lunedì 29 aprile 2013

La filosofia nel pensiero di Toniolo.


scheda


F


La filosofia cristiana 
nel pensiero diToniolo

      E' quella filosofia che si pone tra il sacro della fede ed il profano del mondo e ne fa da collegamento. 
Per lui la filosfia cristiana e' l'impulso necessario ad ogni impegno scientifico secolare,che voglia avere durata .

Considera filosofia cristiana quella che definisce "tradizionale" e si collega alla filosofia scolastica.

Di essa dice:
" La filosofia tradizionale cristiana esprime un ordine di veri dimostrati (accertati), i quali danno ragione alle cause prime ed ultime dell'universo: l'ordine reale obiettivo degli esseri, stabilito da Dio". 
E' pertanto filosofia "razionale positiva (obiettiva ) per eccellenza". 
Essa  ha ricevuto "forma sistematica" da San Tommaso e nome di "scolastica". 
La filosofia cristiana tradizionale trova "conferma superiore" sebbene "estrinseca nella Bibbia, nel Vangelo e nella Tradizione cristiana". 
"Per questo -asserisce Toniolo-  fu detta filosofia perenne dell'umanita' ". 

Ne chiarifica quindi la validita' e i limiti dicendo:

"E' percio' stesso sempre viva e progrediente, in quanto di sua natura e' adatta ad assimilarsi tutte le conquiste successive che valgano ad illustrare ed integrare la suprema concezione (Weltanschauung) della realta' degli esseri. Chi ignori , offuschi o neghi qesto carattere della filosofia cristiana confessa, suo malgrado, il proprio difetto o di onesta' scientifica, o di comprensione filosofica, o di cultura storica".
Preciza pero' che "altro e' dire in che consista la sostanza immutabile della filosofia cristiana tradizionale scolastica, altro e' asserire che essa, riguardo ai principi informativi si sia sempre mantenuta pura nello schietto filone dottrinale, senza che si siano introdotte correnti torbide o deviatrici, e che rispetto alla sua ingenita virtu' di svolgimento, d'applicazione, d'assimilazione (derivante da que' principi stessi) non abbia subito in certi momenti storici rallentamento od arresto. Appunto perche' essa e' razionale, positiva e storica-tradizionale- per eccellenza, la filosofia cristiana puo' ripetere il passo di Terenzio: 
"Homo sum, nihil humani a me alienum puto".
"Ma cio' non toglie  che essa sia quello che e' per sua originaria essenza, e che non possieda in questa l'insita capacita' di perenne e progressiva espansione".
La filosofia cristiana va percio' colta nelle sue fonti genuine e va messa a confronto con i nuovi sistemi filosofici. Di qui nasce anche la necessita' di aggiornarla nell' "adoperare  linguaggio e metodi adatti all'odierna cultura", non rifusando inoltre di sfruttare i suoi "lumi ed indirizzi" in vista di sviluppare ed approfondire le ricerche scientifico-positive.(1)

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(1) Il suo pensiero, espresso in occasione della diversa accoglienza fatta nel mondo all' Enciclica "Pascendi" dell' 8 settembre 1907,  e' tratto da:
Toniolo Giuseppe, Le premesse filosofiche e la sociologia contemporanea: Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie(1908), in Scritti spirituali, religiosi, familiari e vari, vol.  2:
Opera Omnia di Giuseppe Toniolo, serie V, , vol 2, pp.119-121.

lunedì 15 aprile 2013

Incivilimento


I
Scheda


Incivilimento(1)

L'ideale del progresso umano e' la civilta'.
Ma la sua attuazione per gradi di ascensione e' l'incivilimento, che si puo' intendere come una progressione di attuazione della civilta'(p.247), un processo che tende a perfezionare cio' che esso conserva.(p. 10). L'incivilimento e' quindi una progressione storica, dinamica e vitale della civilta'.
Poiche' la democrazia e' promozione della persona umana nelle sue dimensioni individuali e sociali attraverso la garanzia della liberta' civile (pp.122-124), l'incivilimento non sara' tale se non sara' pure democratico e cristiano.
Quale speranza infatti puo' avere un popolo di progredire  ed approfondire la sua civilta' se in mezzo ad esso " la personalita' ha smarrito il concetto della propria dignita', si e' pervertito il cartattere morale, la famiglia non e' piu' un santuario, la casa un nido, un rifugio; ove e' fiacco lo spirito di associazione e dove, spente le ardite iniziative private, l'individuo e' ridotto ad un congegno della poderosa macchina dello Stato o ad un atomo incosciente del futuro collettivismo?..."(p.123).
Ma l'incivilimento e' strettamente legato anche al Crisianesimo ed alla Chiesa.
" I fini universali e perenni dell'incivilimento si confondono con quelli stessi della Chiesa"(p.190).
" Il fine ultimo del cristianesimo, quello dui una rigenerazione spirtuale e quindi di un perfezionamento indefinito dell'umanita'... fa coincidere l'essenza e i fini propri della civilta' con la sostanza e con  fini ultimi della religione"(p.213).
Non e' possibile spiegar l'incivilimento con i soli  fattori naturali-umani. "Esso e' massimamente opera del sovrannaturale divino"(p.230).
"L'inicivilimento fu sempre una immensa opera di educazione dell'umanita', adempiuta da quel grande educatore che e' Dio"(p. 266).






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(1) Giuseppe Toniolo, Indirizzi e concetti sociali all'esordire del secolo XX:
Democrazia cristiana, vol. 2. Concetti e indirizzi vol.2: OO serie III, vol.3, pp.1-182.

domenica 7 aprile 2013

Toniolo e sua chiave di lettura pasquale.

Toniolo va letto alla luce della Pasqua. Cio' significa che la sua lettura premette l'accettazione dei pensieri seguenti che sono di carattere biblico e teologico, ma che si fanno realta' nella vita sociale e politica.



« Liberazione » è uno dei termini che maggiormente polarizzano e

 affascinano i giovani, nella loro ricerca di un mondo svincolato dalle troppe 

catene che ancora lo tengono in oppressione. Ma da chi ci viene questa 

liberazione? Basta lo sforzo dell'uomo, la sua lotta appassionata per una

 maggiore libertà, dignità, giu­stizia? E a quali livelli è necessario agire?

Sono le strutture che modellano l'uomo, dicono alcuni. 

Cambiamo le strutture e ne risulterà cambiato l'uomo. E allora?... 

Lottiamo per far cadere le strutture ingiuste e anacronistiche della nostra 

società. 

È certo che le strutture hanno la loro importanza nel modellare l'uomo, 

renderlo libero o schiavo !... 

Ma il cristiano sa che la radice profonda del dramma deve essere cercata nel 

profondo dell'uomo, là dove si giocano le sue scelte fondamentali tra 

l'egoismo è la donazione. 

La prima e più radicale liberazione, da cui tutte le altre sono condizionate,

 è la liberazione dal peccato, questo cancro che corrode l'uomo nel suo 

profondo, che intacca i tessuti della vita sociale, che avvelena i rapporti e

 spezza la comunione. 

Cristo risorto è venuto a garantirci questa liberazione, radice e base di ogni 

altra liberazione.

 Liberazione dal peccato significa liberazione dalla più radicale alienazione 

che insidia l'uomo. 

Dove questa liberazione non è avvenuta, si è visto che il crollo di strut­ture 

ingiuste ha troppo spesso aperto lo spazio per altre strutture che non 

hanno saputo rispettare l'uomo.

L'uomo « nuovo » è soltanto l'uomo pasquale, che ha ricevuto da Cristo,

in uno sforzo di collaborazione fecondo, la sua liberazione. 

E le comunità dei credenti, la Chiesa, sono chiamate oggi  e sempre a 

prolun­gare l'opera di Cristo liberatore. 

Una liberazione che non può re­stare puramente interiore: se è autentica, 

si riversa e investe tutti i settori, tutto l'uomo, superando ogni visione 

« spiritualista » che finirebbe per tradire la liberazione, dono del Risorto.
(N.N)


Questo concetto sta alla base del Pensiero di Toniolo, che non puo' essere capito 

senza assumere tale concetto come  chiave di lettura. 


Per Toniolo infatti l'elemento impulsivo della dialettica storica non e' ne' il fatto 

negativo, ne' il fatto positivo, ma e' un elemento vitale che rimedia la deviazione e 

spinge a sempre nuove attuazioni positive di civilta'. E tale elemento e' il divino 

Personale, storico, incarnato nella Comunita' Chiesa e posseduto nel Cristianesimo 

storico integrale.( 1)


Toniolo inoltre vede la liberazione cristiana 

concretata nella realizzazione della Democrazia cristiana.(2)


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(1) "...errore di non pochi scrittori odierni che la stessa morale cristiana sia po' su po' giu' uno sviluppo di quella stoica;  cosi' tutta la civilta' sia figlia della perfettibilita' naturale e non gia' di Cristo, alfa ed omega della storia dell'incivilimento" :Toniolo G., Lettera al marchese A. Albergotti, Lettere, vol 1, Citta' del Vaticano, ed. Comitato Opera Omnia di G. Toniolo, 1952, pp.285-287.
Toniolo Giuseppe, Cenni sulle crisi sociali e sulle corrispondenti dottrine socialistiche: Opera Omnia, serie IIa, vol.1, pp.267-441.

(2)cfr.: Dall'Antonia Sergio SDB,Per una democrazia diretta. L'ideale evangelico-sociale di Giuseppe Toniolo,Venezia dicembre 1972, Ed. San Marco, pp.76.



lunedì 1 aprile 2013

Crisi economica


CRISI ECONOMICA:

Toniolo era convinto che non fosse la tutela della classe dirigente o borghese la salvezza dell’economia, ma una economia  basata sull’etica cristiana. Di fronte ai “Conservatori sociali” che ritenecvano la soluzione della crisi economica e sociale trovarsi nel semplice accomodamento formale ed estrinseco dell’ordine economico ed ai “Riformatori radicali” che cercavano la soluzione dell’ordine economico sociale con ribaltamenti radicali, di fronte al socialismo anarchico o a quello statalizzante, di fronte al concetto malthusiano dell’aumento della ricchezza mediante l’impoverimento della fecondita’ nelle famiglie, egli reagiva affermando la necessita’  di riorganizzare la Societa’ in modo che “tutte le forze sociali, giuridiche ed economiche cooperino al bene comune, ma con prepopnderante vantaggio delle classi inferiori"(1). Era la proposta della Democrazia estesa all’economia.

cause e prospettive

Ecco un’ interessante riflessione da attuare nel campo economico, civile, familiare, umano propostaci da un bravo commercialista.
Una voce che va ascoltata.


In tutto questo parlar di crisi economica, in tutti questi
encomiabili tentativi di individuarne cause e motivazioni,
in questi distinguo e paralleli tra crisi economica e crisi
finanziaria; in questo continuo chiedere la crescita alle
varie imprese e agenzie, mi sembra che si sia trascurata
una componente essenziale di crescita o di depressione.
In che rapporto stanno crescita economica, sviluppo,
ricchezza pro capite, depressione … con la crescita o la
depressione demografica? Dal come e quanto se ne parla
sembrerebbe che non ci sia alcun legame, se non qualche
timido accenno all’invecchiamento della popolazione ma
senza esplicitarne le conseguenze.
Io ho l’impressione che la base dell’attuale visione
economica sia quella degli economisti del 1700-800:
Sir James Stewart, Adam Smith e più ancora il pastore
anglicano Thomas Malthus il cui ragionamento molto
semplice ed evidente (secondo lui) era il seguente:
considerata la ricchezza come una torta ne consegue che
più siamo e meno ricchezza abbiamo, meno siamo e più
aumenta la ricchezza. Esempio: immaginiamo di avere una
bella torta di 50 cm di diametro, se la dobbiamo dividere
tra 1000 persone, ne possiamo avere un pezzettino piccolo
piccolo ciascuno, ma se la dividiamo per 10 persone ne
abbiamo un pezzo ciascuno, 100 volte tanto. Quindi
la soluzione del problema economico (povertà) è la
diminuzione della popolazione.
Su questo argomento così “stringente” pochi anzi
pochissimi reagirono: il primo fu Jonathan Swift con
una satira allucinante pubblicata in un pamphlet (A
Modest Proposal: Una proposta modesta (1729), dove la
“proposta”, causticamente satirica, era quella di usare i
bambini poveri irlandesi come cibo per i ricchi, fornendo
anche ricette per poterli apprezzare al meglio); Carlo
Marx, Ralph Waldo Emerson, John Stewart Mill e
qualche altro, hanno smontato l’asserto perentorio di
Malthus, ma è stata soprattutto la storia che ha mostrato
che quanto più di popolazione c’è tanto più di ricchezza
c’è. Quando l’Italia era circa 20 milioni, eravamo dei morti
di fame, quando siamo diventati 40-50 milioni abbiamo
avuto il boom economico.
La soluzione dei nostri economisti è la seguente:
aumentare i consumi, cioè noi dobbiamo consumare
di più, possibilmente per 10 persone e allora l’economia
incomincia a girare. Il che è evidente. Ma perché io devo
consumare per 10? Non è meglio invece che ci siano altre
dieci persone che consumano? Perché devo diventare
consumista quando tutti sanno che il consumismo ci fa
perdere in umanità? Non era l’allarme già lanciato negli
anni ‘60? La condivisione è invece crescita dell’uomo
in quanto uomo e anche crescita economica. E allora
la crescita demografica (e quindi il ringiovanimento
della popolazione) è la base dello sviluppo economico;
l’invecchiamento la sua morte. Come mai le nostre
grandi intelligenze dei tecnici dell’economia non hanno
visto questo nesso? Si persegue invece in molti modi la
depressione demografica. Pensate un po’ come esempio:
con l’aborto dal anni 1978 a oggi siamo un circa d 4 a
5 milioni di Italiani in meno: quante vetture in più
avrebbe dovuto produrre la Fiat? E le abitazioni, case,
appartamenti, vestiti …? Chi ha osato dire che l’aborto ci
ha impoverito? Sia eretico: al rogo, al rogo! Se noi come
popolazione continuiamo a diminuire diventeremo sempre
più poveri e non sempre più ricchi. Questo non sarebbe
un castigo di Dio: non è necessario che Dio ci castighi
perché ci castighiamo già da soli. Cari sapienti economisti,
provate a fare dei conti, giusti.
Il vero rimedio è la crescita della popolazione.
E allora? Tutti quelli elementi che contribuiscono
all’aumento della popolazione, e cioè:
1)Immigrazione programmata: i nostri economisti
hanno previsto che di questo passo saremo presto senza
(quasi lo siamo già) idraulici, falegnami, muratori,
agricoltori …mestieri che i nostri figli non vogliono più
fare? Prepariamoci la mano d’opera e appena pronta
portiamocela in Italia.
2)Favorire le nascite, non renderle sempre più difficili e
così si favorisce l’aborto, ulteriore impoverimento umano
ed economico. Ogni bimbo è una ricchezza e allora a
vagire guadagni 1000 euro al mese.
Quando lavorerà potrà restituire alla società un tanto al
mese del suo stipendio (come una pensione rovesciata).
3)Perché, negli alimenti, rendere legalmente obbligatorio
lo spreco? Non si può nemmeno riciclare il cibo dando
gli avanzi agli animali, come maiali, pollami ecc. ecc. ecc.
Possibile che non si possa sterilizzarli e riutilizzarli per
farne mangime, combustibile …
E chissà quante altre possibilità ci sono solo che
l’intelligenza dei nostri esperti funzioni a dovere!
Sì, ci sono state voci eminenti che già da tempo hanno
messo in guardia come la produzione non può aumentare
né restare inalterata se la popolazione diminuisce.
<
Ciampi, in una delle sue ultime “Considera­zioni finali”
nei saloni ovattati di via Nazionale, per la prima volta, a
memoria di cronista, espresse in un documento ufficiale
dell’establishment politico-economico un cenno ai rischi
per il futuro del Paese derivanti dalla decadenza demo­
grafica, che già si andava profilando con chiarezza. Questo
in sostanza l’avvertimento: la crescita del nostro sistema
produttivo non può essere alimentata troppo a lungo se le
nascite si contraggono sistematicamente. Da quel 31
di maggio gli allarmi sul “suicidio” demografico si sono
moltiplicati ma del tutto inutilmente… (da Gianfranco
Marcelli, AVVENIRE, 21 febbr. ’13)>>
Economisti, svegliatevi, ritengo che dobbiate lavorare su
queste linee principalmente, senza con questo trascurare
altri accorgimenti (hanno anch’essi la loro portata) sapendo
che sono ammennicoli che presto si spompano: es. aprire
nuovi mercati sapendo che presto anche quel mercato si
saturerà, ecc. ecc.
La vera e prima ricchezza è l’uomo, ogni uomo, anche
il più invalido, non solo perché, come quel disabile che
costruisce varie attrezzature per disabili in base alla sua
stessa esperienza di disabile, può essere utile anche lui,
ma anche perché, se non altro, dà lavoro agli altri:
eliminate tutti gli anziani non autonomi, quanti vanno in
disoccupazione? Avete fatto il conto? Fate funzionare i
numeri, coraggio.

NB. Non sono stati presi in considerazione aspetti e giochi
finanziari.


Oreste Steccanella,
commercialista,
TREVISO città.

Nonpossiamo se non ringraziare chi ci aiuta a riflettere.

(1) Vistalli Francesco,Giuseppe Toniolo, op.cit. p.238.