martedì 11 dicembre 2012

La politica del Padre nostro


La politica del Padre nostro.




L’azione politica del cristiano:
un segno della presenza del Regno di Dio.
Questa e’ l’idea del Beato G. Toniolo.


Né per il potere né contro di esso.
E’ la Politica del Padre Nostro.

La “politica del Padre nostro” significa dare alla gente impegnata in politica, per mezzo della Parola di Dio e dell'educazione, e nei luoghi di aggregazione, ragioni, mezzi e motivi da apportare alle soluzioni, alle scelte  e ai mezzi propri della vita impegnata nel sociale ed in politica per vivere e per combattere le proprie cause pacificamente e con uno spirito nuovo, portatore di frutti duraturi.
 “La Rivelazione non e’, per il suo contenuto, ne’ esplicitamente, ne’ implicitamente una teoria politica o una guida all’azione  ma solo un messaggio di salvezza”(1). Il che significa che i comportamenti politici non sono oggetto, ma conseguenza del messaggio rivelato; vanno quindi riportati e confrontati sul messaggio di salvezza, ma e’ solo la coscienza del singolo che puo’ determinare la traduzione di quello nelle sue scelte concrete per la costruzione della societa’ pacifica e democratica. Di qui appare l’importanza della “Politica del Padre nostro”, che anima la politica nel concreto di ogni giorno e nei suoi programmi per il futuro.  
‘Ciò che è cambiato ora, rispetto a certe situazioni del secolo diciannovesimo, è il fatto che noi oggi non siamo soltanto davanti a dei poveri, ma davanti alla povertà come fenomeno globale e strutturale.
In una società disuguale bisogna perciò domandarsi che significa oggi essere “onesti cittadini” ed “uomini politici”. In società spesso soggette all'ingiustizia, o in altre travagliate da problemi morali o in quelle in cui i diritti umani - e dei minori in particolare - sono pubblicamente e impunemente lesi, significa schierarsi in una lotta pacifica e coraggiosa per la giustizia, per creare un reale spirito di fraternità, per portare attenzione agli ultimi, per elevare la moralità pubblica. Su questo impegno scende confortante la luce del Vangelo che si concentra nella “Politica del padre nostro” e che la Chiesa chiama “sociologia cristiana”., di cui formidabile promotore fu nel XIX.mo secolo il Beato Toniolo.
La Chiesa, nella sua esperienza, è giunta a distinguere le diverse possibilità che ha un laico da quelle di un religioso o di un pastore a riguardo degli interventi nell'area politica.
Il criterio globale consiste nell’ evitare tutto ciò che può allontanare dal bene comune ed in particolare dal povero, dalla gioventù e dalla sua educazione integrale; allo stesso tempo, porta ad un atteggiamento di costruttivo dialogo con tutte le persone responsabili del bene comune, al di là della stessa loro fede religiosa e politica.
Se l’uomo “politico” e’ chiamato ad offrire una testimonianza radicale per la giustizia e la pace, a rifiutare tutto ciò che favorisce la miseria, e a cooperare con coloro che costruiscono una società più degna dell'uomo, di fatto il suo impegno sociale e politico non puo’ sgorgare che dalla sua qualità di cristiano e questo in primo luogo chiede che le parole e gli interventi abbiano come sorgente e anima viva la carità del Cristo Salvatore; come motivazione le esigenze del Vangelo e la volontà di soccorrere Cristo stesso in coloro che soffrono ingiustizia; come scopo cooperare all'affermazione del Regno, animando l'ordine temporale con lo spirito del Vangelo; come stile quello di una bontà dialogante che procede per le vie dell'amore. La politica “del Padre nostro”.
Dice a proposito Toniolo:

”Ecco il balsamo che ci preserva dalla corruzione e insieme ci avvalora d’intima fortezza, nel compito immenso e formidabile di preparare con il rinnovamento di civilta’ nel prossimo avvenire....Puo’ sorridere a questo richiamo di pieta’, in un compito si’ arduo e poderoso, chi non sa quale sublimazione di tutte le potenze umane si effettui nella conversazione con Dio (Eucaristia), e dimentica che l’incivilimento non e’ che la storia della congiunzione dell’umano col divino. Ma noi credenti sentiamo nel profondo dell’anima ed urge proclamarlo: chi definitivamente rechera’ a salvamento la societa’ presente non sara’ un diplomatico, un dotto, un eroe, bensi’ un santo, anzi una societa’ di santi.” (2)

L'unità nell'azione socio-politica è assicurata dalla coscienza del cristiano, guidata e illuminata da un riferimento fondamentale: l'amore liberatore di Cristo che si attua attraverso diversità di azioni. Qualunque cosa il cristiano faccia, quindi,  vuole essere «segno e portatore dell'amore di Dio” all’uomo, ad ogni uomo.(3)




(1)Ernst Wolfang Boekenfoerde,Mandato politico della Chiesa?: Studi cattolici 107(1970) pp 98-105.
 (2)B. GiuseppeToniolo in una Conferenza a Roma citata da Anichini, Toniolo Giuseppe, Bari, 1955,pp. 168-169.
(3)Sergio. Dall’Antonia SDB, Per una democrazia diretta, Acc. Alfonsiana Roma, Tip. Salesiana San Giorgio- Venezia, dic.1972, pp.76.


lunedì 10 dicembre 2012

Chiesa e Papato in ordine alla civilta'



Scheda

C
Chiesa e Papato e civilta'

La Chiesa e il Papato sono causa di incivilimento, risvegliando nei popoli, attraverso la vita religiosa, la coscienza di nazione e quindi di popolo, che ha una vocazione religiosa-civilizzatrice nella storia. La Chiesa ed il Papato illuminano cosi' le nazioni quasi fossero ministri di civilta' o  collaboratori.(1)


E' cosi che, nonostante la volonta' contraria dell'uomo, la civilta' non si realizza senza la Chiesa.
" L'azione speciale della Provvidenza intorno alla Chiesa - infatti- conduce, nostro malgrado, ad aggirarsi le sorti dell' incivilimento".(2)


L'autorita' della Chiesa e nella Chiesa non e' un autoritarismo, ma un ministero, un servizio che scaturisce dalla sua missione  autorevole e religiosa sulle coscienze e si esplica a bene comune. Per questo dunque la Chiesa e' guida di civilta' ed il Pontefice, "la sovranita' religiosa", esplica questa funzione a modo di ministero e di servizio per la pace a la promozione della civilta', che gli compete in modo tutto speciale.(3)


Ed in questo compito, un luogo ed impegno particolare e' riservato ai giovani.(4)



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(1) cfr. Giuseppe Toniolo,Indirizzi e concetti sociali all'esordire del sec. XX, in Democrazia cristiana. Concetti e indirizzi, vol 2: Opera Omnia,Serie 3, p147.153, 151-156.
(2) ivi, p. 195.
(3)cfr.: G. Toniolo, Per la concordia della coscienza pubblica..: Democrazia Cristiana.Istituti e forme: OO, Serie 4, vol.2, p. 325.
(4)cfr.: G. Toniolo,La nostra vocazione provvidenziale verso la patria, la societa', la religione: Scritti spirituali. Religiosi. Familiari. E vari, vol. 2: OO, Serie V, vol 2,pp 325-328.

lunedì 19 novembre 2012

Tempi attuali e Toniolo. Alcune idee.


Principi e idee  attuali... e Toniolo.





1- Principi ed idee.

- Urgenze

Dal Sommo Pontefice Benedetto XVI.mo (1):

 E’ necessario «cogliere nelle trasformazioni in atto l’incessante quanto misteriosa presenza di Dio nella storia».

“Il contenuto della dottrina sociale della Chiesa «non deve conoscere flessioni o ripiegamenti, ma al contrario va profuso con rinnovata vitalità, in considerazione del persistere e, per alcuni versi, dell’ag­gra­var­si delle problematiche che abbiamo dinanzi».


«Nell’ordinare le cose ci si deve adeguare all’ordine delle persone e non il contrario» (Gaudium et spes, 26).

Ma il discernimento di questo «ordine delle persone» non può avvenire seguendo mode passeggere o preferenze soggettive: «non può procedere senza una costante attenzione alla Parola di Dio ed al Magistero della Chiesa».

Il primo criterio di discernimento politico concerne «gli interessi più vitali e delicati della persona, lì dove hanno luogo le scelte fondamentali inerenti il senso dell’esistenza e la ricerca della felicità». Esse sono  ad esempio
 la Famiglia, "fondata sul matrimonio e aperta alla vita" .
« il rispetto della vita in tutte le sue fasi, dal concepimento fino al suo esito naturale - con conseguente rifiuto dell’aborto procurato, dell’eutanasia,
la liberta’ dell’educazione e della scelta religiosa.

“Un autentico progresso della società umana non potrà prescindere da politiche di tutela e promozione del matrimonio e della comunità che ne deriva» e di invertire la tendenza di un crescente isolamento dell’individuo, fonte di sofferenza e di inaridimento sia per il singolo sia per la stessa comunità
-  Una riflessione su  Morale  e Politica(2)
Il Papa nel suo discorso alla Curia del 20 dicembre 2010 ha paragonato la situazione attuale a quella esistente nel periodo della caduta dell’Impero Romano, durante il quale è avvenuto il disfacimento morale e civile di un’intera società.
Il Pontefice afferma che oggi come allora “il mondo con tutte le sue nuove speranze e possibilità è, al tempo stesso, angustiato dall’impressione che il consenso morale si stia dissolvendo, un consenso senza il quale le strutture giuridiche e politiche non funzionano; di conseguenza, le forze mobilitate per la difesa di tali strutture sembrano essere destinate all’insuccesso”
La “dittatura del relativismo” che investe l’intero Occidente comporta delle gravi conseguenze sul piano etico, perché viene negata l’esistenza di una base morale oggettiva, capace di garantire un consenso comune sui valori essenziali che devono orientare l’agire personale e sociale.
L’“etica della discussione” proposta da Jürgen Habermas, oggi ampiamente condivisa, favorisce un dialogo infinito tra diverse proposte morali, senza potere pervenire a conoscere ciò che è veramente bene e ciò che è veramente male.
Se è impossibile distinguere oggettivamente il bene dal male, chi può impedire a una maggioranza parlamentare di approvare delle leggi che consentano l’uccisione di persone disabili o affette da gravi malattie, o che promuovano la pedofilia, la prostituzione, ecc. ?
Il relativismo morale, largamente diffuso nel mondo politico, non è forse la causa dell’affermazione del “totalitarismo” delle democrazie, denunciato da Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus (1991) e nell’Evangelium Vitae (1995)?



Maggioranze parlamentari hanno approvato leggi che permettono il matrimonio tra omosessuali e l’adozione di bambini, l’eutanasia anche di minorenni e l’uccisione di esseri umani innocenti, tramite l’aborto e la soppressione di embrioni umani.
In futuro questa “cultura della morte” continuerà il suo percorso distruttivo se non verrà arginata da politici di buona volontà che, eticamente ben formati, riconoscano nella legge morale naturale il fondamento di un’etica universale, valida in ogni tempo e in ogni luogo.


 -  Morale naturale e Politica

La Commissione teologica internazionale ha affermato, in un suo documento , che “la legge naturale appare come l’orizzonte normativo nel quale è chiamato a muoversi l’ordine politico”
Afferma San Tommaso d’Aquino che “il primo precetto della legge è che bisogna fare e perseguire il bene e evitare il male. Su questo precetto si fondano tutti gli altri precetti della legge di natura”.
I principali precetti sono espressi nei Dieci Comandamenti (il Decalogo comunicato da Dio a Mosè), i quali, pur essendo una rivelazione divina, di per sé sono conoscibili da ogni uomo tramite la luce naturale della ragione, indipendentemente dalla fede. 
Dio, afferma Sant’Agostino, “scrisse nelle tavole della Legge ciò che gli uomini non leggevano nei loro cuori”.
La legge morale naturale, essendo inscritta nei “cuori” da Dio, è universale ed immutabile e determina le basi dei fondamentali diritti e doveri della persona e della legislazione della società civile.
Il cattolico è facilitato nella conoscenza dei precetti morali dal Magistero della Chiesa, che richiama i fedeli alla loro osservanza, ed evidenzia come “la Legge è profezia e pedagogia delle realtà future”. Essa profetizza e presagisce la Nuova Legge evangelica, espressa nel Sermone della montagna, che “è principalmente la stessa grazia dello Spirito Santo che è dato ai credenti in Cristo” (San Tommaso d’Aquino).
Jaques Maritain sostiene che “la vera filosofia dei diritti della persona umana si fonda  sull’idea della legge naturale.
 La stessa legge naturale, che ci prescrive i nostri più fondamentali doveri, e in virtù della quale ogni legge obbliga, è essa pure quella che ci assegna i nostri diritti fondamentali”.

E’ oggi necessario che una nuova generazione di politici sia formata cristianamente e sia consapevole del nesso inscindibile che esiste tra morale naturale e politica.
Soltanto così sarà possibile difendere quei valori assoluti, e quindi non negoziabili, che sono il fondamento morale della società.

Il Cardinale Angelo Bagnasco, ha dichiarato in proposito: 
“I credenti devono ricordare i valori primari sui quali si fonda ogni convivenza umana. 
Vita, famiglia, libertà educativa e religiosa. 
Da qui discende ogni altro valore necessario al bene della persona e della società”.


- Religione e politica(3)

Benedetto XVI.mo dice :
„Nessuna società può svilupparsi in maniera sana senza affermare il reciproco rispetto tra politica e religione, evitando la tentazione costante della commistione o dell’opposizione.
Il rapporto appropriato si fonda, innanzitutto, sulla natura dell’uomo – dunque su una sana antropologia – e sul pieno rispetto dei suoi diritti inalienabili. 
La presa di coscienza di questo rapporto appropriato permette di comprendere che esiste una sorta di unità-distinzione che deve caratterizzare il rapporto tra lo spirituale (religioso) e il temporale (politico), perché ambedue sono chiamati, pur nella necessaria distinzione, a cooperare armoniosamente al bene comune.
Una tale laicità sana garantisce alla politica di operare senza strumentalizzare la religione, 
e alla religione di vivere liberamente senza appesantirsi con la politica dettata dall’interesse, e qualche volta poco conforme, o addirittura contraria, alle credenze religiose. 
Per questo la sana laicità (unità-distinzione) è necessaria, anzi indispensabile ad entrambe.

La sfida costituita dalla relazione tra politica e religione può essere affrontata con pazienza e coraggio mediante una formazione umana e religiosa adeguata. 
Occorre richiamare continuamente il posto di Dio nella vita personale, familiare e civile, e il giusto posto dell’uomo nel disegno di Dio. 
E soprattutto, a tale scopo, occorre pregare di più” (Ecclesia in Medio Oriente 29).

“Il cristiano sa che la politica terrena della pace non sarà efficace se la giustizia in Dio e tra gli uomini non ne è l’autentica base, e se questa stessa giustizia non lotta contro il peccato che è all’origine della divisione.”
Benedetto XVI esortazione apostolica post-sinodale "Ecclesia in M. Oriente"
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(1) ( Vedi: Zenit  23 sett 2012)
(2) (Vedi: Maurizio Moscone, sabato, 27 ottobre 2012  ZENIT.org)
(3) (Vedi: Zenit 18 nov.2012 )

2- Ritorno alla fonte
(Rielaborando le idee di  padre Alfonso Bruno)
da Zenit 18/ 11/ 2012.
Nel mondo globalizzato è urgente restituire all'uomo un'immagine nella quale tutte le parti si rapportano ad un centro: Dio

- Idee contemporane, crisi globale
e le possibili soluzioni fondandosi sulla dottrina sociale della Chiesa
e guardando a Toniolo  ed al suo pensiero.

Marie-Dominique Philippe, filosofo domenicano scomparso nel 2006, in Retour à la source, paragonava la filosofia contemporanea al fiume tumultuoso in piena che raccoglie molti affluenti e trascina a valle cadaveri. Invitava pertanto alla “risalita a monte” , all’andare controcorrente, per scoprire la sorgente della saggezza.

Nella ricerca storiografica i cadaveri che si lasciano trascinare dal fiume sono individuabili in tre trittici di personaggi che hanno dominato la scena della cultura europea frantumando l’eredità ebraico-greco-latino-cristiana. 

I primi tre “riformatori” sono Lutero, che ruppe l’unità della Chiesa; 
Cartesio che spostò l’asse della ricerca filosofica da Dio all’io; 
Rousseau che teorizzò l’assoluta sovranità del popolo che dovrebbe obbedire solo a se stesso.

Il secondo trittico è costituito invece da Darwin, Marx e Freud che negarono la libertà dell’agire umano cercando nell’evoluzione della specie, 
nelle strutture socioeconomiche
e nell’inconscio 
le cause del comportamento umano e liberando l’uomo dalla sua relazione con Dio.

Nel terzo trittico
Ernest Renan a livello teologico negò la divinità di Cristo e ridusse la religione a una morale naturale, 
André Gide a livello sociologico giustificò qualsiasi comportamento, anche il più immorale, come libera scelta dell’individuo 
e Jean Paul Sartre a livello filosofico fece del nulla il fondamento di una filosofia disperata, contaminando esistenzialismo e marxismo.

L’arte, come espressione creativa ed estetica della conoscenza e dell’esperienza dell’uomo, non fu da meno nella creazione dei mostri.
Poeti, pittori e romanzieri accompagnarono la scristianizzazione e la disumanizzazione della cultura contemporanea.
Francis Bacon, Pablo Picasso e Salvador Dalì sono il segno più evidente di questo processo.

“Il triplo trittico”, tuttavia, oltre a dare vita a correnti di pensiero e movimenti politici che si sono succeduti e accavallati, ha anche provocato una salutare reazione, quella di chi vuole “risalire la corrente” per affrancarsi dall’elemento ideologico, purificare la Modernità e al tempo stesso assimilare quello che c’è di buono in essa.

La fede in Cristo non ha mai guardato solo indietro 
né mai solo verso l'alto, 
ma sempre anche in avanti verso l'ora della giustizia 
che il Signore aveva ripetutamente preannunciato (Spe Salvi).

Sarebbe semplicistico, infatti, dire che il mondo moderno è un mondo secolarizzato, da ripudiare, mentre quello medievale è un mondo cristiano, da accettare in toto.
Anche l’Antichità si presenta come Giano, il dio bi-fronte dei romani: una faccia cristiana e profondamente umana e un’altra faccia da schizofrenico per la confusione degli ordini naturale e soprannaturale che portò a due identificazioni ingiustificate: potere spirituale con potere politico e appartenenza alla Città di Dio con l’appartenenza alla città terrena.

-  Il pensiero e l’azione sociale e politica
 del Cattolicesimo nelle figure dei Santi.


Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine – di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata. E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza – lei che con il suo « sì » aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo; lei che diventò la vivente Arca dell'Alleanza, in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi, piantò la sua tenda in mezzo a noi (cfr Gv 1,14).

Ma accanto a Lei, poniamo pure le figure stellari dei Santi che  racchiudono nel loro numero figure di uomini del sociale come il Beato Giuseppe Toniolo.
Toniolo si e’ orientato alla storia, al Medio Evo di cui ha rivalutato le luci, soprattutto si e’ aperto alla dottrina sociale che scaturisce dalla Chiesa, dal Vangelo, dalla Tradizione e dal Magistero autorevole della Chiesa.

„Capire le origini intellettuali dei movimenti culturali giova ad un’analisi serena ed approfondita del mondo circostante.

E’ questo il dovere di ogni comunicatore, onesto per scienza e coerente in coscienza.
Trasmettere il messaggio della Buona Novella, parlare oggi di Chiesa, formarsi per formare ad una mentalità cattolica significa ampiezza di orizzonti e un rigoroso approfondimento in quello che c’è di perennemente vivo nell’ortodossia cattolica”  (padre Alfonso Bruno).
Concludendo:
 e' necessario un ritorno alla fonte. Nel mondo globalizzato è urgente restituire all'uomo un'immagine nella quale tutte le parti si rapportano ad un centro: Dio, e di li’ costruire un nuovo progetto politico.


3- E Toniolo?...


Tutti i tentativi di strutturare la società, partendo solo dall'alto, non approdano in definitiva che ad una organizzazione non pienamente umana, collettivista. La salvezza sociale non può venire se non dalla energia che passa dal basso: dalla persona rigenerata da Cristo. Lo spirito evangelico di dignità personale e di servizio, attraverso la persona, sale alla formazione della società etico-civile, alla formazione cioè della comunità umana di civiltà. Le forze profane autonome di questa comunità, permeate dal cristianesimo, operano nel loro ambiente con una modalità nuova: individui, classi sociali, associazioni e lo Stato attuano la loro azione sociale secondo coscienza,con senso di unità e di solidarietà, democraticamente. Si va realizzando così la democrazia di civiltà che, passando attraverso quella sociale, si esplica in quella economica, giuridico-civile e politica; ma il cui punto forza è la Parola di Dio, il Vangelo, che si incarna nella vita dell’uomo credente, che la traduce nella realta’.
Tutti i tentativi, che vogliono strutturare una società di salvezza in cui esista autentica civiltà, non possono passare se non attraverso una comunità rigenerata dal cristianesimo e da esso strutturata in democrazia autentica. Quest'ultima è la democrazia evangelica: ove il più forte è a servizio del più debole.


E dunque...

Si scopre e si afferma oggi ciò che la polvere del tempo aveva fatto dimenticare, ed è stato detto da Toniolo. L'impegno sociale «può avvenire solo sulla base della consapevolezza che il principio democratico, fondato sul trionfo della quantità, è destinato a trasformarsi nel principio dell'oppressione e dell'assolutismo, se non viene riempito di un valore umano illuminato dalla fede.
La democrazia, nata politica, nel secolo diciannovesimo è divenuta sociale nel secolo ventesimo; è necessario però compiere un altro passo: trasformare la democrazia da politico-sociale in democrazia etico-morale. 
La storia dunque costringe gli increduli a riconoscere quale sia la strada giusta per la costruzione di una autentica società civile: quella dell'autentica democrazia nata dal Vangelo.
...Toniolo l'ha indicata.






4- Un ulteriore approfondimento
           




- Attualita' e problemi...


L’ On. Olimpia Tarzia  Presidente Nazionale Movimento PER (Politica Etica Responsabilità) affermava nella sua prolusione circa la Scuola di politica il 18 novembre a Roma:
 ( cfr.: Zenit 20/ 11/ 2012)
Mi sembra di poter riassumere i principali elementi, che devono caratterizzare una ripresa dell’impegno dei cattolici in politica, nei seguenti temi: significato pubblico della fede cristiana, confronto serio con una laicità non ideologizzata, critica alla dittatura del relativismo, recupero e consapevolezza del concetto di legge morale naturale, rifiuto del bene comune inteso come minor male comune e della politica come compromesso al ribasso, rifiuto della ideologia della tecnica, liberazione dei temi dell’ambiente e della pace dal moralismo politico che spesso li strumentalizza, coerenza nell’impegno politico.


-  E che ne direbbe Toniolo?...
Proviamo un po’ a riassumerne il suo pensiero circa quei diversi “elementi” elencati dall’Onorevole Olimpia T.:

1 - Che ne pensa circa  significato pubblico della fede cristiana?...

Toniolo:
-                     La fede cristiana vissuta storicamente nel cristianesimo ha la capacita’ di assumere le varie culture presenti, passate e future per elevarle ad essere espressione di civilta’ cristiana. E cio’ fa permeando di se’ ogni cultura, dal di dentro.
        ( Discorso di apertura del convegno di Milano 1907: Democrazia cristiana. Concetti e  indirizzi...,, vol. 2: O.O., Serie 3, vol.3, pp.305-306)

2 - ...e del confronto serio con una laicità non ideologizzata?...

Toniolo:
 “Vi sono dei germi di vita immortale che sostenta e feconda l’incivilimento. Essi vengono trasfusi e perpetuati sub specie aeternitatis dall’opera mediata di autorita’ del vertice dello Stato congiunta con altre energie vergini, risalenti dalle viscere delle popolazioni sotto l’azione immediata della fede e della Chiesa” ( Problemi e ammaestramenti ...: O.O., serie 1, vol 1, p 9)
Il che significa nel contesto dell’opera citata (pp.1-102) che il progresso umano  (incivilimento) non puo’ essere che cristiano ed e’ oggetto di un’azione creatrice triplice: lo Stato, il Popolo, la Chiesa. E ancora, che l’azione creatrice di progresso
( civilta’) ha la sua  gerarchia di forze energetiche che lo producono: l’energia immediata della fede e della Chiesa, l’energia mediata dell’autorita’ statale, l’energia vergine (laicita’) dell’uomo, arricchito delle prime due.
E’ dunque solo l’azione libera umana fecondata dal divino della fede e dalla Chiesa che opera una civilta’ (progresso) perenne.
Il progresso (civilta’) e’ una realta’ complessa, la cui realizzazione esige una convergenza di forze, ma che si riduce all’azione responsabile dell’uomo, nell’armonia di una energia che viene dalla liberta’ personale, dall’ autorevolezza dell’autorita’ e dal divino che e’ presente dopo l’Incarnazine nella storia dell’uomo. La perennita’ del progresso e’ basata unicamente sull’azione umana sostanzialmente rigenerata dalla fede e dalla Chiesa, dal Cristianesimo.
“Principi e popoli non avrebbero mai sospettato che nel tesoro inesauribile delle verita’ antiche e nuove del Cristianesimo, questo racchiudesse ancora esplicite dottrine dirette contro questa esiziale compenetrazione organica della politica con la religionePer Toniolo il vero senso della laicita’ consiste nell’autonomia della realta’ mondana, umana e politico-sociale che permette di svolgere ordinatamente e gerarchicamente i i propri compiti secolari, pur essendo ogni realta’ orientata come a suo centro ed a suo fine ultimo a Cristo. E’ l’esigenza intrinseca di ogni realta’ umana a conformarsi al piano provvidenziale della sua realta’ secolare. E’ il compito che spetta a ciascuno di orientare la citta’ terrena ai valori secolari indirizzandoli poi finalisticamente e responsabilmente come a loro fine ultimo al valore ultrasecolare che e’ quello soprannaturale.(Cfr. Il pensiero di Toniolo: Anichini, Giuseppe Toniolo, Bari, 1955,p165).

3 - Come esprime una sua critica alla dittatura del relativismo?...

Toniolo:
 “Dalla fiducia inconcussa nella propria intelligenza divinatrice”, si nega il soggettivismo;
“dai tesori delle sperienze ammonitrici “, si rifiuta l’idealismo;
“dalla coscienza profonda della propria liberta’ e responsabilita’ “ci si oppone ad ogni determinismo filosofico;
“dalla responsabilita’ in ordine al dovere morale per i singoli e dalla certezza di una missione civile da compiere da parte delle nazioni”, si nega il materialismo e  ci si oppone al pessimismo ateo e materialista;
“dalla fede in un Dio provvidente, la cui autorita’, intrecciata alla umana liberta’, si appalesa in tutta la storia per guidarla al fine di una larga ed intensa vita etico- sopirituale in cui e’  civilta’e che si identifica con il Regno di Cristo”, si  nega ogni evoluzionismo materialista, deismo ed agnosticismo.(cfr.: H. Spencer nelle scuole sociologichecontemporanee: L’odierno problema sociologico, 1904: OO, Serie 3  , vol.1  , p. 457).
 E con cio’ mi par chiaro che si rifiuta anche ogni relativismo...

4- Che ne pensa del concetto di legge morale naturale?...

Toniolo:
“Un’analisi critica della natura complessa dell’uomo, addita in lui, accanto al principio dell’utile, ancora quello del buono, figlio dello spontaneo riconoscimento di una legge morale imperante, che rigenera la coscienza del dovere: la quale poi alleandosi con altri piu’ generosi affetti del cuore umano, si introduce in altrettante tendenze della nostra natura immateriale, che sovrastano per eccellenza a quelle del piacere e dell’utile personale, ne temprano le esigenze e talora vi impongono assolutamente il silenzio.”
(Dell’elemento etico qual fattore intrinseco delle leggi economiche, 1874: OO, Serie 2, vol 2, pp 270-271).

Per Toniolo la legge naturale si identifica con la legge del dovere che venne poi elevata dalla legge della carita’ offerta dal Cristianesimo.
La legge morale evangelica poggia sulla legge di natura.
( Introduzione all’economia sociale, 1907: OO, serie 2,vil 1, p. 306)

5- E...il bene comune va forse inteso come minor male comune?...

Toniolo:
Il bene comune si instaura nella realizzazione dell’ordine sociale inteso come
“ sistema armonico di relazioni fra gli uomini conviventi, orientato a conseguire nell’obbedienza ad una legge etica suprema il bene di tutti. Cioe’ ad apportare quegli aiuti reciproci, con cui tutti, individui e famiglie, possono meglio effettuare il proprio perfezionamento, fisico, intellettuale, morale, coordinato al fine ultimo ultramondano, sicche’ la societa’ etico-umana serva alla societa’ domestica, individui e famiglie, e il bene di tutti al bene di ciascuno.” ( cfr:Introduzione all’economia sociale:OO. Serie 2, vol1, p. 290.)
Il bene comune lo trovi quindi nella societa’ organizzata in “un sistema di relazioni orientato ad attuare in modo progressivo i fini complessivi della convivenza, cioe’ della civilta’ (cristiana) nella societa’ etica, economica, civile, politica, organica
(cfr.:Il socialismo nella storia della civilta’: OO, Serie 1, vol. 1, p. 273).

6- E che ne pensa della politica come compromesso al ribasso ?...

Toniolo:
Basta questa mia frase: “ Vorrei che  ...gli altissimi papaveri, non punto recisi o calpestati, bensi’ serbando la propria preminenza, si piegassero spontaneamente all’ingiu’, quasi prendendo sulle braccia i piccoli per meglio sollevarli a se’ stessi, sicuri che facendo cio’ non adempiono che al loro dovere.” ( cfr.: Se io fossi...: Democrazia cristiana. Concetti e indirizzi, vol. 1: OO, Serie 3, vol. 2, p. 239).

7 - E..al rifiuto della ideologia della tecnica?...

Toniolo:
....
 In tutta la sua attivita’Toniolo  pone la persona con i suoi doveri e diritti al centro della vita sociale e tutta la vita umana nelle sue varie manifestazioni in collegamento con il fine ultimo soprannaturale...

8 - ...E il suo pensiero sulla liberazione dei temi dell’ambiente e della pace dal moralismo politico che spesso li strumentalizza?...
 e della coerenza nell’impegno politico?...

Toniolo:
Si deve rispondere con l’eticita’ della politica, vissuta con l’impegno nella fede cristiana.” Uno dei meriti del cristianesimo e’ quello di aver rivelato l’uomo a se stesso”
(cfr.: Recensione di A.Sala, L’ideale cristiano...: OO, serie 3, vol 2, p. 256).

- In fine...:

La lettura delle opere del Toniolo e delle su lettere ai giovani ci confermano nella sapienza di cui era ricca la sua dottrina, utile anche a noi per gettare luce e proposte circa la soluzione delle urgenze odierne.




mercoledì 31 ottobre 2012

Corporazioni e Democrazia sociale.


AM



Politica e suo rinnovamento.
Alcune domande…



Oggi si afferma
 (Zenit 28 ottobre 2012 nell’intervento di monsignor Luca Bressan, vicario episcopale della Diocesi di Milano per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale, uscito domenica 25 ottobre su Milano 7, il settimanale della Diocesi ambrosiana in edicola con Avvenire.):

”Da un lato la scelta, per alcuni versi obbligata, di aver fatto della politica soprattutto una professione, visto l’alto tasso di competenza richiesto; e dall’altro l’aver fatto coincidere sempre più la sfera della politica con l’azione dei partiti, hanno nei fatti innescato una spirale di delega di tutto ciò che è costruzione del legame sociale e cura del bene comune ad un settore autonomo, che si è via via costruito come un mondo a parte, autoreferenziale e sempre meno soggetto a regole e controlli. La nostra vita sociale quotidiana si è così vista privata di un bene essenziale: la capacità e la volontà da parte di ognuno di interessarsi del bene di tutti, collaborando in modo diffuso e gratuito alla costruzione di un’azione politica che fosse il frutto della società nel suo insieme.
Ad un simile impoverimento di azione è corrisposto un impoverimento di valori: del singolo individuo, sempre meno capace di riconoscere le sue responsabilità personali nella costruzione del tessuto sociale, e tentato di operare una lettura del legame sociale in termini di pura utilità e mero profitto; della classe politica, che ha via via interpretato il suo ruolo in termini corporativi, impegnata nella difesa dei diritti di alcuni gruppi sociali, e non più interessata a custodire, a sostenere e a trasmettere i valori che stanno alla base della nostra identità culturale e nazionale.”

Indiscutibile e vero.
Ma quando si dice:

“La classe politica, che ha via via interpretato il suo ruolo in termini corporativi, impegnata nella difesa dei diritti di alcuni gruppi sociali, e non più interessata a custodire, a sostenere e a trasmettere i valori che stanno alla base della nostra identità culturale e nazionale.


In quel “termini corporativi”  non si e’ vista forse la corporazione in senso negativo?…;ma e’ quella la corporazione a cui si riferisce Toniolo?....

Si afferma inoltre (ivi):

In una parola, si è persa la capacità di riconoscere il bene comune e i valori essenziali della persona umana come il fondamento e il collante del nostro vivere insieme; bene e valori da tutelare e sostenere con azioni politiche adeguate.


La visione di una democrazia sociale non e’ forse piu’ conforme al valore della persona e  quello della societa’ nel suo insieme e nelle sue diverse articolazioni?


Ma cose’ questa Democrazia sociale?

E che valore puo’ avere ancora il significato che Toniolo dava alle corporazioni?...




LA DEMOCRAZIA POLITICA COME SOCIOCRAZIA
— sociocrazia;
— classi;
— corporazioni;
— sintesi.



1. La democrazia politica come sociocrazia

Toniolo non lesina le sue critiche al parlamentarismo che faccia il gioco delle classi dominanti legandosi al capitalismo(1); non risparmia nemmeno quel parlamentarismo che promuova, attraverso il gioco dei partiti sulla massa, un livellamento sociale senza nome e senza volto: una società senza qualifica di organismo sociale-civile-economico.
Toniolo era ostile al parlamentarismo che crea la politica delle masse, orientandole al bene dell'organismo sociale in senso unilaterale a beneficio di un collettivo spersonalizzante. Egli era contrario alle pressioni partitiche sul Parlamento, accompagnate da capziose pressioni di piazza (2).
Per Toniolo non il capitale, né il parlamento, né lo stato, né il partito orienta la politica e fa una politica democratica fonte di progresso e di civiltà. Sono invece le classi sociali, che, in proporzione della loro funzione sociale e secondo lo spirito della solidarietà democratica, devono influire sull'esercizio delle funzioni politiche e sul loro orientamento. E ciò deve avvenire, perché la società concepita come organismo democratico avvalorato dal cristianesimo è la sola promotrice indispensabile dell'autentico progresso di civiltà. Ad essa dunque, a misura di lei e in conformità ad essa, e non ad altro, deve rifarsi continuamente e adattarsi incessantemente ogni azione politica e parlamentare, partitica e sindacale (3).
Per questo egli proponeva dei correttivi ad ogni politica di forza. Eccone un rapido elenco.
- Elezioni libere.
- Fuga da ogni forma di dittatura che affidi ad un uomo o ad una istituzione tutti i poteri.
- Composizione dei collegi elettorali in base all'ordinamento professionale delle classi sociali: da cui elezioni meno influenzabili e faziose e scelte preferenziali di veri rappresentanti di gruppo.
— Limitazione del potere parlamentare attraverso il referendum popolare.
Questa effettiva democrazia poggerebbe non tanto sulla potenza o sulla propaganda, quanto sui gangli sociali e valorizzerebbe non la ricchezza, ma la dignità umana espressa dal lavoro. Si giungerebbe finalmente ad un regime in cui una società tutta intera governa se stessa (4).
La democrazia politica in senso stretto si potrebbe definire per Toniolo come la participazione popolare al governo mediante qualificati rappresentanti di classe eletti a suffragio universale. 
Una democrazia non atomistica, ma una sociocrazia democratica (5).

Il concetto di democrazia politica intesa come sociocrazia va tuttavia ben inteso.
Toniolo non era favorevole ad una compagine politica formata da partiti ispirati da ideologie senza scrupoli, che cioè permettessero ad essi di agire con la pressione propagandistica sull'ignoranza delle moltitudini, per accentrarle attorno a se stessi in blocco partitico. Inoltre, se le moltitudini non erano qualificate, cioè educate alla vita civile, il loro voto esprimeva solo un appoggio estrinseco, un punto forza, ma nel senso di forza bruta, non razionale: era una applicazione della legge del più forte e non della legge della ragione.
Di qui la necessità di qualificare il cittadino, di renderlo atto ad esprimere un voto ed una scelta significativa: arricchire il cittadino di una educazione civile personale e dare alle sue scelte politiche una espressività di ambiente sociale (classe, corporazione) più che di partito.
L'allargamento del suffragio doveva perciò corrispondere all'accennata capacità. In seguito a ciò sarebbero sorti blocchi di partiti qualificati e significativi; le rappresentanze politiche e amministrative sarebbero state, pur esse, qualificate e significative.
Non avrebbero avuto alla base - né i partiti, né le rappresentanze -una massa informe, agitata, manipolata, ignara, aizzata, senza cognizione di causa. L'appoggio politico e la scelta politica non sarebbe nata puramente dalla forza del numero non qualificato (6). Egli sosteneva infatti che, salvi i diritti e doveri legati alla dignita’ di ogni persona umana, nella democrazia (cristiana) è la qualifica sociale che dona influenza sociale; la missione che dà competenza; il servizio che impone diritti degni di rispetto. Non il numero (7).
Ecco il senso di quella definizione della democrazia politica di Toniolo come democrazia politica identificabile con sociocrazia democratica.
La democrazia, concepita come sociocrazia, presuppone l'accettazione della strutturazione della società in gruppi di interesse affini (classi) e la loro organizzazione  in associazioni giuridiche in base alla loro professione. Appare qui in certo modo un indirizzo alle associazioni sindacali moderne...In sostanza, quando Toniolo parla di Corporazione intende un principio base come sua origine: non e' il numero, ma la persona con il suo valore in quanto tale e con le sue capacita' reali  e professionali che deve esser guida responsabile al paese, allo stato: dal Capo dello Stato all'ultimo cittadino. Questo e' il significato irrinunciabile e duraturo di corporazione.

2. Le associazioni di classe
Il valore personale, da un lato si manifesta e si sviluppa nella famiglia (organo e istituto sociale), dall'altro si perfeziona nelle classi sociali (gruppi affini per sede, per stato economico, per uffici, qualificabili come organi sociali) (8). In esse la ricchezza dell'ingegno, della virtù, dell'educazione, delle abitudini e della missione di ciascuno si consolida, avvalora e perpetua. Tali gruppi, qualora prendano coscienza di sé - qualora cioè scoprano e riscontrino nel proprio gruppo unità di fede religiosa, concordia di dedizione al dovere, sensibilità ai diritti reciproci, sentimento di carità che avvicina i componenti, desiderio di rispetto a tradizioni comuni, disponibilità al sacrificio costante per il bene sociale - rendono consapevole la persona di uno speciale dovere morale da compiersi comunitariamente nella pluralità delle attività. A causa delle classi sociali consapevoli di sé, appare un orientamento comune: la ricerca del bene di tutta la società, del bene comune.
Le classi sociali sono giustificate perciò dalla legge provvidenziale di tendere ad un fine: la perfezione personale nella perfezione sociale.
Sono esigite dal dovere etico che ne scaturisce: tendere a quel fine in armonia con la natura autonoma e socievole della persona, conformemente alle doti che indicano la missione sociale dei singoli (9).
Le classi sociali sono così un fatto morale, sono esigenza della natura umana personale e sociale, sono pure un fatto necessario e storico (10).
Il cristianesimo è promozione della persona umana nella sua autonomia e socievolezza e nella sua tensione al fine ultimo. Le classi sociali sono perciò un'istituzione cristiana per eccellenza (11).
Esse sono occasionate dalla diversità e gradualità di attitudini delle persone. Questa gradualità e diversità genera nella società di¬suguaglianze accidentali tra le persone e, di conseguenza, crea distin¬zioni e gerarchia di gruppi. Inoltre i molti e diversi compiti sociali specificamente diversi, pur convergendo al medesimo fine comune dell'intero consorzio umano, determinano classificazioni. Sorgono dunque le classi sociali, quali gruppi che riuniscono persone cointeressate da condizioni simili e scopi affini (12). Ma fin qui la classe è un «ceto di persone».
La classe non organizzata, priva di coscienza di sé, è detta da lui «ceto»; il nome «classe» si addice per Toniolo a quei gruppi sociali di cui sopra: che agiscono con coscienza di sé. Le classi in senso pieno sono quelle che «svolgono una autorevole rappresentanza comune, a beneficio di tutti i membri componenti, e particolarmente dei più deboli e numerosi fra essi» (13). In questo senso si possono intendere o concepire più che come organi, come istituti sociali: Toniolo lo fa.
Nelle classi sociali si rivelano e si accentuano i sentimenti di solidarietà sociale, di collaborazione generale, di senso del dovere; si scopre il valore proprio e la propria missione nella società.
In esse si esperimenta la vera democrazia. Nelle classi sociali infatti è evitato il dissolvimento nel collettivo e l'assorbimento politico; tra di esse - secondo lo spirito cristiano - vi è unità armoniosa, collegamento, scambio e reversibilità: passaggio da una all'altra (14)-
Le classi sociali, con la loro incidenza politica, sono atte a promuovere le leggi più opportune per i vari campi dell'attività sociale. Escludono ogni privilegio e sono fautrici perciò di eguaglianza sociale nella pluralità (15).
La diversità e gerarchia delle classi non afferma diseguaglianza di base tra le classi: pur essendo la causa della loro origine, si contraddistingue come una diseguaglianza superficiale (16).
Le classi sociali si articolano con gli istituti pubblici detti corporazioni o sindacati (associazioni rappresentative con valore socio-economico-politico); rinsaldano così la libertà e donano forza e valore ai più deboli (17). E ciò è democrazia cristiana (18).
Le classi sociali si dividono in «classi morali-civili» e in classi «economiche». Le prime sono impegnate a raggiungere i fini morali della società nell'ambito della religione, del diritto, della cultura, della politica. Le seconde sono orientate prevalentemente al raggiungimento dei fini economici materiali (19).
Le classi morali-civili emergono su quelle economiche «per la eccellenza e necessità indeclinabile dei loro uffici per la società e per lo Stato, rivestendosi del prestigio e dell'autorità di ceti dirigenti», ma ricevono stabilità e forza dalle seconde (20).
Entro questi gruppi fondamentali - classi morali e civili, classi economiche - si formano le singole classi. La spinta alla loro formazione nasce dalla coscienza personale della propria eccellenza unita ad un sentimento di capacità a fare il bene altrui e ad una sensibilità etica: «devo fare il bene altrui e ho il diritto di farlo in virtù di una legge morale superiore» (21).
La spinta al formarsi delle classi sociali viene anche da una tendenza: quella di voler ampliare e perpetuare la propria azione (ecco l'espansione sociale) (22).
La stabilità delle classi sociali è garantita dalla generazione, per cui i padri tendono a trasmettere le proprie funzioni sociali ai figli; dalla tradizione che collega le generazioni attraverso l'educazione, le consuetudini e le esperienze accumulate; dalla solidarietà sociale «che è convinzione di avere una distinta funzione nella società dal cui esercizio dipende il bene della classe coordinato al bene generale» (23); dalla coscienza di classe: «comunanza di ideali, doveri, diritti la quale sospinge e regge la operosità collettiva» (24); dal fatto economico che fornisce le condizioni materiali dell'esistenza; dalle virtù civili: lo spirito dell'ordine e dell'autorità, il senso del progresso e della libertà, la sollecitudine per gli interessi essenziali dell'umanità e la virtù di carità aperta alla società (25).
Lo spirito cristiano che anima le classi, in una democrazia cristiana, deve condurle ad evitare l'aspetto patologico.
È patologia delle classi sociali quella tendenza di incentrare in una sola classe le funzioni direttive, i diritti, i benefici economici; ciò è la negazione dell'assetto sociale, perché al di sotto della classe dominante organizzata e privilegiata, non si riconosce che moltitudini (26).
È ancora patologico chiudere una classe all'altra, impedendo il reciproco passaggio dall'una all'altra; tramutare la reciproca emulazione in lotta di classe (27).
È fatale ritenere fulcro e leva della vita delle classi la ricchezza: questo conduce all'asservimento dei deboli, alla violenza e all'abuso delle leggi (28).
È erroneo fondare la gerarchia delle classi sulla nobiltà, sulla ricchezza o sulla cultura. La gerarchia sociale non è basata tanto sui diritti della ricchezza o su quelli della superiorità intellettuale, quanto su quelli inalienabili della persona umana (29). Ciò significa che nello scoprire la gerarchia e la posizione di preminenza delle classi si deve considerare la funzione svolta nel passato dalla classe e la capacità nel presente di porgere un valido servizio sociale (30). È allora il dovere di servizio che qualifica la posizione gerarchica delle classi, non altro: al di fuori è patologia.
L'ordinamento sociale per classi è necessario come sono necessari i suoi fini etici, giuridici, civili, politici ed economici. Le classi non possono scomparire dalla società, senza compromettere la società stes¬sa: la loro recisione o sparizione sarebbe un processo potologico contro natura (31).
Compreso il concetto di classe, è opportuno conoscere quello di corporazione. Questo ci permetterà una valutazione equilibrata della democrazia politica di Toniolo intesa come sociocrazia.


3. La corporazione
Concetto.
La corporazione nel suo concetto essenziale, separato quindi da ogni aspetto transitorio e patologico, è un' «associazione autonoma e permanente fra gli addetti ad uffici economici affini, allo scopo di rappresentare, proteggere e favorire gli interessi molteplici (materiali e morali) della propria classe coordinati a quelli delle altre classi gerarchiche della società» (32).

L'unione professionale.
Il sistema corporativo, inteso in senso lato, si esplica concretamente in una primissima forma elementare: l'unione professionale locale stretta tra gruppi di componenti una determinata classe. Tale unione professionale non è unica dal punto di vista ideologico. In ogni circolo territoriale la classe può avere - conformemente alla libertà umana e alla libertà di coscienza - vari tipi di unioni professionali. L'unione professionale non può conglomerare coattivamente e pretendere di rappresentare anche persone di diverso programma politico, morale, religioso: si dà pluralismo di unioni professionali. «Questa libertà di erigere unioni professionali parallele, di diverso colorito e spirito, è decisiva» (33): l'unione professionale infatti è focolaio di convinzioni e non ha compito politico, ma sociale (34). Nell'organismo democratico cristiano queste unioni professionali dovrebbero essere confessionali; ma la confessionalità dell'unione professionale che si orienti all'ideologia democratico-cristiana dovrebbe esser, per Toniolo, un'accettazione palese e un pronunciamento pubblico per l'idea cristiana, per Cristo. In questo caso la parola «confessionalità» appariva a lui disadorna e inadatta, ma necessaria.
La confessionalità di tali corporazioni significava per lui identificarle con organismi di azione sociale palesemente cristiana; specificarle come «sodalizi» con «pratiche religiose» proposte e non esigite (35), orientati ad educare il popolo alla vita cristiana nella società: «una grande scuola pratica di educazione etico-religiosa» (36). Ciò significava pure coordinarle all'attività propria del clero (37), non a scapito della libertà d'azione (38), ma secondo uno scopo: animare l'azione (39) ed unire l'impegno di tutti, rispettando la competenza propria di ciascuno e subordinando tutti al fine religioso: a Cristo (40).
Toniolo riconosce che il loro essere religiosamente confessionali ripugna alla tendenza per la neutralità di tutte le istituzioni sociali (41); ma è certo che, salvaguardata l'autonomia di competenza, il contrario è un errore. Errore psicologico, perché ogni istituzione che non arriva al fondo dell'anima del popolo è morta (42); errore sociologico, perché le istituzioni durature e di valore sono solo quelle che servono ai fini spirituali e di civiltà, la cui base, anima e vertice è la religione (43); errore storico, perché le corporazioni neutre hanno condotto all'ateismo (44); errore pratico, perché le associazioni socialiste ispirate all'egualitarismo non sono certo a difesa della retta eguaglianza umana (45).
Se Toniolo dovette recedere circa l'attuazione di tali corporazioni, non ritirò mai l'idea della loro validità, pur con le debite accomodazioni (46), e ciò in vista di una loro necessaria funzione nella storia del progresso umano di civiltà (47).

La corporazione di classe.
L'unione professionale, connaturale ai soci più che alla classe, prepara le corporazioni vere e proprie: prepara le unioni professionali di classe.
Le forme tipiche sono due: quella semplice in cui la corporazione è costituita da soli proprietari (capitale) o da soli operai (lavoro), quella mista formata da padroni e lavoratori. Prevale praticamente il tipo di corporazione semplice.
La sua dote è l'unicità. Essa è più aperta dell'unione professionale, perché raduna i membri di una stessa professione, al di là delle convinzioni personali, in una associazione che cura gli interessi della professione considerata in se stessa.
Corporazione in senso stretto sono allora le unioni professionali nell'esercizio delle funzioni pubbliche, per cui si chiamano «corpi politici» (48) e sono organismi specifici con funzione di istituto sociale. Formano la rappresentanza qualificata di un settore di vita dello stato. Svolgono il compito politico mediante i delegati che li rappresentano (49).
La corporazione così intesa è l'associazione rappresentativa degli addetti ad una specifica professione ed è legata in solido al bene dell'in¬tera classe e dell'intera compagine sociale.
Tali corporazioni corrispondono alla seconda parte dello slogan a cui si ispirava Tomolo; «sindacato libero nella professione organizzata» (50).
Importanza.
Le corporazioni sono direttamente opposte all'individualismo egoistico e alla stratificazione massificante (51). Manifestano la legge organica della vocazione di ogni persona e di ogni ceto sociale per il bene comune; rendono pure palese la tendenza naturale della persona e della società ad integrarsi nello stato (52). Garantiscono la libertà, l'eguaglianza, la giustizia, la carità e la religiosità umana. Sono un baluardo della persona e della società. La libertà personale in esse è la¬sciata intangibile e integra. All'individuo non è negata libertà di movimento, possibilità di passare da una associazione all'altra, libertà d'azione. Tale libertà anzi è avvalorata dagli interessi dei consoci che condividono i medesimi intenti; è avvalorata anche dalla solidarietà interna e dalla personalità giuridica che l'associazione acquista all'esterno. Se vengono esigite mutue prestazioni e determinate osservanze che dirigono la libertà personale, si è tuttavia ricompensati di questa apparente coartazione dai vantaggi che derivano da una ordinata convivenza civile, come la più facile prosecuzione del risultato finale.
L'associazione professionale animata dal cristianesimo conserva poi l'egualianza della persona. Se l'associazionismo cristiano impone delle specificazioni che pongono una certa distinzione tra i gruppi e tra le persone, cionondimeno non viene sminuita l'eguaglianza personale; ma stimolata la persona al progresso (53). Il sistema corporativo non elimina, ma promuove l'eguaglianza e la sviluppa. L'associazionismo professionale infatti, se esige autonomia, la vincola tuttavia, poiché presuppone la libertà altrui e la possibilità di intervento dello Stato contro ogni abuso (54).
La giustizia e la carità sono rispettate. Le corporazioni infatti sono applicazione del cristianesimo che è promozione di tutti. Ora la morale cristiana esige l'attuazione della giustizia e carità verso tutti; e se questo «verso tutti» non è realizzato nella società, le corporazioni, avvalendosi del diritto naturale di associazione, lo rendono attuale, Esse fanno così opera di giustizia e di carità cristiana nella tranquillità di un ordine gerarchico operoso, ossia nella pace (55).

Funzione.
Se la classe è un prodotto essenzialmente morale, economico, storico della società, la corporazione è il riconoscimento giuridico-civile della prima (56). Corrisponde alla necessità di una struttura ordinata, organica della società in vista di veraci progressi sociali in favore delle classi meno progredite, quindi in vista di una società più democratica. La corporazione assume il ruolo di istituzione in cui le moltitudini possono prendere dignitosa coscienza di classe, sentire la comunanza di interessi, la validità dei diritti privati, la solidarietà fra tutti e il sostegno di una rappresentanza collettiva permanente (57).
Secondo Toniolo la corporazione dovrà assumere l'aspetto di una istituzione sodale-politica obbligatoria (58) - l'obbligo non toglie nulla alla libertà e dignità umana, ma la avvalora perché è una obbligatorietà che riguarda il dovere di tutelare la propria dignità umana e libertà (59) - e sarà il cemento di una società fondata su Cristo (60).
Ma perché ciò avvenga è necessario, ritiene Toniolo, che le associazioni corporative nascano spontaneamente, acquistino sempre maggior valore sociale, e quindi, con l'evolversi delle situazioni storiche (61), esercitino una funzione giuridico-amministrativa nel paese; assumano cioè pieno valore civile-politico (62).
La funzione del sistema corporativo dunque è quella di dare costituzione organica alla classe; assumerne la rappresentanza economica, giuridica, civile; custodirne i valori; interpretarne la vocazione sociale e le aspirazioni; sostenerla nel soddisfacimento delle sue esigen¬ze conformi alla dignità umana e alle sue necessità, quali il diritto e il dovere di autoelevazione; realizzarne la vocazione sociale in armonia e collaborazione con le altre classi e nella giusta autonomia in seno alla nazione (63). Ma è propriamente la professione organizzata nella corporazione (in senso stretto) quella che svolge un compito politico.
Essa tuttavia non lo svolge in modo pieno, perché essa è solo sulla soglia dell'attività politica propriamente detta: di quell'attività intesa come governo diretto della vita complessa dello Stato e che compete al Governo e al Parlamento.
La corporazione svolge una funzione politica non direttamente, ma attraverso i suoi rappresentanti. Questi ultimi, eletti nella classe in proporzione numerica delle corporazioni, formano un «ente complesso» con il compito di rappresentare e amministrare gli interessi generali economici dello Stato (64).
Attraverso vari corpi rappresentativi gerarchici le corporazioni locali, comunali, provinciali, regionali giungono all'unico organismo denominato Consiglio supremo. In questo organo corporativo supremo sono presenti, per elezione proporzionale, i rappresentanti delle varie corporazioni di classe, i quali, pur conservando le loro diverse ispirazioni ideologiche (65), tendono all'unico scopo di realizzare i fini dell'economia, i beni del progresso materiale e spirituale per i singoli e per la società in vista della civiltà, bene supremo della nazione.
Attraverso tale organo consultivo le corporazioni ricongiungono le classi sociali e la società intera allo Stato: ricongiungono la vita reale della società al compito dello Stato. Il Consiglio supremo agisce sul parlamento con il peso dell'opinione di tutte le corporazioni confederate, le quali svolgono deliberazioni e provvedimenti sociali all'interno di se stesse, godono personalità giuridica e sono collegio elettorale del parlamento stesso. Persino il parlamento dovrà trasformare se stesso in forma corporativa (66). Tutti gli organi politico-amministrativi dello stato dovrebbero anzi trovare il personale nei delegati eletti dalle corporazioni gerarchicamente e organicamente coordinate ad un settore di vita dello Stato. Tali delegati sarebbero specifìcamente competenti e qualitativamente rappresentativi (67) della missione, doveri e diritti dei vari ceti sociali.
Le corporazioni confederate dovrebbero anzi divenire organi affiancanti l'azione giuridica, legislativa e amministrativa dello Stato (68). 
Giuridica: svolgendo opera di conciliazione tra le parti contendenti (capitale e lavoro) o pronunciando giudizi arbitrali efficaci attraverso le proprie istituzioni interclassiste. 
Legislativa: coordinandosi o subordinandosi all'azione legislativa dello Stato attraverso la consultazione, l'informazione e la promozione della legislazione sociale dello Stato.
Amministrativa: vigilando sull'applicazione della legislazione economico-sociale.
Qui si scorge l'autentica democrazia dell'ordine sociale cristiano proposto da Toniolo. Vi è infatti ampiezza di base nella vita politica; rispetto della dignità e del valore di ogni cittadino; organizzazione dello Stato in funzione della società; collegamento delle reali esigenze del popolo laborioso con gli indirizzi politico-amministrativi provenienti dall'alto; accentuazione del senso di responsabilità e di collaborazione; esclusione del sistema di lotta di classe; appello ad una necessaria maturazione della persona umana; coordinamento del capitale al lavoro.
La corporazione, favorita dai regimi assolutisti e legittimisti, abolita dai governi liberali, veniva così riproposta da Toniolo contro l'individualismo e il collettivismo, quale strumento cristiano di ele¬vazione economica, sociale e civile, e come via alla autentica civiltà (69).
Sembra giusto perciò concludere con A. Ardigò (70) che chi svaluta l'idea corporativa di Toniolo, svaluta il diritto innegabile di natura che è il comporsi in associazioni di classe semplici o miste, oppure fraintende il suo pensiero che preannuncia il sindacato democratico dei nostri giorni e non il corporativismo istituzionalizzato misto, partigiano di una classe ed espressione del potere imperante (71).


4. Sintesi
Toniolo vedeva la realtà economico-sociale politica ordinata in questo modo. Ceti eretti sulla ricchezza mobile e immobile, sull'agricoltura, sull'industria, sul commercio; e ceti eretti su una triplice nobiltà: delle dignità, del sapere, degli uffici pubblici (72). Riassumevaquesta realtà in tre classi supreme: quella fondiaria, quella della ricchezza e quella spirituale (73). In ciascuna classe scorgeva le professioni. Asseriva la inalienabile superiorità del lavoro sul capitale; della persona sulla collettività; della società sullo Stato. Programmava, ispirandosi al Vangelo, una «sociocrazia cristiana» (74) che sostituisse l'aristocrazia sociale e di governo con la democrazia fondata sul lavoro, ove ogni persona fosse al centro dell'interesse sociale e trovasse dignità, rispetto, servizio in ordine ai suoi fini (75). Per questo egli favorì il sistema corporativo che, riaffermando la classe, riproponeva la dignità della persona, l'importanza del lavoro e l'eccellenza della democrazia; per questo egli sostenne che «tutti i corpi politici rappresentativi devono uscire, in qualche modo almeno, da enti corporativi di classe, ripondenti ad altrettanti collegi elettorali permanenti» (76).
Per esemplificare.
Dalla piccola rudimentale unione professionale nel campo del commercio, dell'industria e dell'agricoltura, si doveva passare al consiglio d'azione, di officina, di azienda colleganti le unioni professionali con i datori di lavoro. Dalle unioni professionali semplici degli operai e dei detentori del capitale si doveva arrivare alla corporazione semplice federata, formata dai rappresentanti delle varie unioni dei settori del commercio, industria, agricoltura.
La corporazione semplice federata doveva avere potere legislativo interno, autorità di decisione in campo economico, personalità giuridica, e costituire un collegio elettorale; entrare in rapporto con quella parallela attraverso la Commissione mista d'intesa; eleggersi l'Assemblea locale dei rappresentanti.
La confederazione di corporazioni semplici doveva ripetersi attraverso i rappresentanti eletti, con medesime funzioni e proprietà, su scala comunale, regionale, nazionale, entrando sempre in rapporto con le corporazioni semplici confederate parallele attraverso le Commissioni miste d'intesa. Si giungeva così al Consiglio supremo (Assemblea nazionale, Consiglio sindacale) affiancante il parlamento.
Il parlamento stesso doveva assorbire in sé il sistema corporativo: qualificarsi in tal senso più che in linea partitica, per svolgere una funzione di reale servizio alla società, alle classi, alle persone, in corrispondenza alle vissute necessità del paese (77).
Uno stato così strutturato doveva aprirsi infine all'associazione internazionale. La Chiesa allora, ricollegando i «distinti circoli autonomi» delle società organiche «all'umanità universale», avrebbe dato origine all'«unico vero ordine sociale»: l'ordine sociale cristiano che unisce le nazioni nel compito della civiltà (78).




NOTE
(1) G. TONIOLO, Una pagina della filosofia della storia: O.O., Serie V, vol. 2,
p. 294.
(2) G. TONIOLO, Una grande quistione: O.O., Serie V, vol. 2, p. 262.
(3) G. TONIOLO, Una grande quistione: O.O., Serie V, vol. 2, p 262.
(4) R. ANGELI, La dottrina sociale di G. Toniolo, Pinerolo, Alzani, 1956, pp.
102-103.
(5) G. TONIOLO, La democrazia cristiana: O.O., Serie III, vol. 2, p. 57, nota 1.
(6) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte...: O.O., Serie IV, vol. 2, pp.
212, 216, 217-218.
— Una pagina della filosofia della storia, op. cit.: L. cit., p. 294.
(7) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte..., op. cit.: L. cit., pp. 217-218.
(8) L'organo sta alla base dell'esistenza della società; l'istituto sociale è un elemen-
to che ne compone la struttura, non tanto per l'esistenza quanto piuttosto per l'azione
vitale della società stessa.
(9) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti sociali..., op. cit.: L. cit., pp. 132-133.
(10) G. TONIOLO, id., p. 133.
(n) G. TONIOLO, id., ivi.
(12) G. TONIOLO, Introduzione all'economia sociale: O.O., Serie II, vol. 2, p. 112.
(13) G. TONIOLO, L'Unione cattolica per gli studi..., op. cit.: L. cit., p. 99.
(14) G. TONIOLO, Introduzione all'economia..., op. cit.: L. cit., pp. 123-124.
(15) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti soc...., op. cit.l. cit., p. 137.
(16) G. TONIOLO, Introduzione all'ec...., op. cit.:L. cit., p. 112.
(17) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti soc...., op. cit.: L. cit., pp. 135, 137.
(18) G. TONIOLO, id., pp. 133, 135, 136, 137.
(19) G. TONIOLO, Introduzione all'economia..., op. cit.: L. cit., p. 113.
(20) G. TONIOLO, id., p.117.
(21) G. TONIOLO, id., p. 118.
(22) G. TONIOLO, id., ivi.
(23) G. TONIOLO, id., p. 120.
(24) G. TONIOLO, id., ivi.
(25) G. TONIOLO, id., pp. 119-123.
(26) G. TONIOLO, Introduzione all'economia..., op. cit.: L. cit., p. 123.
(27) G. TONIOLO, id., ivi.
(28) G. TONIOLO, id., pp. 112-113.
(29) G. TONIOLO, La democrazia cristiana: O.O., Serie III, vol. 2, p. 64.
(30) G. TONIOLO, id., p. 63.
(31) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte intorno alla costituzione corpora-
tiva delle classi lavoratrici: O.O., Serie IV, vol. 2, pp. 200-201.
— Introduzione all'economia sociale: O.O., Serie II, vol. 2, p. 128: «L'età contem¬poranea credette di abolirle; invece trovasi alle prese col fatto di due classi gigante¬sche, cioè coll'impero della classe capitalistica e colla gestazione convulsiva della classe operaia » (ivi).
(32) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali popolari: O.O., Serie IV, vol. 1, p. 143.
(33) G. TONIOLO, Problemi discussioni proposte, op. cit.: L. cit., p. 210.

(34) G. TONIOLO, id., p. 215. La politica è attuata dalla classe solidariamente; non dal gruppo nella classe. Lo strumento è la corporazione di classe.
(35) G. TONIOLO, Momento urgente e soluzione imperiosa: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 147.
(36) G. TONIOLO, id., p. 145.
(37) G. TONIOLO, id., p. 149. «Tutto ciò sotto l'alito vivificante della religione
mantenuta da un assistente ecclesiastico». Fu l'idea che ispirò le ACLI in Italia fino
alla svolta nettamente politica, 1969.
(38) G. TONIOLO, id., p. 152.
(39) G. TONIOLO, id., p. 151.
(40) G. TONIOLO, id., ivi. Questo orientamento corrispondeva all'indirizzo di azione
cattolica sociale confessionale, sia pure di ispirazione democratica, cioè popolare, dato
dalla gerarchia in seguito alla crisi suscitata dall'Opera dei Congressi. Azione cristiana,
non identificabile con azione politica, imponeva una scelta nettamente confessionale
per ogni movimento e associazione cattolica che avesse intendimenti sociali e prospet-
tive politiche. Cfr.:
— id., pp. 147-148.
— Le Unioni rurali cattoliche al congresso di Pavia: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 106. Vedi anche lo Statuto: p. 113, art. 3; p. 116, art. 11.

(41) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali..., op. cit.:L. cit., p. 171.
(42) G. TONIOLO, id., p. 172.
(43) G. TONIOLO, id., ivi.
(44) G. TONIOLO, id., ivi.
(45) G. TONIOLO, id., p. 173.
(46) G. TONIOLO, Lettera aperta a Gastaldis: O.O., Serie IV, vol. 2, pp. 49-50.
(47) G. TONIOLO, I sindacati obbligatori: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 126.
— A Sua Santità Pio X: O.O., Serie VI, voi. 3, pp. 362-367.
(48) G. TONIOLO, Problemi, discussioni..., op. cit.: L. cit., p. 215.
(49) G. TONIOLO, id., p. 139.
(50) D. CAPONE, op. cit., p. 18.
(51) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali..., op. cit.: l. cit., pp. 142, r49.
(52) G. TONIOLO, Le Unioni rurali cattoliche al Congresso generale di Pavia, op.
cit.: L. cit., pp. 97-98.
(53) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali popolari: O.O., Serie IV, vol. 1, p. 157.
(54) G. TONIOLO, id., p. 158.
(55) G. TONIOLO, id., pp. 163-164.
(56) G. TONIOLO, La costituzione del Senato e l'ordinamento di classe: O.O., Serie
IV, vol. 2, p. 275, nota 1.
(57) G. TONIOLO, Indirizzi e concetti soc...., op. cit.:L. cit., p. 67.
{58) G. TONIOLO, I sindacati obbligatori: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 126.
(59) G. TONIOLO, id., pp. 120-126.
(60) G. TONIOLO, id., p. 125.
(6r) G. TONIOLO, id., pp. 120, 126.
(62) G. TONIOLO, id., p. 123.
(63) G. TONIOLO, Le Unioni rurali cattoliche al Congresso di Pavia, op. cit.: L.
cit., p. 96.
(64) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte..., op. cit.: L. cit., p. 216.
(65) G. TONIOLO, id., p. 217, nota 1 di p. 216.
(66) G. TONIOLO, id., pp. 217-218.
(67) G. TONIOLO, id., p. 217. L'ispirazione ideologica diversa avrebbe in parlamento
il numero di seggi proporzionato ai delegati che, rifacendosi a unioni professionali di
diversa ispirazione, fossero eletti in numero proporzionato alla quantità degli associati
delle stesse.
(68) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte..., op. cit.: L. cit., pp. 205-207.
(69) G. TONIOLO, Le unioni professionali...: O.O., Serie IV, vol. 2, p. 26r.
(70) G. TONIOLO, Prefazione: Democrazia cristiana. Istituti e forme, vol. 1: O.O.,
Serie IV, vol. 1, pp. XXXIV-XXXVII.
(71) G. TONIOLO, Problemi, discussioni, proposte..., op. cit.: L. cit., p. 209.
(72) G. TONIOLO, La costituzione del Senato..., op. cit.: L. cit., pp. 290-291.
(73) G. TONIOLO, id., p. 293.
(74) G. TONIOLO, id., p. 294.
(75) G. TONIOLO, Le unioni professionali nei loro principi informativi: 0.0., Serie
IV, vol. 2, pp. 256-261.
(76) G. TONIOLO, La costituzione del Senato..., op. cit.:L. cit., p. 290.
(77) G. TONIOLO, Provvedimenti sociali popolari, op. cit.: L. cit., pp. 145-148”La Scuola di Barbiana”,Lettera ad una professoressa, Firenze L.E.F., 1972, pp. 75-76 
scrive:
“Fra gli studenti universitari, i figli di papa’ sono l’86,5%. I figli di lavoratori dipendenti il 13,5%. Fra i laureati i figli di papa’ 91,9%, i figli di lavoratori dipendenti l’ 8,1%”.(p75).
Con questo voleva dimostrare che la societa’ e’ classista, selezionatrice in vista di un’unica classe. Gli stessi autori scrivono:
“Le segreterie dei partiti a tutti i livelli sono saldamente in mano ai laureati.”
“ I partiti di massa non si differenziano dagli altri su questo punto. I partiti dei lavoratori non arricciano il naso davanti ai figli di papa’. E i figli di papa’ non arricciano il naso davanti ai partiti dei lavoratori. Purche’ si tratti di posti direttivi. Anzi e’ fine ‘essere con i poveri’. Cioe’ non proprio ‘coi poveri’, volevo dire ‘a capo dei poveri’...”
E in nota soggiungono: “ Il colmo della raffinatezza e’ appartenere ad un partitello senza massa (socialproletario o cinese)” (nota 68, p.76).
“Quanto ai candidati per le lezioni”- soggiungono poi – “Le segreterie dei partiti preparano le liste... Le ornano in fondo di qualche lavoratore...Poi provvedono che le preferenze vadano ai laureati: “Lasciate fare a chi sa. Un operaio alla Camera si troverebbe perso. E poi il dottore e’ dei nostri”( p. 76). 
E cosi’ vanno alla Camera – dice il testo – vanno alla Camera coloro che meno rappresentano lo Stato: “ Vanno a far leggi nuove quelli ai quali vanno bene leggi vecchie. Gli unici che non sono mai vissuti dentro alle cose da cambiare e che quindi non sono veramente da dirsi capaci di fare una autentica e rispondente politica: non sono competenti di politica”(p.76).
E’ interessante la statistica che gli autori presentano.
“Alle Camere i laureati sono il 77%. Dovrebbero rappresentare gli elettori, ma gli elettori laureati sono l’ 1,8 %. Operai e Sindacati alle Camere 8,4%. Fra gli elettori 51,1%.
Contadini alle Camere 0,1%. Fra gli elettori 28,8%” (p.76).

Queste affermazioni, adatte a quel tempo, conservano ancor oggi la loro validita’ in quanto ci mettono una pulce nell’orecchio, ossia che nel nostro Stato non sia ancora la societa’ reale che governa se stessa; e dimostrano che la democrazia potrebbe essere ’ puramente formale: riconfermano cosi’ la validita’ della propota di Toniolo. E’ evidente che l’ elit deve governare la massa; ma l`elit deve essere formata attraverso la politica democratica che in modo democraticamente civile promuova la persona a qualsiasi classe appartenga perche’ raggiunga quel posto di servizio nel paese che le sue doti richiedono. La politica, ancora una volta, non deve promuovere una sola classe o una consorteria subdola di persone, non un solo gruppo della societa’, ma tutta la societa’; la politca non deve promuovere se stessa, ma il bene e le esigenze di tutti. 
(78)G. TONIOLO. Introduzione all' economia sociale: O.O., Serie II, vol. 2, p. 73.