mercoledì 10 ottobre 2012

Aggiornamenti su Opera dei Congressi e Toniolo


Mi pare opportuno tener conto di alcuni articoli apparsi in edizioni del passato  della rivista Jesus e poi raccolte in un volume sui Papi contemporanei e il cui argomento e' in riferimento all'Opera dei Congressi ed in certo modo anche a Toniolo.
Questo pur avendo gia' presentato in passato l'Opera dei Congressi e Toniolo rispetto ad essa... E' tuttavia una visione da un punto di vista diverso.
(Vedi Jesus supplemento  n. 4,  aprile 1988)

Il Papa Pio X

nella sua impostazione pastorale,

i movimenti cattolici

e Toniolo.




“Ottimo l’impegno sociale, ma alla larga dai partiti”
( Il pensiero di Papa Pio X).


Pio X ebbe sempre un'istintiva diffi­denza per l'attività politica. Vede­va in essa soprattutto una fonte di divisione e di attriti che dal campo temporale poteva passare anche in quello spirituale e religioso, minando l'unità di fede. Fin dagli inizi del suo ministero sacerdotale perciò si preoccupò di mante­nersi al di sopra dei conflitti. Ai parroc­chiani di Tombolo, il paesino fra Padova e Treviso dove fu mandato nel 1858, disse che egli si proponeva di essere esclusiva­mente «operaio di persuasione e di carità». E da cardinale raccomandava al nipote, arciprete di Possagno: tieniti estraneo alle divisioni e ai partiti «trattando tutti con benevolenza e solamente adoperandoti, data opportunitate e privatamente, alla conciliazione degli animi». Da Papa poi, in due successive encicliche, E fermo proposi­to del 1905 e Pieni l'animo del 1906, ritornò su tali concetti, ricordando che il sacerdo­zio «non è un mestiere od un ufficio umano qualsiasi», e che il prete deve «mantenersi ugualmente al di sopra di tutti gli umani interessi, di tutti i conflitti, di tutte le classi della società».

E all'interno di questa linea di condotta essenzialmente religiosa che va vista la concezione che egli ebbe del movimento cattolico, volta a frenarne e a contenerne l'evoluzione verso il partito politico. D'al­tronde è anche vero che egli divenne Papa proprio nel momento in cui esplodevano tutte le contraddizioni della vecchia Opera dei Congressi.

G.Paganuzzi

L’Opera dei Congressi
L'organizzazione era nata dopo il con­gresso cattolico di Venezia del 1874 con lo scopo, inizialmente assai modesto, di pro­muovere assemblee annuali e di dar vita in ogni parrocchia a comitati laici capaci di coadiuvare l'operato del parroco. Presiedu­ta prima da Giovanni Acquaderni e poi da Scipione Salviati e da Marcellino Venturoli, conobbe nei primi anni un'espansione stentata e piuttosto difficoltosa. Creavano malumori la sua posizione nettamente intransigente, la volontà di imporsi sulle altre organizzazioni cattoliche, la linea di opposizione e di crociata, la rigida subordi­nazione alla Santa Sede. Nello statuto del 1881 si legge infatti: «L'Opera dei Congres­si e dei Comitati cattolici è costituita allo scopo di riunire i cattolici e le associazioni cattoliche d'Italia in una comune e concor­de azione, per la difesa dei diritti della Santa Sede e degli interessi religiosi e sociali degli italiani conforme ai desideri e agli eccitamenti del Sommo Pontefice e sotto la scorta dell'episcopato e del clero».
Queste erano in gran parte le tesi del­l'avvocato veneziano Giambattista Paganuzzi, che divenne presidente dell'Opera nel 1889. Sotto la sua presidenza l'organiz­zazione conobbe un'espansione ecceziona­le. I congressi acquistarono un ritmo an­nuale e si moltiplicarono i comitati regio­nali, diocesani e parrocchiali. Ma un po' ovunque (e soprattutto al Nord) sorsero giornali (quotidiani e periodici), casse ru­rali, circoli universitari, società operaie, gruppi femminili. L'Opera dei Congressi divenne una temibile forza politica di op­posizione. Ma tanto attivismo era funzio­nale ad un'impostazione ideologica molto netta: primato assoluto della causa papale e intransigente opposizione allo spirito del tempo (soprattutto al liberalismo).
Di qui anche i malumori e i dissensi ri­spetto alla linea paganuzziana. Tanto più che l'enciclica Rerum novarum di Leone XIII ( 1891 ) aveva risvegliato tutte le latenti energie sociali del cattolicesimo italiano. Tali energie erano proprie soprattutto della generazione più giovane, quella che non aveva subito il trauma di Porta Pia e che sentiva sempre meno il peso della Questio­ne Romana.


Romolo Murri
L'alfiere della nuova tendenza divenne Romolo Murri che con riviste (La vita nova, Cultura sociale, Il domani d'Ita­lia), contatti personali, fondazione di grup­pi giovanili e universitari, indirizzò verso un piano sempre più decisamente politico l'attenzione del cattolicesimo organizzato. La nuova tendenza, denominata Democra­zia Cristiana, creò forti tensioni all'interno dell'Opera che vedeva invece nel non expedit il limite invalicabile della propria azio­ne. A raffreddare gli entusiasmi dei gruppi murriani intervenne anche l'enciclica Graves de communi di Leone XIII (1901) che ribadì il dovere dell'impegno sociale della Democrazia Cristiana, ma escluse la possi­bilità di una diretta azione politica.


La crisi nell’Opera dei Congressi
La crisi dell'Opera dei Congressi diven­ne perciò inevitabile. Si tentò di scongiu­rarla nel 1902 sostituendo al Paganuzzi il ferrarese Giovanni Grosoli, uomo dotato di maggiore duttilità. Ma non era più, ormai, questione di uomini, bensì di indirizzi fortemente divergenti. Era questione, co­me affermerà Luigi Sturzo nel noto discor­so di Caltagirone (1905), dell" 'ibridismo enorme"  dell'Opera stessa, la quale, «sorta con modesti caratteri religiosi per appog­giare e rendere meno isolata l'opera dei parroci e dei vescovi», era via via cresciuta fino a contenere troppe cose e troppe ten­denze tra loro inconciliabili.
Stava cioè per diventare un partito politico, mentre parti­to, dati i presupposti e le ragioni con cui era sorta, non avrebbe mai potuto diventare.

Queste le vere ragioni del suo scioglimento - più che la circolare Grosoli che rappre­sentò più che altro un pretesto - decretato da Pio X nell'estate del 1904.

Ma dietro l'intervento del nuovo Papa c'era anche la sua antica diffidenza, come abbiamo visto all'inizio, per ogni forma di cattolicesimo politico, la sua ostilità all'i­dea di partito cattolico... 
( Gianpaolo Romanato)

.....


Toniolo

Sepolta l'Opera dei Congressi, Pio X  avvierà infatti l'Azione cattolica modernamente intesa, con l'enciclica Il fermo proposito, organizzandola nelle tre Unioni (popolare, elettorale, eco-nomico-sociale) e distinguendo più nettamente le responsabilità del laicato da quelle del clero, le finalità religiose da quelle politico-sociali. Contemporaneamente siebbero le prime deroghe al non expedit (elezioni del 1904) e l'avvio di quelle intese clerico-moderate che saranno sanzionate in seguito con il Patto Gentiloni (1913).Era una politica ben diversa da quella che auspicavano con Toniolo i giovani democratico-cristiani e che rischiava di svendere, come osservò polemicamente anche Sturzo, il patri-monio accumulato dai cattolici in quaranta
anni di sofferta opposizione, ma era anche, verosimilmente, come concludeva Toniolo, l'unica politica possibile in un momento in cui erano venute meno le ragioni della vecchia intransigenza alla Paganuzzi, ma non erano ancora maturate le condizioni politiche per il formarsi di un autonomo partito politico di cattolici.               
 E su questa linea opero’ il Toniolo aspettando, nella preparazione, i segni di tempi migliori.


V.O. Gentiloni



Il Patto Gentiloni
Dopo la breccia di Porta Pia (20 settembre 1870) i cattolici italiani obbedirono in gran maggioranza al non expedit, che vietava loro l'accesso alle urne politiche come protesta per la Questione romana e per altri motivi. L'abolizione esplicita del non expedit avrà luogo nel 1919, ma fu preceduta da piccoli passi. Nel 1913 scattò il Patto Gentiloni, in base al quale i cattolici ricevette­ro l'autorizzazione papale di partecipare alla tornata elettorale, dando voto ai candidati che garantivano il rispetto di alcune clausole di carattere religioso. Due mi sembrano le cause fonda­mentali della grossa novità. Il primo fattore è il suffragio quasi universale maschile, voluto nel 1912 da Giolitti. Gli elettori passavano da 2.903.473 a 8.433.000. La svolta fu propiziata da un secondo fatto, e cioè dal timore che in base alla legge elettorale il Parlamento italiano si trasformasse in un feudo dei radicali, dei massoni e dell'emergente partito socialista. Ad evitare tale rischio intervenne il conte Vincenzo Ottorino Gentiloni (1863-1916), che era il presidente dell'Unione elettorale cattolica.
Gramsci scrisse che, firmando l'accordo coi clericali, Giolitti
ribaltò
la sua politica e puntò il fucile contro le masse popolari.
L'asserzione
pecca per tre inesattezze.
Primo: Giolitti non fece
alcun
accordo. I firmatari del Patto Gentiloni erano da una parte i
comitati
cattolici dei singoli collegi e dall'altra i candidati, che
s'impegnavano
ad osservare le sette clausole di rispetto.

 Secondo: i firmatari, i quali ottennero il suffragio cattolico, erano quasi tutti
giolittiani;
ma ci fu anche qualche radicale e socialista.
Terzo: i sette punti (o Eptalogo), che i deputati dovevano rispettare, non
avevano
carattere socialmente reazionario, ma riguardano la vita
religiosa:
tutela della scuola privata, istruzione religiosa nella
scuola
elementare, opposizione al divorzio, maggior giustizia
sociale,
difesa degli enti economici e sociali dei cattolici, rinvigori-
mento
delle forze economiche e morali della nazione. Non tutti gli
esponenti
del movimento cattolico approveranno questo blocco
clerico-moderato,
che meglio sarebbe chiamare clerico-costituzio-
nale.
Lo stesso don Luigi Sturzo lo definì con veemenza polemica
"una prostituzione"del
voto cattolico.          
FrancoMolinari




Il Partito popolare

"Il Partito Popolare - dichiarava Don Sturzo a Verona il 16 marzo 1919- e' stato promosso da cxoloro che vissero l'Azione Cattolica, ma e' nato come partito non cattolico, aconfessionale, come un partito a forte contenuto democratico, e che si ispira alla idealita' cristiana, ma che non prende la Religione come elemento di differenziazone politica".

Il "...promosso da coloro che vissero l'Azione Cattolica" richiamma il legame di questo movimento politico con le idee di Toniolo.




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