AM
Politica e suo rinnovamento.
Alcune domande…
Oggi si afferma
(Zenit 28 ottobre 2012 nell’intervento
di monsignor Luca Bressan, vicario episcopale della Diocesi di Milano per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione
Sociale, uscito domenica 25 ottobre su Milano 7, il settimanale della Diocesi
ambrosiana in edicola con Avvenire.):
”Da un lato la scelta, per alcuni versi obbligata, di aver fatto
della politica soprattutto una professione, visto l’alto tasso di competenza
richiesto; e dall’altro l’aver fatto coincidere sempre più la sfera della
politica con l’azione dei partiti, hanno nei fatti innescato una spirale di
delega di tutto ciò che è costruzione del legame sociale e cura del bene comune
ad un settore autonomo, che si è via via costruito come un mondo a parte,
autoreferenziale e sempre meno soggetto a regole e controlli. La nostra vita
sociale quotidiana si è così vista privata di un bene essenziale: la capacità e
la volontà da parte di ognuno di interessarsi del bene di tutti, collaborando
in modo diffuso e gratuito alla costruzione di un’azione politica che fosse il
frutto della società nel suo insieme.
Ad un simile impoverimento di azione è corrisposto un
impoverimento di valori: del singolo individuo, sempre meno capace di
riconoscere le sue responsabilità personali nella costruzione del tessuto
sociale, e tentato di operare una lettura del legame sociale in termini di pura
utilità e mero profitto; della classe politica, che ha via via interpretato il
suo ruolo in termini corporativi, impegnata nella difesa dei diritti di alcuni
gruppi sociali, e non più interessata a custodire, a sostenere e a trasmettere
i valori che stanno alla base della nostra identità culturale e nazionale.”
Indiscutibile e vero.
Ma quando si dice:
“La classe politica, che ha via via interpretato il suo ruolo in
termini corporativi, impegnata nella difesa dei diritti di alcuni gruppi
sociali, e non più interessata a custodire, a sostenere e a trasmettere i
valori che stanno alla base della nostra identità culturale e nazionale.
In quel “termini corporativi” non
si e’ vista forse la corporazione in senso negativo?…;ma e’ quella la
corporazione a cui si riferisce Toniolo?....
Si afferma inoltre
(ivi):
In una parola, si è persa la capacità di
riconoscere il bene comune e i valori essenziali della persona umana come il
fondamento e il collante del nostro vivere insieme; bene e valori da tutelare e
sostenere con azioni politiche adeguate.
La visione di una democrazia sociale non e’ forse piu’ conforme al
valore della persona e quello della
societa’ nel suo insieme e nelle sue diverse articolazioni?
Ma cose’ questa Democrazia sociale?
E che valore puo’ avere ancora il significato
che Toniolo dava alle corporazioni?...
LA DEMOCRAZIA POLITICA COME SOCIOCRAZIA
— sociocrazia;
— classi;
— corporazioni;
— sintesi.
1. La democrazia politica come sociocrazia
Toniolo non lesina le sue critiche al parlamentarismo che faccia il gioco delle classi dominanti legandosi al capitalismo(1); non risparmia nemmeno quel parlamentarismo che promuova, attraverso il gioco dei partiti sulla massa, un livellamento sociale senza nome e senza volto: una società senza qualifica di organismo sociale-civile-economico.
Toniolo era ostile al parlamentarismo che crea la politica delle masse, orientandole al bene dell'organismo sociale in senso unilaterale a beneficio di un collettivo spersonalizzante. Egli era contrario alle pressioni partitiche sul Parlamento, accompagnate da capziose pressioni di piazza (2).
Per Toniolo non il capitale, né il parlamento, né lo stato, né il partito orienta la politica e fa una politica democratica fonte di progresso e di civiltà. Sono invece le classi sociali, che, in proporzione della loro funzione sociale e secondo lo spirito della solidarietà democratica, devono influire sull'esercizio delle funzioni politiche e sul loro orientamento. E ciò deve avvenire, perché la società concepita come organismo democratico avvalorato dal cristianesimo è la sola promotrice indispensabile dell'autentico progresso di civiltà. Ad essa dunque, a misura di lei e in conformità ad essa, e non ad altro, deve rifarsi continuamente e adattarsi incessantemente ogni azione politica e parlamentare, partitica e sindacale (3).
Per questo egli proponeva dei correttivi ad ogni politica di forza. Eccone un rapido elenco.
- Elezioni libere.
- Fuga da ogni forma di dittatura che affidi ad un uomo o ad una istituzione tutti i poteri.
- Composizione dei collegi elettorali in base all'ordinamento professionale delle classi sociali: da cui elezioni meno influenzabili e faziose e scelte preferenziali di veri rappresentanti di gruppo.
— Limitazione del potere parlamentare attraverso il referendum popolare.
Questa effettiva democrazia poggerebbe non tanto sulla potenza o sulla propaganda, quanto sui gangli sociali e valorizzerebbe non la ricchezza, ma la dignità umana espressa dal lavoro. Si giungerebbe finalmente ad un regime in cui una società tutta intera governa se stessa (4).
La democrazia politica in senso stretto si potrebbe definire per Toniolo come la participazione popolare al governo mediante qualificati rappresentanti di classe eletti a suffragio universale.
Una democrazia non atomistica, ma una sociocrazia democratica (5).
Il concetto di democrazia politica intesa come sociocrazia va tuttavia ben inteso.
Toniolo non era favorevole ad una compagine politica formata da partiti ispirati da ideologie senza scrupoli, che cioè permettessero ad essi di agire con la pressione propagandistica sull'ignoranza delle moltitudini, per accentrarle attorno a se stessi in blocco partitico. Inoltre, se le moltitudini non erano qualificate, cioè educate alla vita civile, il loro voto esprimeva solo un appoggio estrinseco, un punto forza, ma nel senso di forza bruta, non razionale: era una applicazione della legge del più forte e non della legge della ragione.
Di qui la necessità di qualificare il cittadino, di renderlo atto ad esprimere un voto ed una scelta significativa: arricchire il cittadino di una educazione civile personale e dare alle sue scelte politiche una espressività di ambiente sociale (classe, corporazione) più che di partito.
L'allargamento del suffragio doveva perciò corrispondere all'accennata capacità. In seguito a ciò sarebbero sorti blocchi di partiti qualificati e significativi; le rappresentanze politiche e amministrative sarebbero state, pur esse, qualificate e significative.
Non avrebbero avuto alla base - né i partiti, né le rappresentanze -una massa informe, agitata, manipolata, ignara, aizzata, senza cognizione di causa. L'appoggio politico e la scelta politica non sarebbe nata puramente dalla forza del numero non qualificato (6). Egli sosteneva infatti che, salvi i diritti e doveri legati alla dignita’ di ogni persona umana, nella democrazia (cristiana) è la qualifica sociale che dona influenza sociale; la missione che dà competenza; il servizio che impone diritti degni di rispetto. Non il numero (7).
Ecco il senso di quella definizione della democrazia politica di Toniolo come democrazia politica identificabile con sociocrazia democratica.
La democrazia, concepita come sociocrazia, presuppone l'accettazione della strutturazione della società in gruppi di interesse affini (classi) e la loro organizzazione in associazioni giuridiche in base alla loro professione. Appare qui in certo modo un indirizzo alle associazioni sindacali moderne...In sostanza, quando Toniolo parla di Corporazione intende un principio base come sua origine: non e' il numero, ma la persona con il suo valore in quanto tale e con le sue capacita' reali e professionali che deve esser guida responsabile al paese, allo stato: dal Capo dello Stato all'ultimo cittadino. Questo e' il significato irrinunciabile e duraturo di corporazione.
2. Le associazioni di classe
Il valore personale, da un lato si manifesta e si sviluppa nella famiglia (organo e istituto sociale), dall'altro si perfeziona nelle classi sociali (gruppi affini per sede, per stato economico, per uffici, qualificabili come organi sociali) (8). In esse la ricchezza dell'ingegno, della virtù, dell'educazione, delle abitudini e della missione di ciascuno si consolida, avvalora e perpetua. Tali gruppi, qualora prendano coscienza di sé - qualora cioè scoprano e riscontrino nel proprio gruppo unità di fede religiosa, concordia di dedizione al dovere, sensibilità ai diritti reciproci, sentimento di carità che avvicina i componenti, desiderio di rispetto a tradizioni comuni, disponibilità al sacrificio costante per il bene sociale - rendono consapevole la persona di uno speciale dovere morale da compiersi comunitariamente nella pluralità delle attività. A causa delle classi sociali consapevoli di sé, appare un orientamento comune: la ricerca del bene di tutta la società, del bene comune.
Le classi sociali sono giustificate perciò dalla legge provvidenziale di tendere ad un fine: la perfezione personale nella perfezione sociale.
Sono esigite dal dovere etico che ne scaturisce: tendere a quel fine in armonia con la natura autonoma e socievole della persona, conformemente alle doti che indicano la missione sociale dei singoli (9).
Le classi sociali sono così un fatto morale, sono esigenza della natura umana personale e sociale, sono pure un fatto necessario e storico (10).
Il cristianesimo è promozione della persona umana nella sua autonomia e socievolezza e nella sua tensione al fine ultimo. Le classi sociali sono perciò un'istituzione cristiana per eccellenza (11).
Esse sono occasionate dalla diversità e gradualità di attitudini delle persone. Questa gradualità e diversità genera nella società di¬suguaglianze accidentali tra le persone e, di conseguenza, crea distin¬zioni e gerarchia di gruppi. Inoltre i molti e diversi compiti sociali specificamente diversi, pur convergendo al medesimo fine comune dell'intero consorzio umano, determinano classificazioni. Sorgono dunque le classi sociali, quali gruppi che riuniscono persone cointeressate da condizioni simili e scopi affini (12). Ma fin qui la classe è un «ceto di persone».
La classe non organizzata, priva di coscienza di sé, è detta da lui «ceto»; il nome «classe» si addice per Toniolo a quei gruppi sociali di cui sopra: che agiscono con coscienza di sé. Le classi in senso pieno sono quelle che «svolgono una autorevole rappresentanza comune, a beneficio di tutti i membri componenti, e particolarmente dei più deboli e numerosi fra essi» (13). In questo senso si possono intendere o concepire più che come organi, come istituti sociali: Toniolo lo fa.
Nelle classi sociali si rivelano e si accentuano i sentimenti di solidarietà sociale, di collaborazione generale, di senso del dovere; si scopre il valore proprio e la propria missione nella società.
In esse si esperimenta la vera democrazia. Nelle classi sociali infatti è evitato il dissolvimento nel collettivo e l'assorbimento politico; tra di esse - secondo lo spirito cristiano - vi è unità armoniosa, collegamento, scambio e reversibilità: passaggio da una all'altra (14)-
Le classi sociali, con la loro incidenza politica, sono atte a promuovere le leggi più opportune per i vari campi dell'attività sociale. Escludono ogni privilegio e sono fautrici perciò di eguaglianza sociale nella pluralità (15).
La diversità e gerarchia delle classi non afferma diseguaglianza di base tra le classi: pur essendo la causa della loro origine, si contraddistingue come una diseguaglianza superficiale (16).
Le classi sociali si articolano con gli istituti pubblici detti corporazioni o sindacati (associazioni rappresentative con valore socio-economico-politico); rinsaldano così la libertà e donano forza e valore ai più deboli (17). E ciò è democrazia cristiana (18).
Le classi sociali si dividono in «classi morali-civili» e in classi «economiche». Le prime sono impegnate a raggiungere i fini morali della società nell'ambito della religione, del diritto, della cultura, della politica. Le seconde sono orientate prevalentemente al raggiungimento dei fini economici materiali (19).
Le classi morali-civili emergono su quelle economiche «per la eccellenza e necessità indeclinabile dei loro uffici per la società e per lo Stato, rivestendosi del prestigio e dell'autorità di ceti dirigenti», ma ricevono stabilità e forza dalle seconde (20).
Entro questi gruppi fondamentali - classi morali e civili, classi economiche - si formano le singole classi. La spinta alla loro formazione nasce dalla coscienza personale della propria eccellenza unita ad un sentimento di capacità a fare il bene altrui e ad una sensibilità etica: «devo fare il bene altrui e ho il diritto di farlo in virtù di una legge morale superiore» (21).
La spinta al formarsi delle classi sociali viene anche da una tendenza: quella di voler ampliare e perpetuare la propria azione (ecco l'espansione sociale) (22).
La stabilità delle classi sociali è garantita dalla generazione, per cui i padri tendono a trasmettere le proprie funzioni sociali ai figli; dalla tradizione che collega le generazioni attraverso l'educazione, le consuetudini e le esperienze accumulate; dalla solidarietà sociale «che è convinzione di avere una distinta funzione nella società dal cui esercizio dipende il bene della classe coordinato al bene generale» (23); dalla coscienza di classe: «comunanza di ideali, doveri, diritti la quale sospinge e regge la operosità collettiva» (24); dal fatto economico che fornisce le condizioni materiali dell'esistenza; dalle virtù civili: lo spirito dell'ordine e dell'autorità, il senso del progresso e della libertà, la sollecitudine per gli interessi essenziali dell'umanità e la virtù di carità aperta alla società (25).
Lo spirito cristiano che anima le classi, in una democrazia cristiana, deve condurle ad evitare l'aspetto patologico.
È patologia delle classi sociali quella tendenza di incentrare in una sola classe le funzioni direttive, i diritti, i benefici economici; ciò è la negazione dell'assetto sociale, perché al di sotto della classe dominante organizzata e privilegiata, non si riconosce che moltitudini (26).
È ancora patologico chiudere una classe all'altra, impedendo il reciproco passaggio dall'una all'altra; tramutare la reciproca emulazione in lotta di classe (27).
È fatale ritenere fulcro e leva della vita delle classi la ricchezza: questo conduce all'asservimento dei deboli, alla violenza e all'abuso delle leggi (28).
È erroneo fondare la gerarchia delle classi sulla nobiltà, sulla ricchezza o sulla cultura. La gerarchia sociale non è basata tanto sui diritti della ricchezza o su quelli della superiorità intellettuale, quanto su quelli inalienabili della persona umana (29). Ciò significa che nello scoprire la gerarchia e la posizione di preminenza delle classi si deve considerare la funzione svolta nel passato dalla classe e la capacità nel presente di porgere un valido servizio sociale (30). È allora il dovere di servizio che qualifica la posizione gerarchica delle classi, non altro: al di fuori è patologia.
L'ordinamento sociale per classi è necessario come sono necessari i suoi fini etici, giuridici, civili, politici ed economici. Le classi non possono scomparire dalla società, senza compromettere la società stes¬sa: la loro recisione o sparizione sarebbe un processo potologico contro natura (31).
Compreso il concetto di classe, è opportuno conoscere quello di corporazione. Questo ci permetterà una valutazione equilibrata della democrazia politica di Toniolo intesa come sociocrazia.
3. La corporazione
Concetto.
La corporazione nel suo concetto essenziale, separato quindi da ogni aspetto transitorio e patologico, è un' «associazione autonoma e permanente fra gli addetti ad uffici economici affini, allo scopo di rappresentare, proteggere e favorire gli interessi molteplici (materiali e morali) della propria classe coordinati a quelli delle altre classi gerarchiche della società» (32).
L'unione professionale.
Il sistema corporativo, inteso in senso lato, si esplica concretamente in una primissima forma elementare: l'unione professionale locale stretta tra gruppi di componenti una determinata classe. Tale unione professionale non è unica dal punto di vista ideologico. In ogni circolo territoriale la classe può avere - conformemente alla libertà umana e alla libertà di coscienza - vari tipi di unioni professionali. L'unione professionale non può conglomerare coattivamente e pretendere di rappresentare anche persone di diverso programma politico, morale, religioso: si dà pluralismo di unioni professionali. «Questa libertà di erigere unioni professionali parallele, di diverso colorito e spirito, è decisiva» (33): l'unione professionale infatti è focolaio di convinzioni e non ha compito politico, ma sociale (34). Nell'organismo democratico cristiano queste unioni professionali dovrebbero essere confessionali; ma la confessionalità dell'unione professionale che si orienti all'ideologia democratico-cristiana dovrebbe esser, per Toniolo, un'accettazione palese e un pronunciamento pubblico per l'idea cristiana, per Cristo. In questo caso la parola «confessionalità» appariva a lui disadorna e inadatta, ma necessaria.
La confessionalità di tali corporazioni significava per lui identificarle con organismi di azione sociale palesemente cristiana; specificarle come «sodalizi» con «pratiche religiose» proposte e non esigite (35), orientati ad educare il popolo alla vita cristiana nella società: «una grande scuola pratica di educazione etico-religiosa» (36). Ciò significava pure coordinarle all'attività propria del clero (37), non a scapito della libertà d'azione (38), ma secondo uno scopo: animare l'azione (39) ed unire l'impegno di tutti, rispettando la competenza propria di ciascuno e subordinando tutti al fine religioso: a Cristo (40).
Toniolo riconosce che il loro essere religiosamente confessionali ripugna alla tendenza per la neutralità di tutte le istituzioni sociali (41); ma è certo che, salvaguardata l'autonomia di competenza, il contrario è un errore. Errore psicologico, perché ogni istituzione che non arriva al fondo dell'anima del popolo è morta (42); errore sociologico, perché le istituzioni durature e di valore sono solo quelle che servono ai fini spirituali e di civiltà, la cui base, anima e vertice è la religione (43); errore storico, perché le corporazioni neutre hanno condotto all'ateismo (44); errore pratico, perché le associazioni socialiste ispirate all'egualitarismo non sono certo a difesa della retta eguaglianza umana (45).
Se Toniolo dovette recedere circa l'attuazione di tali corporazioni, non ritirò mai l'idea della loro validità, pur con le debite accomodazioni (46), e ciò in vista di una loro necessaria funzione nella storia del progresso umano di civiltà (47).
La corporazione di classe.
L'unione professionale, connaturale ai soci più che alla classe, prepara le corporazioni vere e proprie: prepara le unioni professionali di classe.
Le forme tipiche sono due: quella semplice in cui la corporazione è costituita da soli proprietari (capitale) o da soli operai (lavoro), quella mista formata da padroni e lavoratori. Prevale praticamente il tipo di corporazione semplice.
La sua dote è l'unicità. Essa è più aperta dell'unione professionale, perché raduna i membri di una stessa professione, al di là delle convinzioni personali, in una associazione che cura gli interessi della professione considerata in se stessa.
Corporazione in senso stretto sono allora le unioni professionali nell'esercizio delle funzioni pubbliche, per cui si chiamano «corpi politici» (48) e sono organismi specifici con funzione di istituto sociale. Formano la rappresentanza qualificata di un settore di vita dello stato. Svolgono il compito politico mediante i delegati che li rappresentano (49).
La corporazione così intesa è l'associazione rappresentativa degli addetti ad una specifica professione ed è legata in solido al bene dell'in¬tera classe e dell'intera compagine sociale.
Tali corporazioni corrispondono alla seconda parte dello slogan a cui si ispirava Tomolo; «sindacato libero nella professione organizzata» (50).
Importanza.
Le corporazioni sono direttamente opposte all'individualismo egoistico e alla stratificazione massificante (51). Manifestano la legge organica della vocazione di ogni persona e di ogni ceto sociale per il bene comune; rendono pure palese la tendenza naturale della persona e della società ad integrarsi nello stato (52). Garantiscono la libertà, l'eguaglianza, la giustizia, la carità e la religiosità umana. Sono un baluardo della persona e della società. La libertà personale in esse è la¬sciata intangibile e integra. All'individuo non è negata libertà di movimento, possibilità di passare da una associazione all'altra, libertà d'azione. Tale libertà anzi è avvalorata dagli interessi dei consoci che condividono i medesimi intenti; è avvalorata anche dalla solidarietà interna e dalla personalità giuridica che l'associazione acquista all'esterno. Se vengono esigite mutue prestazioni e determinate osservanze che dirigono la libertà personale, si è tuttavia ricompensati di questa apparente coartazione dai vantaggi che derivano da una ordinata convivenza civile, come la più facile prosecuzione del risultato finale.
L'associazione professionale animata dal cristianesimo conserva poi l'egualianza della persona. Se l'associazionismo cristiano impone delle specificazioni che pongono una certa distinzione tra i gruppi e tra le persone, cionondimeno non viene sminuita l'eguaglianza personale; ma stimolata la persona al progresso (53). Il sistema corporativo non elimina, ma promuove l'eguaglianza e la sviluppa. L'associazionismo professionale infatti, se esige autonomia, la vincola tuttavia, poiché presuppone la libertà altrui e la possibilità di intervento dello Stato contro ogni abuso (54).
La giustizia e la carità sono rispettate. Le corporazioni infatti sono applicazione del cristianesimo che è promozione di tutti. Ora la morale cristiana esige l'attuazione della giustizia e carità verso tutti; e se questo «verso tutti» non è realizzato nella società, le corporazioni, avvalendosi del diritto naturale di associazione, lo rendono attuale, Esse fanno così opera di giustizia e di carità cristiana nella tranquillità di un ordine gerarchico operoso, ossia nella pace (55).
Funzione.
Se la classe è un prodotto essenzialmente morale, economico, storico della società, la corporazione è il riconoscimento giuridico-civile della prima (56). Corrisponde alla necessità di una struttura ordinata, organica della società in vista di veraci progressi sociali in favore delle classi meno progredite, quindi in vista di una società più democratica. La corporazione assume il ruolo di istituzione in cui le moltitudini possono prendere dignitosa coscienza di classe, sentire la comunanza di interessi, la validità dei diritti privati, la solidarietà fra tutti e il sostegno di una rappresentanza collettiva permanente (57).
Secondo Toniolo la corporazione dovrà assumere l'aspetto di una istituzione sodale-politica obbligatoria (58) - l'obbligo non toglie nulla alla libertà e dignità umana, ma la avvalora perché è una obbligatorietà che riguarda il dovere di tutelare la propria dignità umana e libertà (59) - e sarà il cemento di una società fondata su Cristo (60).
Ma perché ciò avvenga è necessario, ritiene Toniolo, che le associazioni corporative nascano spontaneamente, acquistino sempre maggior valore sociale, e quindi, con l'evolversi delle situazioni storiche (61), esercitino una funzione giuridico-amministrativa nel paese; assumano cioè pieno valore civile-politico (62).
La funzione del sistema corporativo dunque è quella di dare costituzione organica alla classe; assumerne la rappresentanza economica, giuridica, civile; custodirne i valori; interpretarne la vocazione sociale e le aspirazioni; sostenerla nel soddisfacimento delle sue esigen¬ze conformi alla dignità umana e alle sue necessità, quali il diritto e il dovere di autoelevazione; realizzarne la vocazione sociale in armonia e collaborazione con le altre classi e nella giusta autonomia in seno alla nazione (63). Ma è propriamente la professione organizzata nella corporazione (in senso stretto) quella che svolge un compito politico.
Essa tuttavia non lo svolge in modo pieno, perché essa è solo sulla soglia dell'attività politica propriamente detta: di quell'attività intesa come governo diretto della vita complessa dello Stato e che compete al Governo e al Parlamento.
La corporazione svolge una funzione politica non direttamente, ma attraverso i suoi rappresentanti. Questi ultimi, eletti nella classe in proporzione numerica delle corporazioni, formano un «ente complesso» con il compito di rappresentare e amministrare gli interessi generali economici dello Stato (64).
Attraverso vari corpi rappresentativi gerarchici le corporazioni locali, comunali, provinciali, regionali giungono all'unico organismo denominato Consiglio supremo. In questo organo corporativo supremo sono presenti, per elezione proporzionale, i rappresentanti delle varie corporazioni di classe, i quali, pur conservando le loro diverse ispirazioni ideologiche (65), tendono all'unico scopo di realizzare i fini dell'economia, i beni del progresso materiale e spirituale per i singoli e per la società in vista della civiltà, bene supremo della nazione.
Attraverso tale organo consultivo le corporazioni ricongiungono le classi sociali e la società intera allo Stato: ricongiungono la vita reale della società al compito dello Stato. Il Consiglio supremo agisce sul parlamento con il peso dell'opinione di tutte le corporazioni confederate, le quali svolgono deliberazioni e provvedimenti sociali all'interno di se stesse, godono personalità giuridica e sono collegio elettorale del parlamento stesso. Persino il parlamento dovrà trasformare se stesso in forma corporativa (66). Tutti gli organi politico-amministrativi dello stato dovrebbero anzi trovare il personale nei delegati eletti dalle corporazioni gerarchicamente e organicamente coordinate ad un settore di vita dello Stato. Tali delegati sarebbero specifìcamente competenti e qualitativamente rappresentativi (67) della missione, doveri e diritti dei vari ceti sociali.
Le corporazioni confederate dovrebbero anzi divenire organi affiancanti l'azione giuridica, legislativa e amministrativa dello Stato (68).
Giuridica: svolgendo opera di conciliazione tra le parti contendenti (capitale e lavoro) o pronunciando giudizi arbitrali efficaci attraverso le proprie istituzioni interclassiste.
Legislativa: coordinandosi o subordinandosi all'azione legislativa dello Stato attraverso la consultazione, l'informazione e la promozione della legislazione sociale dello Stato.
Amministrativa: vigilando sull'applicazione della legislazione economico-sociale.
Qui si scorge l'autentica democrazia dell'ordine sociale cristiano proposto da Toniolo. Vi è infatti ampiezza di base nella vita politica; rispetto della dignità e del valore di ogni cittadino; organizzazione dello Stato in funzione della società; collegamento delle reali esigenze del popolo laborioso con gli indirizzi politico-amministrativi provenienti dall'alto; accentuazione del senso di responsabilità e di collaborazione; esclusione del sistema di lotta di classe; appello ad una necessaria maturazione della persona umana; coordinamento del capitale al lavoro.
La corporazione, favorita dai regimi assolutisti e legittimisti, abolita dai governi liberali, veniva così riproposta da Toniolo contro l'individualismo e il collettivismo, quale strumento cristiano di ele¬vazione economica, sociale e civile, e come via alla autentica civiltà (69).
Sembra giusto perciò concludere con A. Ardigò (70) che chi svaluta l'idea corporativa di Toniolo, svaluta il diritto innegabile di natura che è il comporsi in associazioni di classe semplici o miste, oppure fraintende il suo pensiero che preannuncia il sindacato democratico dei nostri giorni e non il corporativismo istituzionalizzato misto, partigiano di una classe ed espressione del potere imperante (71).
4. Sintesi
Toniolo vedeva la realtà economico-sociale politica ordinata in questo modo. Ceti eretti sulla ricchezza mobile e immobile, sull'agricoltura, sull'industria, sul commercio; e ceti eretti su una triplice nobiltà: delle dignità, del sapere, degli uffici pubblici (72). Riassumevaquesta realtà in tre classi supreme: quella fondiaria, quella della ricchezza e quella spirituale (73). In ciascuna classe scorgeva le professioni. Asseriva la inalienabile superiorità del lavoro sul capitale; della persona sulla collettività; della società sullo Stato. Programmava, ispirandosi al Vangelo, una «sociocrazia cristiana» (74) che sostituisse l'aristocrazia sociale e di governo con la democrazia fondata sul lavoro, ove ogni persona fosse al centro dell'interesse sociale e trovasse dignità, rispetto, servizio in ordine ai suoi fini (75). Per questo egli favorì il sistema corporativo che, riaffermando la classe, riproponeva la dignità della persona, l'importanza del lavoro e l'eccellenza della democrazia; per questo egli sostenne che «tutti i corpi politici rappresentativi devono uscire, in qualche modo almeno, da enti corporativi di classe, ripondenti ad altrettanti collegi elettorali permanenti» (76).
Per esemplificare.
Dalla piccola rudimentale unione professionale nel campo del commercio, dell'industria e dell'agricoltura, si doveva passare al consiglio d'azione, di officina, di azienda colleganti le unioni professionali con i datori di lavoro. Dalle unioni professionali semplici degli operai e dei detentori del capitale si doveva arrivare alla corporazione semplice federata, formata dai rappresentanti delle varie unioni dei settori del commercio, industria, agricoltura.
La corporazione semplice federata doveva avere potere legislativo interno, autorità di decisione in campo economico, personalità giuridica, e costituire un collegio elettorale; entrare in rapporto con quella parallela attraverso la Commissione mista d'intesa; eleggersi l'Assemblea locale dei rappresentanti.
La confederazione di corporazioni semplici doveva ripetersi attraverso i rappresentanti eletti, con medesime funzioni e proprietà, su scala comunale, regionale, nazionale, entrando sempre in rapporto con le corporazioni semplici confederate parallele attraverso le Commissioni miste d'intesa. Si giungeva così al Consiglio supremo (Assemblea nazionale, Consiglio sindacale) affiancante il parlamento.
Il parlamento stesso doveva assorbire in sé il sistema corporativo: qualificarsi in tal senso più che in linea partitica, per svolgere una funzione di reale servizio alla società, alle classi, alle persone, in corrispondenza alle vissute necessità del paese (77).
Uno stato così strutturato doveva aprirsi infine all'associazione internazionale. La Chiesa allora, ricollegando i «distinti circoli autonomi» delle società organiche «all'umanità universale», avrebbe dato origine all'«unico vero ordine sociale»: l'ordine sociale cristiano che unisce le nazioni nel compito della civiltà (78).
NOTE
(1) G. TONIOLO, Una pagina della filosofia della storia: O.O., Serie V, vol. 2,
p. 294.
(2) G. TONIOLO, Una grande quistione: O.O., Serie V, vol. 2, p. 262.
(3) G. TONIOLO, Una grande quistione: O.O., Serie V, vol. 2, p 262.
(4) R. ANGELI, La dottrina sociale di G. Toniolo, Pinerolo, Alzani, 1956, pp.
102-103.
(5) G. TONIOLO, La democrazia cristiana: O.O., Serie III, vol. 2, p. 57, nota 1.
(6) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte...: O.O., Serie IV, vol. 2, pp.
212, 216, 217-218.
— Una pagina della filosofia della storia, op. cit.: L. cit., p. 294.
(7) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte..., op. cit.: L. cit., pp. 217-218.
(8) L'organo sta alla base dell'esistenza della società; l'istituto sociale è un elemen-
to che ne compone la struttura, non tanto per l'esistenza quanto piuttosto per l'azione
vitale della società stessa.
(9) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti sociali..., op. cit.: L. cit., pp. 132-133.
(10) G. TONIOLO, id., p. 133.
(n) G. TONIOLO, id., ivi.
(12) G. TONIOLO, Introduzione all'economia sociale: O.O., Serie II, vol. 2, p. 112.
(13) G. TONIOLO, L'Unione cattolica per gli studi..., op. cit.: L. cit., p. 99.
(14) G. TONIOLO, Introduzione all'economia..., op. cit.: L. cit., pp. 123-124.
(15) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti soc...., op. cit.l. cit., p. 137.
(16) G. TONIOLO, Introduzione all'ec...., op. cit.:L. cit., p. 112.
(17) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti soc...., op. cit.: L. cit., pp. 135, 137.
(18) G. TONIOLO, id., pp. 133, 135, 136, 137.
(19) G. TONIOLO, Introduzione all'economia..., op. cit.: L. cit., p. 113.
(20) G. TONIOLO, id., p.117.
(21) G. TONIOLO, id., p. 118.
(22) G. TONIOLO, id., ivi.
(23) G. TONIOLO, id., p. 120.
(24) G. TONIOLO, id., ivi.
(25) G. TONIOLO, id., pp. 119-123.
(26) G. TONIOLO, Introduzione all'economia..., op. cit.: L. cit., p. 123.
(27) G. TONIOLO, id., ivi.
(28) G. TONIOLO, id., pp. 112-113.
(29) G. TONIOLO, La democrazia cristiana: O.O., Serie III, vol. 2, p. 64.
(30) G. TONIOLO, id., p. 63.
(31) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte intorno alla costituzione corpora-
tiva delle classi lavoratrici: O.O., Serie IV, vol. 2, pp. 200-201.
— Introduzione all'economia sociale: O.O., Serie II, vol. 2, p. 128: «L'età contem¬poranea credette di abolirle; invece trovasi alle prese col fatto di due classi gigante¬sche, cioè coll'impero della classe capitalistica e colla gestazione convulsiva della classe operaia » (ivi).
(32) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali popolari: O.O., Serie IV, vol. 1, p. 143.
(33) G. TONIOLO, Problemi discussioni proposte, op. cit.: L. cit., p. 210.
(34) G. TONIOLO, id., p. 215. La politica è attuata dalla classe solidariamente; non dal gruppo nella classe. Lo strumento è la corporazione di classe.
(35) G. TONIOLO, Momento urgente e soluzione imperiosa: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 147.
(36) G. TONIOLO, id., p. 145.
(37) G. TONIOLO, id., p. 149. «Tutto ciò sotto l'alito vivificante della religione
mantenuta da un assistente ecclesiastico». Fu l'idea che ispirò le ACLI in Italia fino
alla svolta nettamente politica, 1969.
(38) G. TONIOLO, id., p. 152.
(39) G. TONIOLO, id., p. 151.
(40) G. TONIOLO, id., ivi. Questo orientamento corrispondeva all'indirizzo di azione
cattolica sociale confessionale, sia pure di ispirazione democratica, cioè popolare, dato
dalla gerarchia in seguito alla crisi suscitata dall'Opera dei Congressi. Azione cristiana,
non identificabile con azione politica, imponeva una scelta nettamente confessionale
per ogni movimento e associazione cattolica che avesse intendimenti sociali e prospet-
tive politiche. Cfr.:
— id., pp. 147-148.
— Le Unioni rurali cattoliche al congresso di Pavia: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 106. Vedi anche lo Statuto: p. 113, art. 3; p. 116, art. 11.
(41) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali..., op. cit.:L. cit., p. 171.
(42) G. TONIOLO, id., p. 172.
(43) G. TONIOLO, id., ivi.
(44) G. TONIOLO, id., ivi.
(45) G. TONIOLO, id., p. 173.
(46) G. TONIOLO, Lettera aperta a Gastaldis: O.O., Serie IV, vol. 2, pp. 49-50.
(47) G. TONIOLO, I sindacati obbligatori: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 126.
— A Sua Santità Pio X: O.O., Serie VI, voi. 3, pp. 362-367.
(48) G. TONIOLO, Problemi, discussioni..., op. cit.: L. cit., p. 215.
(49) G. TONIOLO, id., p. 139.
(50) D. CAPONE, op. cit., p. 18.
(51) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali..., op. cit.: l. cit., pp. 142, r49.
(52) G. TONIOLO, Le Unioni rurali cattoliche al Congresso generale di Pavia, op.
cit.: L. cit., pp. 97-98.
(53) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali popolari: O.O., Serie IV, vol. 1, p. 157.
(54) G. TONIOLO, id., p. 158.
(55) G. TONIOLO, id., pp. 163-164.
(56) G. TONIOLO, La costituzione del Senato e l'ordinamento di classe: O.O., Serie
IV, vol. 2, p. 275, nota 1.
(57) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti soc...., op. cit.:L. cit., p. 67.
{58) G. TONIOLO, I sindacati obbligatori: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 126.
(59) G. TONIOLO, id., pp. 120-126.
(60) G. TONIOLO, id., p. 125.
(6r) G. TONIOLO, id., pp. 120, 126.
(62) G. TONIOLO, id., p. 123.
(63) G. TONIOLO, Le Unioni rurali cattoliche al Congresso di Pavia, op. cit.: L.
cit., p. 96.
(64) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte..., op. cit.: L. cit., p. 216.
(65) G. TONIOLO, id., p. 217, nota 1 di p. 216.
(66) G. TONIOLO, id., pp. 217-218.
(67) G. TONIOLO, id., p. 217. L'ispirazione ideologica diversa avrebbe in parlamento
il numero di seggi proporzionato ai delegati che, rifacendosi a unioni professionali di
diversa ispirazione, fossero eletti in numero proporzionato alla quantità degli associati
delle stesse.
(68) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte..., op. cit.: L. cit., pp. 205-207.
(69) G. TONIOLO, Le unioni professionali...: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 26r.
(70) G. TONIOLO, Prefazione: Democrazia cristiana. Istituti e forme, vol. 1: O.O.,
Serie IV, vol. 1, pp. XXXIV-XXXVII.
(71) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte..., op. cit.: L. cit., p. 209.
(72) G. TONIOLO, La costituzione del Senato..., op. cit.: L. cit., pp. 290-291.
(73) G. TONIOLO, id., p. 293.
(74) G. TONIOLO, id., p. 294.
(75) G. TONIOLO, Le unioni professionali nei loro principi informativi: 0.0., Serie
IV, vol. 2, pp. 256-261.
(76) G. TONIOLO, La costituzione del Senato..., op. cit.:L. cit., p. 290.
(77) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali popolari, op. cit.: L. cit., pp. 145-148”La Scuola di Barbiana”,Lettera ad una professoressa, Firenze L.E.F., 1972, pp. 75-76
scrive:
“Fra gli studenti universitari, i figli di papa’ sono l’86,5%. I figli di lavoratori dipendenti il 13,5%. Fra i laureati i figli di papa’ 91,9%, i figli di lavoratori dipendenti l’ 8,1%”.(p75).
Con questo voleva dimostrare che la societa’ e’ classista, selezionatrice in vista di un’unica classe. Gli stessi autori scrivono:
“Le segreterie dei partiti a tutti i livelli sono saldamente in mano ai laureati.”
“ I partiti di massa non si differenziano dagli altri su questo punto. I partiti dei lavoratori non arricciano il naso davanti ai figli di papa’. E i figli di papa’ non arricciano il naso davanti ai partiti dei lavoratori. Purche’ si tratti di posti direttivi. Anzi e’ fine ‘essere con i poveri’. Cioe’ non proprio ‘coi poveri’, volevo dire ‘a capo dei poveri’...”
E in nota soggiungono: “ Il colmo della raffinatezza e’ appartenere ad un partitello senza massa (socialproletario o cinese)” (nota 68, p.76).
“Quanto ai candidati per le lezioni”- soggiungono poi – “Le segreterie dei partiti preparano le liste... Le ornano in fondo di qualche lavoratore...Poi provvedono che le preferenze vadano ai laureati: “Lasciate fare a chi sa. Un operaio alla Camera si troverebbe perso. E poi il dottore e’ dei nostri”( p. 76).
E cosi’ vanno alla Camera – dice il testo – vanno alla Camera coloro che meno rappresentano lo Stato: “ Vanno a far leggi nuove quelli ai quali vanno bene leggi vecchie. Gli unici che non sono mai vissuti dentro alle cose da cambiare e che quindi non sono veramente da dirsi capaci di fare una autentica e rispondente politica: non sono competenti di politica”(p.76).
E’ interessante la statistica che gli autori presentano.
“Alle Camere i laureati sono il 77%. Dovrebbero rappresentare gli elettori, ma gli elettori laureati sono l’ 1,8 %. Operai e Sindacati alle Camere 8,4%. Fra gli elettori 51,1%.
Contadini alle Camere 0,1%. Fra gli elettori 28,8%” (p.76).
Queste affermazioni, adatte a quel tempo, conservano ancor oggi la loro validita’ in quanto ci mettono una pulce nell’orecchio, ossia che nel nostro Stato non sia ancora la societa’ reale che governa se stessa; e dimostrano che la democrazia potrebbe essere ’ puramente formale: riconfermano cosi’ la validita’ della propota di Toniolo. E’ evidente che l’ elit deve governare la massa; ma l`elit deve essere formata attraverso la politica democratica che in modo democraticamente civile promuova la persona a qualsiasi classe appartenga perche’ raggiunga quel posto di servizio nel paese che le sue doti richiedono. La politica, ancora una volta, non deve promuovere una sola classe o una consorteria subdola di persone, non un solo gruppo della societa’, ma tutta la societa’; la politca non deve promuovere se stessa, ma il bene e le esigenze di tutti.
(78)G. TONIOLO. Introduzione all' economia sociale: O.O., Serie II, vol. 2, p. 73.