Due Santi a confronto.
Somiglianze e differenze tra
Don Bosco e Toniolo.
Pur vivendo in uno stato di vita civile diverso, c’e una
certa somiglianza nel loro impegnarsi per il sociale ed una grande differenza.
Quale?...
Scrive Teresio Bosco nel suo libro Don Bosco, una biografia
nuova:
“Nei secoli che precedettero immediatamente la rivoluzione industriale, gli
artigiani erano riuniti in « corporazioni »: società rigide, di sapore
medievale, ma che esercitavano una certa difesa verso i lavoratori. I poveri
erano molti. Mai però il loro numero fu
paragonabile alle masse imponenti e miserabili dei proletari, abbandonate a
se stesse, create dalle fabbriche nel primo secolo della rivoluzione
industriale. Il modello di intervento della Chiesa a favore della povera gente,
in quei secoli, era la « beneficenza organizzata » di san Vincenzo de' Paoli
(1581-1660).
Nella nuova età industriale le « corporazioni » sono finite tra i ferri
vecchi (anche per il trionfo dei princìpi del liberalismo), e le masse dei lavoratori proletari hanno
l'unica libertà di farsi opprimere da padroni potentissimi. Il liberalismo
impedisce diligentemente che si formino nuove strutture che, sulla linea delle
antiche corporazioni, difendano i diritti degli operai.
Nell'impossibilità di trovare belli e fatti piani e
programmi di azione — dicevamo nelle pagine precedenti —, nelle incertezze che sempre esistono all'inizio di un nuovo periodo
storico, molti uomini della Chiesa impegnarono tutte le loro energie nel fare « subito » qualcosa per la gente miserabile, rispolverando i metodi di beneficenza di san Vincenzo (le « conferenze » fondate a Parigi da Oza-nam in aiuto dei proletari
prendono proprio questo nome).
Si capì presto, tuttavia, che la beneficenza non
poteva bastare. Anche nella forma nuova e socialmente avanzata di scuole professionali,
di laboratori didattici, rimaneva insufficiente”. Occorreva battersi per la
giustizia sociale. E Don Bosco si mosse su questo campo, basti pensare ai
contratti di lavoro che stipulo’ come tutore dei suoi giovani con gli
impresari che li avevano assoldati o con
i capi artigiani che li avevano in servizio. Si rifletta anche all’interessamento
che aveva Don Bosco nell’andare a trovare i suoi ragazzi sul lavoro e nei
colloqui che faceva con i loro “padroni”, compiaciuti di cio’.
Eppure ancor
non bastava questo, ci volevano specifiche istituzioni sociali e leggi che
garantissero i diritti dei lavoratori. Un cammino che dalla
beneficianza, passando attraverso interventi di carattere sociale ed
approfondendosi in movimenti, aprisse la strada ad arricchire l’impegno sociale
con quello politico Il cammino fu lungo,
per incomprensioni negli ambienti della gerarchia e per le fortissime
resistenze degli Stati liberali.
Tra quelli che si
mossero su questo campo in forma vicina alla politica, potremmo dire
socio-politica, si inserisce il Beato
Giuseppe Toniolo.
Anche Don Bosco si
impegno’ nel sociale, e qui sta la somiglianza con Toniolo; ma non si volle
impegnare nell’azione socio-politica, e qui sta la differenza con il Toniolo
che visse il tempo di don Bosco con i problemi accennati aprendo l’impegno
sociale alla politica, anche se „solo come preparazione” ad un domani piu’
adatto all’impegno politico e partitico.
Dice infatti Teresio
Bosco nell’opera citata:
“Don Bosco stesso
affermo’ il 24 giugno 1883: « A che prò entrare in politica? Con tutti i nostri
sforzi che cosa potremo noi ottenere? Nient'altro che di renderci forse
impossibile di proseguire la nostra opera di carità » (M.B.,
voi. XVI, p. 291).
Schematizzando
al massimo la situazione, potremmo dire che « in teoria » davanti a don Bosco
venne delineandosi un dilemma:
o
battersi contro gli effetti delle ingiustizie sociali (aiutare i ragazzi
poveri, domandando e accettando l'aiuto di chiunque per fondare scuole e
laboratori);
o
battersi contro la causa delle ingiustizie sociali (inventare forme di
denuncia pubblica, di associazioni per giovani lavoratori, rifiutare la
collaborazione e la beneficenza delle persone coinvolte in un sistema
politico-economico basato sullo sfruttamento), con la prospettiva evidente di
inaridire le fonti della beneficenza e di abbandonare al proprio destino i
ragazzi poveri.
Nel
primo caso salvava i giovani dai pericoli immediati, ma
rischiava di essere « strumentalizzato » dal sistema, di allevare cioè
dei lavoratori obbedienti e 'docili che non avrebbero disturbato i
potenti.
rischiava di essere « strumentalizzato » dal sistema, di allevare cioè
dei lavoratori obbedienti e 'docili che non avrebbero disturbato i
potenti.
Nel
secondo caso sollecitava il « sistema » a cambiare, ma rischiava di non poter
andare incontro alle necessità immediate, impellenti dei poveri.
La
scelta (non solo per don Bosco, ma per molti uomini della Chiesa in quel tempo)
era drammatica: comunque ci si schierasse, non si faceva « tutto » quello che
si doveva fare.
Don
Bosco imboccò, sotto l'urgenza del momento, la prima strada.
Quando
ne avvertì i limiti, si sentì garantito dall'azione totale della Chiesa:
«
Lasciamo ad altri ordini religiosi più ferrati di noi le denunce e l'azione
politica. Noi andiamo dritti ai poveri »
Concludendo
ci pare di poter affermare che se nella Chiesa ci sono molti carismi, molti
doni cioè dati agli individui per il bene della comunità, don Bosco ebbe quello
dell'intervento urgente a favore dei ragazzi poveri”
(cfr. Teresio Bosco : Don Bosco, una
biografia nuova, , Elledici, 1979,
pp.195-198).
E
cosi’ Don Bosco appare vicino a Toniolo e nello stesso tempo fortemente
diverso.
“Diverso,
ma non contrapposto, a quelli più squisitamente sociali di mons. Ketteler
(1811-77), di Toniolo (1845-1918), di don Sturzo (1871-1959). Per questo, il
prete piemontese può stare benissimo accanto a loro. Quattro carismi diversi
nell'ambito della Chiesa, vissuti con onestà e limpidezza, e proprio per questo
ricchi di frutti autentici per il popolo di Dio”.(cfr. T. Bosco, op. cit., p
198)