Il Papa Pio X
nella sua impostazione pastorale,
i movimenti cattolici
e Toniolo.
“Ottimo l’impegno sociale, ma alla larga dai partiti”
( Il pensiero di Papa Pio X).
( Il pensiero di Papa Pio X).
Pio X ebbe sempre un'istintiva
diffidenza per l'attività politica. Vedeva in essa soprattutto una fonte di
divisione e di attriti che dal campo temporale poteva passare anche in quello
spirituale e religioso, minando l'unità di fede. Fin dagli inizi del suo
ministero sacerdotale perciò si preoccupò di mantenersi al di sopra dei conflitti.
Ai parrocchiani di Tombolo, il paesino fra Padova e Treviso dove fu mandato
nel 1858, disse che egli si proponeva di essere esclusivamente «operaio di
persuasione e di carità». E da cardinale raccomandava al nipote, arciprete di
Possagno: tieniti estraneo alle divisioni e ai partiti «trattando tutti con
benevolenza e solamente adoperandoti, data
opportunitate e privatamente, alla
conciliazione degli animi». Da Papa poi, in due successive encicliche, E fermo proposito del 1905 e Pieni l'animo del 1906, ritornò su tali
concetti, ricordando che il sacerdozio «non è un mestiere od un ufficio umano
qualsiasi», e che il prete deve «mantenersi ugualmente al di sopra di tutti gli
umani interessi, di tutti i conflitti, di tutte le classi della società».
E all'interno di questa linea di
condotta essenzialmente religiosa che va vista la concezione che egli ebbe del
movimento cattolico, volta a frenarne e a contenerne l'evoluzione verso il
partito politico. D'altronde è anche vero che egli divenne Papa proprio nel
momento in cui esplodevano tutte le contraddizioni della vecchia Opera dei
Congressi.
L’Opera dei Congressi
L'organizzazione era nata dopo il
congresso cattolico di Venezia del 1874 con lo scopo, inizialmente assai
modesto, di promuovere assemblee annuali e di dar vita in ogni parrocchia a
comitati laici capaci di coadiuvare l'operato del parroco. Presieduta prima da
Giovanni Acquaderni e poi da Scipione Salviati e da Marcellino Venturoli,
conobbe nei primi anni un'espansione stentata e piuttosto difficoltosa.
Creavano malumori la sua posizione nettamente intransigente, la volontà di
imporsi sulle altre organizzazioni cattoliche, la linea di opposizione e di
crociata, la rigida subordinazione alla Santa Sede. Nello statuto del 1881 si
legge infatti: «L'Opera dei Congressi e dei Comitati cattolici è costituita
allo scopo di riunire i cattolici e le associazioni cattoliche d'Italia in una
comune e concorde azione, per la difesa dei diritti della Santa Sede e degli
interessi religiosi e sociali degli italiani conforme ai desideri e agli
eccitamenti del Sommo Pontefice e sotto la scorta dell'episcopato e del clero».
Queste erano in gran parte le
tesi dell'avvocato veneziano Giambattista Paganuzzi, che divenne presidente
dell'Opera nel 1889. Sotto la sua presidenza l'organizzazione conobbe
un'espansione eccezionale. I congressi acquistarono un ritmo annuale e si
moltiplicarono i comitati regionali, diocesani e parrocchiali. Ma un po'
ovunque (e soprattutto al Nord) sorsero giornali (quotidiani e periodici),
casse rurali, circoli universitari, società operaie, gruppi femminili. L'Opera
dei Congressi divenne una temibile forza politica di opposizione. Ma tanto
attivismo era funzionale ad un'impostazione ideologica molto netta: primato
assoluto della causa papale e intransigente opposizione allo spirito del tempo
(soprattutto al liberalismo).Di qui anche i malumori e i dissensi rispetto alla linea paganuzziana. Tanto più che l'enciclica Rerum novarum di Leone XIII ( 1891 ) aveva risvegliato tutte le latenti energie sociali del cattolicesimo italiano. Tali energie erano proprie soprattutto della generazione più giovane, quella che non aveva subito il trauma di Porta Pia e che sentiva sempre meno il peso della Questione Romana.
Romolo Murri
L'alfiere della nuova tendenza
divenne Romolo Murri che con riviste (La vita nova,
Cultura sociale, Il domani d'Italia), contatti
personali, fondazione di gruppi giovanili e universitari, indirizzò verso un
piano sempre più decisamente politico l'attenzione del cattolicesimo
organizzato. La nuova tendenza, denominata Democrazia Cristiana, creò forti
tensioni all'interno dell'Opera che vedeva invece nel non expedit il limite invalicabile della
propria azione. A raffreddare gli entusiasmi dei gruppi murriani intervenne
anche l'enciclica Graves de communi di Leone XIII (1901) che ribadì il dovere dell'impegno sociale della
Democrazia Cristiana, ma escluse la possibilità di una diretta azione
politica.
La crisi nell’Opera dei Congressi
La crisi dell'Opera dei Congressi
divenne perciò inevitabile. Si tentò di scongiurarla nel 1902 sostituendo al
Paganuzzi il ferrarese Giovanni Grosoli, uomo dotato di maggiore duttilità. Ma non era più, ormai, questione di uomini, bensì di
indirizzi fortemente divergenti. Era questione, come affermerà Luigi Sturzo
nel noto discorso di Caltagirone (1905), dell" 'ibridismo enorme" dell'Opera stessa, la quale, «sorta con modesti caratteri
religiosi per appoggiare e rendere meno isolata l'opera dei parroci e dei
vescovi», era via via cresciuta fino a contenere troppe cose e troppe tendenze
tra loro inconciliabili. Stava cioè per diventare un partito politico, mentre partito, dati i presupposti e le ragioni con cui era sorta, non avrebbe mai potuto diventare.
Queste le vere ragioni del suo
scioglimento - più che la circolare Grosoli che rappresentò più che altro un
pretesto - decretato da Pio X nell'estate del 1904.
Ma dietro l'intervento del nuovo
Papa c'era anche la sua antica diffidenza, come abbiamo visto all'inizio, per
ogni forma di cattolicesimo politico, la sua ostilità all'idea di partito
cattolico...
( Gianpaolo Romanato)
( Gianpaolo Romanato)
.....
Toniolo
Sepolta l'Opera dei Congressi, Pio
X avvierà infatti l'Azione cattolica modernamente intesa, con l'enciclica Il fermo proposito, organizzandola nelle tre Unioni (popolare, elettorale, eco-nomico-sociale)
e distinguendo più nettamente le responsabilità del laicato da quelle del
clero, le finalità religiose da quelle politico-sociali. Contemporaneamente siebbero
le prime deroghe al non expedit (elezioni del 1904) e l'avvio di quelle intese clerico-moderate che saranno
sanzionate in seguito con il Patto Gentiloni (1913).Era una politica ben
diversa da quella che auspicavano con Toniolo i giovani democratico-cristiani e
che rischiava di svendere, come osservò polemicamente anche Sturzo, il patri-monio accumulato dai cattolici in
quaranta
anni di sofferta opposizione, ma era anche, verosimilmente, come concludeva
Toniolo, l'unica politica possibile in un momento in cui erano venute meno le
ragioni della vecchia intransigenza alla Paganuzzi, ma non erano ancora maturate
le condizioni politiche per il formarsi di un autonomo partito politico di cattolici.
E su questa linea opero’ il
Toniolo aspettando, nella preparazione, i segni di tempi migliori.
Il Patto Gentiloni
Dopo la breccia di
Porta Pia (20 settembre 1870)
i cattolici
italiani obbedirono in gran
maggioranza al non expedit, che vietava loro l'accesso
alle urne politiche come protesta
per Gramsci scrisse che, firmando l'accordo coi clericali, Giolitti
ribaltò la sua politica e puntò il fucile contro le masse popolari.
L'asserzione pecca per tre inesattezze. Primo: Giolitti non fece
alcun accordo. I firmatari del Patto Gentiloni erano da una parte i
comitati cattolici dei singoli collegi e dall'altra i candidati, che
s'impegnavano ad osservare le sette clausole di rispetto.
Secondo: i firmatari, i quali ottennero
il suffragio
cattolico, erano quasi tutti
giolittiani; ma ci fu anche qualche radicale e socialista.
giolittiani; ma ci fu anche qualche radicale e socialista.
Terzo: i sette punti (o Eptalogo),
che i
deputati dovevano rispettare, non
avevano carattere socialmente reazionario, ma riguardano la vita
religiosa: tutela della scuola privata, istruzione religiosa nella
scuola elementare, opposizione al divorzio, maggior giustizia
sociale, difesa degli enti economici e sociali dei cattolici, rinvigori-
mento delle forze economiche e morali della nazione. Non tutti gli
esponenti del movimento cattolico approveranno questo blocco
clerico-moderato, che meglio sarebbe chiamare clerico-costituzio-
nale. Lo stesso don Luigi Sturzo lo definì con veemenza polemica
"una prostituzione"del voto cattolico. FrancoMolinari
Il Partito popolare
"Il Partito Popolare - dichiarava Don Sturzo a Verona il 16 marzo 1919- e' stato promosso da cxoloro che vissero l'Azione Cattolica, ma e' nato come partito non cattolico, aconfessionale, come un partito a forte contenuto democratico, e che si ispira alla idealita' cristiana, ma che non prende la Religione come elemento di differenziazone politica".
Il "...promosso da coloro che vissero l'Azione Cattolica" richiamma il legame di questo movimento politico con le idee di Toniolo.
avevano carattere socialmente reazionario, ma riguardano la vita
religiosa: tutela della scuola privata, istruzione religiosa nella
scuola elementare, opposizione al divorzio, maggior giustizia
sociale, difesa degli enti economici e sociali dei cattolici, rinvigori-
mento delle forze economiche e morali della nazione. Non tutti gli
esponenti del movimento cattolico approveranno questo blocco
clerico-moderato, che meglio sarebbe chiamare clerico-costituzio-
nale. Lo stesso don Luigi Sturzo lo definì con veemenza polemica
"una prostituzione"del voto cattolico. FrancoMolinari
Il Partito popolare
"Il Partito Popolare - dichiarava Don Sturzo a Verona il 16 marzo 1919- e' stato promosso da cxoloro che vissero l'Azione Cattolica, ma e' nato come partito non cattolico, aconfessionale, come un partito a forte contenuto democratico, e che si ispira alla idealita' cristiana, ma che non prende la Religione come elemento di differenziazone politica".
Il "...promosso da coloro che vissero l'Azione Cattolica" richiamma il legame di questo movimento politico con le idee di Toniolo.
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