazioni corporative nascano spontaneamente, acquistino sempre maggior valore sociale, e quindi, con l'evolversi delle situazioni storiche (61), esercitino una funzione giuridico-amministrativa nel paese; assumano cioè pieno valore civile-politico (62).
La funzione del sistema corporativo dunque è quella di dare costituzione organica alla classe; assumerne la rappresentanza economica, giuridica, civile; custodirne i valori; interpretarne la vocazione sociale e le aspirazioni; sostenerla nel soddisfacimento delle sue esigen¬ze conformi alla dignità umana e alle sue necessità, quali il diritto e il dovere di autoelevazione; realizzarne la vocazione sociale in armonia e collaborazione con le altre classi e nella giusta autonomia in seno alla nazione (63). Ma è propriamente la professione organizzata nella corporazione (in senso stretto) quella che svolge un compito politico.
Essa tuttavia non lo svolge in modo pieno, perché essa è solo sulla soglia dell'attività politica propriamente detta: di quell'attività intesa come governo diretto della vita complessa dello Stato e che compete al Governo e al Parlamento.
La corporazione svolge una funzione politica non direttamente, ma attraverso i suoi rappresentanti. Questi ultimi, eletti nella classe in proporzione numerica delle corporazioni, formano un «ente complesso» con il compito di rappresentare e amministrare gli interessi generali economici dello Stato (64).
Attraverso vari corpi rappresentativi gerarchici le corporazioni lo¬cali, comunali, provinciali, regionali giungono all'unico organismo denominato Consiglio supremo. In questo organo corporativo supremo sono presenti, per elezione proporzionale, i rappresentanti delle varie corporazioni di classe, i quali, pur conservando le loro diverse ispirazioni ideologiche (65), tendono all'unico scopo di realizzare i fini dell'economia, i beni del progresso materiale e spirituale per i singoli e per la società in vista della civiltà, bene supremo della nazione.
Attraverso tale organo consultivo le corporazioni ricongiungono le classi sociali e la società intera allo Stato: ricongiungono la vita reale della società al compito dello Stato. Il Consiglio supremo agisce sul parlamento con il peso dell'opinione di tutte le corporazioni confederate, le quali svolgono deliberazioni e provvedimenti sociali all'interno di se stesse, godono personalità giuridica e sono collegio elettorale del parlamento stesso. Persino il parlamento dovrà trasformare se stesso in forma corporativa (66). Tutti gli organi politico-amministrativi dello stato dovrebbero anzi trovare il personale nei delegati eletti dalle corporazioni gerarchicamente e organicamente coordinate ad un settore di vita dello Stato. Tali delegati sarebbero specifìcamente competenti e qualitativamente rappresentativi (67) della missione, doveri e diritti dei vari ceti sociali.
Le corporazioni confederate dovrebbero anzi divenire organi affiancanti l'azione giuridica, legislativa e amministrativa dello Stato (68).
Giuridica: svolgendo opera di conciliazione tra le parti contendenti (capitale e lavoro) o pronunciando giudizi arbitrali efficaci attraverso le proprie istituzioni interclassiste.
Legislativa: coordinandosi o subordinandosi all'azione legislativa dello Stato attraverso la consultazione, l'informazione e la promozione della legislazione sociale dello Stato.
Amministrativa: vigilando sull'applicazione della legislazione economico-sociale.
Qui si scorge l'autentica democrazia dell'ordine sociale cristiano proposto da Toniolo. Vi è infatti ampiezza di base nella vita politica; rispetto della dignità e del valore di ogni cittadino; organizzazione dello Stato in funzione della società; collegamento delle reali esigenze del popolo laborioso con gli indirizzi politico-amministrativi provenienti dall'alto; accentuazione del senso di responsabilità e di collaborazione; esclusione del sistema di lotta di classe; appello ad una necessaria maturazione della persona umana; coordinamento del capitale al lavoro.
La corporazione, favorita dai regimi assolutisti e legittimisti, abolita dai governi liberali, veniva così riproposta da Toniolo contro l'individualismo e il collettivismo, quale strumento cristiano di ele¬vazione economica, sociale e civile, e come via alla autentica civiltà (69).
Sembra giusto perciò concludere con A. Ardigò (70) che chi svaluta l'idea corporativa di Toniolo, svaluta il diritto innegabile di natura che è il comporsi in associazioni di classe semplici o miste, oppure fraintende il suo pensiero che preannuncia il sindacato democratico dei nostri giorni e non il corporativismo istituzionalizzato misto, partigiano di una classe ed espressione del potere imperante (71).


4. Sintesi
Toniolo vedeva la realtà economico-sociale politica ordinata in questo modo. Ceti eretti sulla ricchezza mobile e immobile, sull'agricoltura, sull'industria, sul commercio; e ceti eretti su una triplice nobiltà: delle dignità, del sapere, degli uffici pubblici (72). Riassumevaquesta realtà in tre classi supreme: quella fondiaria, quella della ricchezza e quella spirituale (73). In ciascuna classe scorgeva le profes¬sioni. Asseriva la inalienabile superiorità del lavoro sul capitale; della persona sulla collettività; della società sullo Stato. Programmava, ispirandosi al Vangelo, una «sociocrazia cristiana» (74) che sostituisse l'aristocrazia sociale e di governo con la democrazia fondata sul lavoro, ove ogni persona fosse al centro dell'interesse sociale e trovasse dignità, rispetto, servizio in ordine ai suoi fini (75). Per questo egli favorì il sistema corporativo che, riaffermando la classe, riproponeva la dignità della persona, l'importanza del lavoro e l'eccellenza della democrazia; per questo egli sostenne che «tutti i corpi politici rappresentativi devono uscire, in qualche modo almeno, da enti corporativi di classe, ripondenti ad altrettanti collegi elettorali permanenti» (76).
Per esemplificare.
Dalla piccola rudimentale unione professionale nel campo del commercio, dell'industria e dell'agricoltura, si doveva passare al consiglio d'azione, di officina, di azienda colleganti le unioni professionali con i datori di lavoro. Dalle unioni professionali semplici degli operai e dei detentori del capitale si doveva arrivare alla corporazione semplice federata, formata dai rappresentanti delle varie unioni dei settori del commercio, industria, agricoltura.
La corporazione semplice federata doveva avere potere legislativo interno, autorità di decisione in campo economico, personalità giuridica, e costituire un collegio elettorale; entrare in rapporto con quella parallela attraverso la Commissione mista d'intesa; eleggersi l'Assemblea locale dei rappresentanti.
La confederazione di corporazioni semplici doveva ripetersi attraverso i rappresentanti eletti, con medesime funzioni e proprietà, su scala comunale, regionale, nazionale, entrando sempre in rapporto con le corporazioni semplici confederate parallele attraverso le Commissioni miste d'intesa. Si giungeva così al Consiglio supremo (Assemblea nazionale, Consiglio sindacale) affiancante il parlamento.
Il parlamento stesso doveva assorbire in sé il sistema corporativo: qualificarsi in tal senso più che in linea partitica, per svolgere una funzione di reale servizio alla società, alle classi, alle persone, in corrispondenza alle vissute necessità del paese (77).
Uno stato così strutturato doveva aprirsi infine all'associazione internazionale. La Chiesa allora, ricollegando i «distinti circoli auto¬nomi» delle società organiche «all'umanità universale», avrebbe dato origine all'«unico vero ordine sociale»: l'ordine sociale cristiano che unisce le nazioni nel compito della civiltà (78).



NOTE
(1) G. TONIOLO, Una pagina della filosofia della storia: O.O., Serie V, vol. 2,
p. 294.
(2) G. TONIOLO, Una grande quistione: O.O., Serie V, vol. 2, p. 262.
(3) G. TONIOLO, Una grande quistione: O.O., Serie V, vol. 2, p 262.
(4) R. ANGELI, La dottrina sociale di G. Toniolo, Pinerolo, Alzani, 1956, pp.
102-103.
(5) G. TONIOLO, La democrazia cristiana: O.O., Serie III, vol. 2, p. 57, nota 1.
(6) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte...: O.O., Serie IV, vol. 2, pp.
212, 216, 217-218.
— Una pagina della filosofia della storia, op. cit.: L. cit., p. 294.
(7) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte..., op. cit.: L. cit., pp. 217-218.
(8) L'organo sta alla base dell'esistenza della società; l'istituto sociale è un elemen-
to che ne compone la struttura, non tanto per l'esistenza quanto piuttosto per l'azione
vitale della società stessa.
(9) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti sociali..., op. cit.: L. cit., pp. 132-133.
(10) G. TONIOLO, id., p. 133.
(n) G. TONIOLO, id., ivi.
(12) G. TONIOLO, Introduzione all'economia sociale: O.O., Serie II, vol. 2, p. 112.
(13) G. TONIOLO, L'Unione cattolica per gli studi..., op. cit.: L. cit., p. 99.
(14) G. TONIOLO, Introduzione all'economia..., op. cit.: L. cit., pp. 123-124.
(15) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti soc...., op. cit.l. cit., p. 137.
(16) G. TONIOLO, Introduzione all'ec...., op. cit.:L. cit., p. 112.
(17) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti soc...., op. cit.: L. cit., pp. 135, 137.
(18) G. TONIOLO, id., pp. 133, 135, 136, 137.
(19) G. TONIOLO, Introduzione all'economia..., op. cit.: L. cit., p. 113.
(20) G. TONIOLO, id., p.117.
(21) G. TONIOLO, id., p. 118.
(22) G. TONIOLO, id., ivi.
(23) G. TONIOLO, id., p. 120.
(24) G. TONIOLO, id., ivi.
(25) G. TONIOLO, id., pp. 119-123.
(26) G. TONIOLO, Introduzione all'economia..., op. cit.: L. cit., p. 123.
(27) G. TONIOLO, id., ivi.
(28) G. TONIOLO, id., pp. 112-113.
(29) G. TONIOLO, La democrazia cristiana: O.O., Serie III, vol. 2, p. 64.
(30) G. TONIOLO, id., p. 63.
(31) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte intorno alla costituzione corpora-
tiva delle classi lavoratrici: O.O., Serie IV, vol. 2, pp. 200-201.
— Introduzione all'economia sociale: O.O., Serie II, vol. 2, p. 128: «L'età contem¬poranea credette di abolirle; invece trovasi alle prese col fatto di due classi gigante¬sche, cioè coll'impero della classe capitalistica e colla gestazione convulsiva della classe operaia » (ivi).
(32) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali popolari: O.O., Serie IV, vol. 1, p. 143.
(33) G. TONIOLO, Problemi discussioni proposte, op. cit.: L. cit., p. 210.

(34) G. TONIOLO, id., p. 215. La politica è attuata dalla classe solidariamente; non dal gruppo nella classe. Lo strumento è la corporazione di classe.
(35) G. TONIOLO, Momento urgente e soluzione imperiosa: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 147.
(36) G. TONIOLO, id., p. 145.
(37) G. TONIOLO, id., p. 149. «Tutto ciò sotto l'alito vivificante della religione
mantenuta da un assistente ecclesiastico». Fu l'idea che ispirò le ACLI in Italia fino
alla svolta nettamente politica, 1969.
(38) G. TONIOLO, id., p. 152.
(39) G. TONIOLO, id., p. 151.
(40) G. TONIOLO, id., ivi. Questo orientamento corrispondeva all'indirizzo di azione
cattolica sociale confessionale, sia pure di ispirazione democratica, cioè popolare, dato
dalla gerarchia in seguito alla crisi suscitata dall'Opera dei Congressi. Azione cristiana,
non identificabile con azione politica, imponeva una scelta nettamente confessionale
per ogni movimento e associazione cattolica che avesse intendimenti sociali e prospet-
tive politiche. Cfr.:
— id., pp. 147-148.
— Le Unioni rurali cattoliche al congresso di Pavia: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 106. Vedi anche lo Statuto: p. 113, art. 3; p. 116, art. 11.

(41) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali..., op. cit.:L. cit., p. 171.
(42) G. TONIOLO, id., p. 172.
(43) G. TONIOLO, id., ivi.
(44) G. TONIOLO, id., ivi.
(45) G. TONIOLO, id., p. 173.
(46) G. TONIOLO, Lettera aperta a Gastaldis: O.O., Serie IV, vol. 2, pp. 49-50.
(47) G. TONIOLO, I sindacati obbligatori: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 126.
— A Sua Santità Pio X: O.O., Serie VI, voi. 3, pp. 362-367.
(48) G. TONIOLO, Problemi, discussioni..., op. cit.: L. cit., p. 215.
(49) G. TONIOLO, id., p. 139.
(50) D. CAPONE, op. cit., p. 18.
(51) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali..., op. cit.: l. cit., pp. 142, r49.
(52) G. TONIOLO, Le Unioni rurali cattoliche al Congresso generale di Pavia, op.
cit.: L. cit., pp. 97-98.
(53) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali popolari: O.O., Serie IV, vol. 1, p. 157.
(54) G. TONIOLO, id., p. 158.
(55) G. TONIOLO, id., pp. 163-164.
(56) G. TONIOLO, La costituzione del Senato e l'ordinamento di classe: O.O., Serie
IV, vol. 2, p. 275, nota 1.
(57) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti soc...., op. cit.:L. cit., p. 67.
{58) G. TONIOLO, I sindacati obbligatori: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 126.
(59) G. TONIOLO, id., pp. 120-126.
(60) G. TONIOLO, id., p. 125.
(6r) G. TONIOLO, id., pp. 120, 126.
(62) G. TONIOLO, id., p. 123.
(63) G. TONIOLO, Le Unioni rurali cattoliche al Congresso di Pavia, op. cit.: L.
cit., p. 96.
(64) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte..., op. cit.: L. cit., p. 216.
(65) G. TONIOLO, id., p. 217, nota 1 di p. 216.
(66) G. TONIOLO, id., pp. 217-218.
(67) G. TONIOLO, id., p. 217. L'ispirazione ideologica diversa avrebbe in parlamento
il numero di seggi proporzionato ai delegati che, rifacendosi a unioni professionali di
diversa ispirazione, fossero eletti in numero proporzionato alla quantità degli associati
delle stesse.
(68) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte..., op. cit.: L. cit., pp. 205-207.
(69) G. TONIOLO, Le unioni professionali...: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 26r.
(70) G. TONIOLO, Prefazione: Democrazia cristiana. Istituti e forme, vol. 1: O.O.,
Serie IV, vol. 1, pp. XXXIV-XXXVII.
(71) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte..., op. cit.: L. cit., p. 209.
(72) G. TONIOLO, La costituzione del Senato..., op. cit.: L. cit., pp. 290-291.
(73) G. TONIOLO, id., p. 293.
(74) G. TONIOLO, id., p. 294.
(75) G. TONIOLO, Le unioni professionali nei loro principi informativi: 0.0., Serie
IV, vol. 2, pp. 256-261.
(76) G. TONIOLO, La costituzione del Senato..., op. cit.:L. cit., p. 290.
(77) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali popolari, op. cit.: L. cit., pp. 145-148”La Scuola di Barbiana”,Lettera ad una professoressa, Firenze L.E.F., 1972, pp. 75-76
scrive:
“Fra gli studenti universitari, i figli di papa’ sono l’86,5%. I figli di lavoratori dipendenti il 13,5%. Fra i laureati i figli di papa’ 91,9%, i figli di lavoratori dipendenti l’ 8,1%”.(p75).
Con questo voleva dimostrare che la societa’ e’ classista, selezionatrice in vista di un’unica classe. Gli stessi autori scrivono:
“Le segreterie dei partiti a tutti i livelli sono saldamente in mano ai laureati.”
“ I partiti di massa non si differenziano dagli altri su questo punto. I partiti dei lavoratori non arricciano il naso davanti ai figli di papa’. E i figli di papa’ non arricciano il naso davanti ai partiti dei lavoratori. Purche’ si tratti di posti direttivi. Anzi e’ fine ‘essere con i poveri’. Cioe’ non proprio ‘coi poveri’, volevo dire ‘a capo dei poveri’...”
E in nota soggiungono: “ Il colmo della raffinatezza e’ appartenere ad un partitello senza massa (socialproletario o cinese)” (nota 68, p.76).
“Quanto ai candidati per le lezioni”- soggiungono poi – “Le segreterie dei partiti preparano le liste... Le ornano in fondo di qualche lavoratore...Poi provvedono che le preferenze vadano ai laureati: “Lasciate fare a chi sa. Un operaio alla Camera si troverebbe perso. E poi il dottore e’ dei nostri”( p. 76).
E cosi’ vanno alla Camera – dice il testo – vanno alla Camera coloro che meno rappresentano lo Stato: “ Vanno a far leggi nuove quelli ai quali vanno bene leggi vecchie. Gli unici che non sono mai vissuti dentro alle cose da cambiare e che quindi non sono veramente da dirsi capaci di fare una autentica e rispondente politica: non sono competenti di politica”(p.76).
E’ interessante la statistica che gli autori presentano.
“Alle Camere i laureati sono il 77%. Dovrebbero rappresentare gli elettori, ma gli elettori laureati sono l’ 1,8 %. Operai e Sindacati alle Camere 8,4%. Fra gli elettori 51,1%.
Contadini alle Camere 0,1%. Fra gli elettori 28,8%” (p.76).

Queste affermazioni, adatte a quel tempo, conservano ancor oggi la loro validita’ in quanto ci mettono una pulce nell’orecchio, ossia che nel nostro Stato non sia ancora la societa’ reale che governa se stessa; e dimostrano che la democrazia potrebbe essere ’ puramente formale: riconfermano cosi’ la validita’ della propota di Toniolo. E’ evidente che l’ elit deve governare la massa; ma l`elit deve essere formata attraverso la politica democratica che in modo democraticamente civile promuova la persona a qualsiasi classe appartenga perche’ raggiunga quel posto di servizio nel paese che le sue doti richiedono. La politica, ancora una volta, non deve promuovere una sola classe o una consorteria subdola di persone, non un solo gruppo della societa’, ma tutta la societa’; la politca non deve promuovere se stessa, ma il bene e le esigenze di tutti.
(78)G. TONIOLO. Introduzione all' economia sociale: O.O., Serie II, vol. 2, p. 73.









CONCLUSIONE


1- La societa' di vera civilta'.
2- La democrazia di Toniolo.












1. La società di civiltà

Tutti i tentativi di strutturare la società, partendo solo dall'alto, non approdano in definitiva che ad una organizzazione non pienamente umana, collettivista. La salvezza sociale non può venire se non dalla energia che passa dal basso: dalla persona rigenerata da Cristo. Lo spirito evangelico di dignità personale e di servizio, attraverso la persona, sale alla formazione della società etico-civile, alla formazione cioè della comunità umana di civiltà. Le forze profane autonome di questa comunità, permeate dal cristianesimo, operano nel loro ambiente con una modalità nuova: individui, classi sociali, associazioni e lo Stato attuano la loro azione sociale secondo coscienza,con senso di unità e di solidarietà, democraticamente. Si va realizzando così la democrazia di civiltà che, passando attraverso quella sociale, si esplica in quella economica, giuridico-civile e politica; ma il cui punto forza è la Parola di Dio, il Vangelo, che si incarna nella vita dell’uomo credente, che la traduce nella realta’.
Tutti i tentativi, che vogliono strutturare una società di salvezza in cui esista autentica civiltà, non possono passare se non attraverso una comunità rigenerata dal cristianesimo e da esso strutturata in democrazia autentica. Quest'ultima è la democrazia evangelica: ove il più forte è a servizio del più debole.
Si scopre e si afferma oggi ciò che la polvere del tempo aveva fatto dimenticare, ed è stato detto da Toniolo. L'impegno sociale «può avvenire solo sulla base della consapevolezza che il principio democratico, fondato sul trionfo della quantità, è destinato a trasformarsi nel principio dell'oppressione e dell'assolutismo, se non viene riempito di un valore umano illuminato dalla fede.
La democrazia, nata politica, nel secolo diciannovesimo è divenuta sociale nel secolo ventesimo; è necessario però compiere un altro passo: trasformare la democrazia da politico-sociale in democrazia etico-morale(1).
La storia dunque costringe gli increduli a riconoscere quale sia la strada giusta per la costruzione di una autentica società civile: quella dell'autentica democrazia nata dal Vangelo.
...Toniolo l'ha indicata.


2. La democrazia di Toniolo

Oggi ci si lamenta che il tipo di democrazia politica a regime parla¬mentare puro, o regime parlamentare elettivo, manipolato da blocchi partitici ha condotto ad una democrazia per nulla rispondente alle esigenze della dignità della persona, la quale si sente manipolata e insoddisfatta nelle sue reali esigenze e incerta sul futuro(2).
Si dà la causa di ciò ad un concetto di democrazia parziale.
Si è confusa cioe’ la democrazia politica con la democrazia partecipata,sociale: la sostanza della democrazia è stata subordinata a ciò che di essa è solo parte: non si è capito il concetto di autorità e di libertà e il loro rapporto. Si sente allora il bisogno di trovare un nuovo «ancoraggio» (3) per sanare il senso di sfiducia (4) nato da questo parziale naufragio della democrazia: sembra che la comunità dei credenti con la sua storia e con la libertà, che le viene da Cristo, abbia da dire una parola nuova su questo problema (5).
Si invoca, ancora, una «rivoluzione culturale» di fronte ad un'auto¬rità che si fonda solo su rapporti di forza o di diritto formale, senza una precisa coscienza di servizio alla società; si sostiene la necessità del «contro potere» di fronte ad un potere non veramente democratico; e si prospetta un potere inquadrato in un nuovo sistema di valori democratici (6).
È il caso di domandarsi allora se la chiarificazione di Toniolo circa la democrazia, se il suo dire che la vera democrazia nasce dalla croce ed è servizio, se il suo porre alla base di ogni democrazia la demo¬crazia sociale illuminata dalla fede, se la sua soluzione democratico-politica che prospetta una “sociocrazia”, non sia la soluzione migliore alle incertezze del mo¬mento.
Si invoca una democrazia che sia veramente al livello di base, che investa tutti i campi della vita: da quello economico a quello politico, a quello ecclesiale. Si propugna una «rivoluzione copernicana» che veda sorgere i consigli di fabbrica, di scuola, di quartiere, di caserma, i quali gradualmente diano maggior significativita’, garanzia e valore ai partiti politici (7).
Si sostiene la democrazia diretta, intesa come «la partecipazione cosciente operaia a tutte le decisioni» (8).
Ma questa «rivoluzione copernicana», questa «democrazia diret¬ta»,... ha già trovato il suo ideologo in Toniolo con il concetto delle corporazioni o sindacati, a tal punto attivi nella vita del paese fino a formare una sociocrazia politica.
È interessante che da alcuni si chieda di liberare l'operaio dallo sfrut¬tamento, dall'eterodirezione, dall'alienazione..., con metodi (9) - escluso quello di lotta di classe - tanto vicini a quelli che prima non si vollero accettare, nemmeno nel loro principio: il corporativismo (10).
Toniolo ha portato dunque un contributo ideologico di va¬lore!
Si e’ iniziato a parlare di democrazia come «potere degli esclusi» (11). E a questo già pensava Toniolo quando presentando Georges Goyau e trattando della sua morte riferiva le sue parole oscure dette prima di morire: «Pregate per i popoli che non sono!». Toniolo ha dato una risposta all'esigenza sfacciata di oggi: la democrazia come potere violento degli esclusi, allorché tratteggiò magistralmente le linee di una democrazia di civiltà: la democrazia ispirata al Vangelo, la Buona Novella per i popoli che non sono.
Ma la sua dottrina non è violenta, né distruttrice: non vuole la rivoluzione per costruire sulle rovine; la sua dottrina è fondamentalmente costruttrice. Costruttrice perché opposta a quel concetto di democrazia saturo di odio di classe, come quello che apparve da queste righe: «La democrazia è frutto di una continua lotta della classe degli esclusi contro la classe dei potenti ed è tanto più perfetta quanto più classista, cioè tesa ad individuare gli esclusi per dare loro tutto il potere contro gli oppressori.
La via per attuare la democrazia non può essere che il sovverti¬mento rivoluzionario delle strutture attuali, mediante una lotta, che contrapponga al potere del capitale il potere della forza del lavoro. Si tratta dunque di far nascere dappertutto nuclei di contro-potere, in modo che ogni momento della lotta prefiguri le forme della società socialista» (12).Parole che anticiparono la pseudo-ideologia e la lotta armata della Brigate Rosse.
Queste righe sono colme di parole senza futuro, perché il futuro non è distruzione, ma costruzione «con». La dottrina di Toniolo è invece costruttrice, è aperta al futuro dunque, è allora perenne.
È vero infatti che «l'ingiustizia e la violenza di un sistema non scompaiono da sole» (13); ma è pure certo che la violenza conduce a piangere sulle rovine di ciò che, pur valido, non è più perché distrut¬to. La violenza infatti oltrepassa la ragione: lo conferma la storia dell'uomo, e contro i fatti non ci sono argomenti! È pure vero che nel secolo scorso, di fronte al problema sociale ed economico da risolvere, si prospettò la rivoluzione anarchica e distruttrice per rifare sulle rovi¬ne fumanti di odio ciò che il disimpegno delle classi privilegiate si era rifiutato di fare.
Ma è vero pure che, proprio allora, il movimento democratico cattolico, a cui si ispirò Toniolo e di cui fu ideologo in Italia, si mosse e prospettò la soluzione del problema partendo dall'autoelevazione e, attraverso una educazione e riforma tenace partita dal basso, ha costruito organismi sociali e ha organizzato a dignità di classe chi non era nulla sui piano sociale ed ha aperto le classi al senso della solidarietà e del servizio, introducendo una democrazia, che, solo in quanto non è attuata o in quanto non è compresa, è osteggiata e diffidata: la demo¬crazia del Vangelo, che ora disperatamente si cerca.



NOTE
(1) G. MORRA, Antropologia cristiana e impegno politico: Studi cattolici, 104 (1969) 755-761.
(2) S. QUINZIO, L'antico discorso dei rapporti fra autorità e libertà: Momento, 21 (1969) 23-24.
(3) G. MOSCA, Teorica dei governi e governo parlamentare, Milano, Ed. Giuffrè 1968. Citato da S. Quinzio, art. cit., pp. 22-24.
(4) S. QUINZIO, art. cit., pp. 23-24: «si resta ancorati e si finge di credere a un sistema nel quale non è più possibile credere... questa coscienza divisa è il rischio più grave per il futuro».

(5) S. QUINZIO, id., p. 24.
(6) A. MESTI, / valori autentici della base: Momento, 21 (1969) 26.
(7) G. ZANI, Una democrazìa a livello di base: Momento, 21 (1969) 28-30.
(8) R. INFELISE,, La democrazia diretta: Momento, 21 (1969) 16.
(9) R. INFELISE, id., p. 20.
(10) G. SPADOLINI, L'opposizione cattolica, Firenze, Vallecchi, 1954, pp. 243-261.
(11) P. ICHINO, La democrazia come potere degli esclusi: Momento, 21 (1969),
pp. 30-34.
(12) P. ICHINO, art. cit., p. 34.
(13) Ibid., p. 34.